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La storia di Airole nel racconto dello storico Andrea Gandolfo

1 ottobre 2022 | 08:30
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La storia di Airole nel racconto dello storico Andrea Gandolfo

Borgo situato nella bassa val Roia, ceduto nel 1273 dal nobile ventimigliese Fulco Curlo al priore dell’abbazia di Chiusa di Pesio Raimondo

Airole. Il tradizionale appuntamento con la storia locale a cura dello storico Andrea Gandolfo questa settimana è dedicato al borgo di Airole, nella bassa val Roia, ceduto nel 1273 dal nobile ventimigliese Fulco Curlo al priore dell’abbazia di Chiusa di Pesio Raimondo.

«Il borgo, situato nella bassa val Roia su un colle dominante una vasta ansa del fiume che attraversa la conca, ha origini altomedievali e si è sviluppato come importante centro viario nel punto d’incrocio fra le antiche mulattiere provenienti dalla Val Nervia da levante, attraverso i valichi compresi tra il passo del Cane e il Monte Abellio, e da Collabassa e dalla Val Bevera da mezzogiorno.

Il toponimo risulta strettamente connesso alle origini agricole del paese, il cui nome deriva appunto da areola, diminutivo di area: “aia”, in dialetto àira, con evidente riferimento all’appezzamento coltivato antistante generalmente una casa colonica, poi fissatosi nella parlata locale nella forma dell’ablativo plurale. Tale denominazione toponimica è inoltre segnalata in vari centri dell’Italia settentrionale e in Provenza, dove si trova una località chiamata Ayroles. Il paesaggio è costituito dal compatto borgo medievale circondato da vasti uliveti e dalla cima rocciosa del Monte Abellio, la cui altitudine raggiunge i 1016 metri e sulla cui vetta si trovava anticamente un castello, dal quale si potevano controllare i traffici che percorrevano le due valli contigue sottostanti, poi andato distrutto nel corso del Medioevo e diventato materia di racconti leggendari.

La più antica testimonianza relativa al paese di Airole risale all’anno 954, quando Guido Guerra, conte di Ventimiglia, accenna nel suo testamento ad un suo vassallo, di nome Curlo Targanigra, definito nel documento “Dominus Sepelegi et Eyrole”, e la cui torre è forse identificabile con il succitato toponimo «castello». Nonostante l’assenza di notizie certe in merito all’esistenza dell’abitato nei primi secoli del Basso Medioevo, alcuni presunti abitanti di Airole sono citati in vari documenti stilati nel corso del XIII secolo, ma il primo dato storico sicuro sull’esistenza del borgo è costituito dall’atto con cui, il 25 gennaio 1273, il nobile ventimigliese Folco Curlo, capo della fazione ghibellina, insieme con la sorella Aloisia e la moglie Giacomina, fecero donazione del territorio di Airole e delle sue annesse pertinenze al priore dell’abbazia piemontese di Chiusa di Pesio Raimondo, anche se forse non venne allora ceduto tutto il territorio suddetto in quanto, ancora nel 1396, un certo Michele Curlo di Ventimiglia ma abitante a Taggia, concesse in affitto a Rinaldo Pentelerio una terra situata ad Airole.

Il territorio airolese, alienato ai monaci benedettini di Chiusa, venne da questi utilizzato in particolare quale luogo e deposito del sale che essi producevano e commercializzavano tra la costa ligure e il Piemonte. Nello stesso tempo i frati cuneesi concessero il loro possedimento ligure, in cambio di un censo da corrispondersi annualmente, al comune di Ventimiglia, il quale, dopo averlo affittato ai pastori che vi portavano a svernare i loro greggi, tentò in seguito più volte di acquistarlo dai benedettini, che tuttavia si opposero sempre fino a quando non cedettero alle richieste intemelie per la sopravvenuta occasione di rilevare Torre dei Pagani, un’altra ambita tenuta situata nel territorio di Cuneo e non lontana quindi dalla loro abbazia.

Il 26 luglio 1434 elessero allora come procuratore il priore del monastero e esponente della famiglia comitale di Ventimiglia Manuele Lascaris, il quale portò a buon fine le trattative sfociate nella stipulazione, avvenuta il 7 dicembre 1435, nella Loggia comunale intemelia, alla presenza del priore del convento benedettino di San Michele e congiunto dello stesso Manuele Giorgio Lascaris, dell’atto ufficiale di vendita al Comune di Ventimiglia per la somma di 150 fiorini d’oro.

Dopo oltre sessant’anni di dominio del comprensorio ancora praticamente disabitato, nella primavera del 1498 il Parlamento di Ventimiglia decise di fondare il primo nucleo del futuro paese conferendo a quattro cittadini, e precisamente a Luca Gensano, Stefano Gibelli, Percivale Corrubeo e Francesco Bodoino, l’incarico di determinare in modo autonomo dei lotti di terreno nel territorio di Airole in un luogo denominato le Teire, che furono poi suddivisi in 25 lotti di terra ortiva e altri di terra gerbida, i quali, il 24 aprile dello stesso anno, furono assegnati a un gruppo formato da tredici capifamiglia, che si impegnarono a risiedere stabilmente nel fondo designato, a costruirvi una casa d’abitazione e a versare le imposte annuali al comune intemelio, tra le quali il trezeno e il laudemio, una tassa, quest’ultima, che consisteva nel pagamento di una somma in denaro che il concessionario di un’enfiteusi doveva versare al proprietario concedente in caso di alienazione del suo diritto in seguito a vendite, donazioni o trasmissioni di eredità.

Viceversa i tenutari di alcuni poderi dovevano corrispondere al comune, per la festa di San Michele, un soldo annuo, poi tramutato in una fava nera, per diritto di cotumo; è particolarmente significativo il fatto che la contribuzione delle fave nere sarebbe stata sempre corrisposta dalla comunità di Airole al capoluogo fino alla sua costituzione in comune autonomo nel 1798. Risale invece al 6 aprile 1504 il primo atto nel quale Airole viene indicata come «Comunità», mentre nel 1510 si completava l’assegnazione delle terre alle nuove famiglie con l’attribuzione del 25° e ultimo lotto di terre a Lorenzo Biancheri, ma essendo quest’ultimo assente, le terre vennero prese in consegna da suo padre Bernardo, che già abitava ad Airole e promise a nome del figlio di osservare scrupolosamente quanto già stabilito per gli altri assegnatari.

Nei primi decenni del XVI secolo iniziò quindi il processo di colonizzazione del territorio airolese, come è confermato tra l’altro dal giuramento di fedeltà prestato dai rappresentanti di Ventimiglia e del suo circondario al Banco di San Giorgio nel 1514, dal quale risulta che i capifamiglia di Airole erano allora diciannove, mentre dieci anni prima erano stati eletti i primi due consoli del paese con l’incarico di amministrare la comunità per conto del capoluogo, che nel 1512 si avocò però il diritto di nomina esclusiva degli amministratori airolesi tramite l’elezione diretta del console del borgo da parte del Parlamento intemelio, che designò primo console Luca Canterio.

Nel 1588 sarebbero stati introdotti pure i Boni viri con l’incarico di affiancare i consoli nell’amministrazione pubblica, a cui provvedevano anche tre deputati con mandato triennale. Nello stesso anno di fondazione del paese gli abitanti di Airole avevano già chiesto al vescovo intemelio la licenza per poter edificare una chiesa nell’insediamento appena costituito dove, una volta ottenuta l’autorizzazione dei delegati episcopali, venne costruito il nuovo edificio, che fu dedicato ai Santi Filippo e Giacomo e completato presumibilmente entro il primo quindicennio del Cinquecento. Intanto la piccola comunità si ingrandiva tanto che fin dal 1516 arrivava a poter fruire di una Rettoria, alla cui guida fu chiamato un tal Giovanni Serviense, che nell’agosto di quell’anno si obbligò a versare annualmente le decime, in occasione della Festa dell’Assunta, al preposto della Cattedrale intemelia, mentre, dopo circa trent’anni dalla data del primo insediamento, l’aumento della popolazione e l’esigenza di macinare il grano sul posto senza doversi recare necessariamente a Ventimiglia, indusse i consoli airolesi a chiedere al Parlamento del capoluogo il permesso per costruire in paese una casa da molini, che venne così edificata nel 1529 nei pressi dell’abitato.

L’incremento demografico e la necessità di nuovi spazi coltivabili persuasero il podestà intemelio a ordinare nel 1545 una nuova ricognizione nel bosco dell’Avaudorino per ripartirvi delle terre allo scopo di destinarle alla coltivazione, incaricando nello stesso tempo i signori Michele Bono e Agostino Lansono a valutare concretamente la possibilità di estendere le coltivazioni degli airolesi lungo il torrente Bevera. La particolare consistenza della popolazione airolese è inoltre confermata dal censimento fatto eseguire dal governo della Repubblica di Genova nel settembre 1561, quando, su ordine del cancelliere di San Giorgio Gio Agostino de Franchi si effettuò la registrazione dei “fuochi”, ossia dei nuclei familiari, che ad Airole risultarono essere 43 per un totale di 209 persone. Nel febbraio 1557, frattanto, i sindaci di Ventimiglia avevano ordinato ai consoli airolesi di proibire il taglio di legnami sia nelle bandite che nei boschi comunali, mentre nell’agosto dello stesso anno, data la penuria di vettovaglie, il commissario delle Avarie intemelio ordinava ai consoli di proibire il commercio di grano e legumi a forestieri e di non consentire ad alcuno di recarsi al di fuori del territorio di Ventimiglia né di giorno né di notte.

In quel periodo la comunità airolese era inoltre fattivamente impegnata nel miglioramento del sistema delle comunicazioni locali, come dimostra la riunione tenuta nel novembre 1565 sulla pubblica piazza dei 35 capifamiglia, che decisero di eleggere due procuratori affinché si occupassero della costruzione di un nuovo ponte in muratura sul Roia, per il quale, nel giugno dell’anno successivo, il capitano di Ventimiglia Giobatta Grillo avrebbe concesso ai consoli airolesi la facoltà di imporre una tassa di passaggio e di utilizzare cento scudi per la costruzione dello stesso. Negli anni Settanta del XVI secolo sorsero anche dei contrasti e delle liti tra gli amministratori locali e le autorità di Ventimiglia in merito al mancato pagamento di alcune imposte comunali, mentre nell’agosto del 1578 sedici capifamiglia di Airole partirono alla volta della Corsica per popolare la nuova città costruita nell’isola su iniziativa di due cittadini intemeli e denominata Ventimiglia la Nuova.

Nel frattempo continuavano le liti degli Airolesi con gli uomini della vicina Penna per motivi legati alla delimitazione delle aree destinate alla coltivazione e al pascolo, tanto che nel luglio del 1585 alcuni contadini airolesi inviarono una formale protesta al capitano di Ventimiglia, lamentando il fatto che i Pennaschi avrebbero voluto privarli delle loro terre adducendo vari pretesti. Allo scopo di dirimere la controversia, il Parlamento di Penna elesse allora due suoi rappresentanti, che il 7 ottobre 1585 pervennero ad un accordo con gli Airolesi sulla questione delle terre contese, in base al quale questi ultimi ottennero l’autorizzazione a lavorare i terreni situati in territorio pennasco, facendo uso di buoi e potendo anche transitarvi per farvi pascolare il loro bestiame.

Nel corso della prima metà del Seicento continuò lo sviluppo del paese sia sotto il profilo dell’espansione urbana che in quello della messa a coltura di nuove terre, mentre l’acqua del Fasceo veniva congiunta con quella della Fontana, il borgo veniva fornito di una cinta muraria, si costruivano nuovi mulini e frantoi, venivano realizzate nuove arterie stradali, cominciava a prender forma la piazza centrale e si edificava la nuova chiesetta di San Bernardo. Successivamente venne costruito anche l’Oratorio di San Giovanni Battista, si diffuse sempre di più l’olivicoltura tanto da portare alla costruzione di nuovi frantoi per venire incontro alle accresciute esigenze della produzione locale di olio di oliva in un periodo di notevole crescita del paese, come attesta la contemporanea edificazione di nuove case sulla piazza del borgo, mentre nel 1640 i consoli e gli abitanti chiedevano al Parlamento del Comune di Ventimiglia di poter coltivare le terre del Bosco della Gomba d’Orso, situate nella zona che da Collabassa andava ai confini con il vicino paese di Penna.

Il notevole aumento della popolazione caratterizzò anche il primo cinquantennio del Settecento, quando si registrò la costruzione del primo forno in proprio da parte di un privato, il ripetersi di liti tra gli abitanti per la questione dell’approvigionamento idrico, il sempre più massiccio impiego di cittadini airolesi nel trasporto del sale verso il Piemonte, i rinnovati contrasti con Ventimiglia per il pagamento dell’imposta del trezeno e l’adozione di drastiche misure da parte delle autorità sanitarie locali per prevenire il rischio di contagi tra la popolazione.

Gravi rovine portarono invece i fatti bellici legati al passaggio in paese delle truppe franco-spagnole, le quali, agli ordini del marchese Balestrini, fecero saltare in aria nell’ottobre 1747 il ponte costruito sul Roia 180 anni prima, mentre nel gennaio dell’anno successivo 250 soldati, provenienti dagli accampamenti di Penna, Olivetta e Bevera, entrarono in paese dalla strada sotto la chiesa e dalla strada della Fontana e lo sottoposero ad un violento saccheggio, facendo nello stesso tempo prigionieri i militi di una compagnia ivi stanziata comandata dal capitano Borea.

Nell’estate del 1754 venne ricostruito il ponte sul Roia fatto saltare sette anni prima dai franco-spagnoli, mentre la popolazione airolese continuava a crescere, come è attestato dallo «Stato delle Anime» redatto dal parroco del paese don Ampeglio Biancheri il 23 febbraio 1768, dal quale risulta che, a quella data, ad Airole risiedevano complessivamente 777 abitanti, suddivisi in 169 fuochi, dei quali 390 erano di sesso maschile e 387 femmine. Nel 1790 venne quindi portata per la prima volta l’acqua nella piazzetta a fianco della casa canonica, dove fu anche costruita una fontana pubblica, poi denominata comunemente «a Pila».

Sei anni dopo il Senato genovese, dietro richiesta del Parlamento di Ventimiglia, approvò la richiesta di costruire delle nuove case nelle località Piani, Teira e Giardino, favorendo in tal modo l’ulteriore espansione del paese attraverso la realizzazione della odierna via Garibaldi, dei due lati di via della Repubblica e della parte diretta a ponente di via Cavour. Intanto gli eventi rivoluzionari portavano alla caduta della Repubblica di Genova e la reazione popolare contro il vecchio regime si manifestava anche ad Airole, dove i consoli furono sostituiti da due agenti municipali, che si attivarono immediatamente con tutti i mezzi a loro disposizione per ottenere l’affrancamento del paese da Ventimiglia, mentre alcuni abitanti scalpellavano l’affresco con lo stemma intemelio dipinto sopra il portone del palazzo antistante la piazza centrale del borgo, dove veniva piantato anche l’albero della Libertà, soprannominato nella parlata locale «u Magiu».

Nel novembre del 1797 veniva intanto approvata la nuova costituzione da parte del governo della Repubblica Ligure, in base alla quale ciascuna parrocchia avrebbe potuto formare un comune, anche se avesse compreso più luoghi o borgate con denominazione diversa. Tali disposizioni costituivano la premessa per la tanto attesa indipendenza da Ventimiglia della comunità di Airole, che, infatti, il 16 giugno 1798 si proclamò Comune autonomo con l’elezione dei due agenti municipali Giacomo Viale e Carlo Maria Trucchi, mentre Giobatta Trucchi assumeva l’incarico di presidente del Comizio elettorale.

Nel corso del successivo periodo di dominazione francese, anche numerosi Airolesi furono chiamati al servizio militare per la Francia, partecipando alle diverse campagne napoleoniche, tra cui quella in Russia al seguito della Grande Armata nel 1812. Nel settembre 1805 giunse in paese per una visita pastorale il vescovo intemelio Gerolamo Orengo, il quale, accompagnato dai covisitatori Carlo Antonio Trucchi e Augusto Rossi e dal cancelliere vescovile Pietro Paolo Battaglia, fece il suo ingresso in abiti pontificali nella parrocchiale, dove fu intonato un solenne Te Deum alla presenza delle massime autorità locali.

L’anno successivo veniva inaugurato il nuovo cimitero, costruito dietro la chiesa parrocchiale in ottemperanza alle disposizioni di legge che stabilivano che le aree adibite a cimitero dovessero distare almeno trenta metri dall’abitato, mentre nell’ottobre dello stesso anno veniva eletto maire di Airole Bartolomeo Trucchi, che avrebbe retto l’amministrazione comunale fino al 1814. Alla caduta di Napoleone anche ad Airole si verificarono disordini, nel corso dei quali vennero bruciate quasi tutte le carte del Comune, mentre un altro incendio interessò la parrocchiale. Il Comune venne allora affidato ad un’amministrazione provvisoria retta da un Consiglio degli Anziani, che elesse Capo Anziano l’ex maire Bartolomeo Trucchi, poi sostituito nel maggio 1814 da Giobatta Trucchi. In seguito alle decisioni del Congresso di Vienna, il 7 gennaio 1815 anche il Comune di Airole passò ufficialmente sotto il Regno di Sardegna.

Tra il 1819 e il 1820 si provvide a delimitare i confini tra i comuni di Ventimiglia e Airole, che furono definiti il 12 agosto del ’20 dal signor Bottini con i rappresentanti dei due comuni, mentre il 14 settembre 1821 il vescovo intemelio Felice Levreri consacrò la riedificata chiesa parrocchiale. Nel 1828 riassunse la carica di sindaco l’ex maire del periodo napoleonico Bartolomeo Trucchi e nel febbraio di due anni dopo fu battezzato Carlo Antonio Serafino Viale, che divenne poi frate francescano con il nome di padre Giacomo e morì a Bordighera in fama di santità, tanto che l’Amministrazione comunale volle ricordarlo con una lapide apposta sulla sua casa natale. Il 26 maggio 1831 il paese venne invece interessato da una forte scossa di terremoto, che mise in pericolo molte case e costrinse a puntellare i muri della parrocchiale e di numerosi edifici.

Nei decenni successivi si intensificò l’espansione urbanistica con la costruzione di molte case sopra la strada della Madonna e la nascita del quartiere della Ciaggia, venne costruita la nuova Strada Nazionale su iniziativa soprattutto dell’avvocato ventimigliese e presidente della Camera dei deputati Giuseppe Biancheri, terminata nel 1881 e poi collegata al paese tramite la strada comunale della Possessione. Il borgo subì poi gravi danni a causa del violento terremoto del febbraio 1887, dopo il quale un airolese ottenne un mutuo statale pari a duemila lire.

Negli ultimi decenni dell’Ottocento si verificò inoltre un parziale tentativo di industrializzazione della zona da parte della Società Italiana del Rame, che ottenne la concessione dallo Stato di derivare 4000 litri di acqua al minuto dal fiume Roia poco dopo il ponte di Fanghetto mediante la costruzione di una diga stabile in muratura in grado di condurre l’acqua nello stabilimento industriale che si sarebbe voluto costruire presso l’abitato di San Michele, ma il progetto venne abbandonato in seguito al fallimento della Società, mentre la popolazione raggiungeva intorno al 1880 il suo tetto massimo, finendo però con l’alimentare una massiccia emigrazione verso la Francia anche a causa delle notevoli difficoltà in cui versava l’economia del paese dovute ad una serie di annate particolarmente povere di olive e alle conseguenze del sisma del 1887.

Nel corso del primo decennio del Novecento si verificò un aumento consistente della popolazione dovuto all’arrivo di molti minatori e operai da varie regioni italiane, mentre iniziavano i lavori della nuova linea ferroviaria, poi inaugurata nel tratto da Airole a Ventimiglia il 16 maggio 1914. Si progettava inoltre la costruzione della centrale idroelettrica del paese da parte della Società Negri con una potenza di 8000 chilowattora e un salto idrico di 110 metri, poi entrata in funzione nel 1907 con una produzione annuale di circa 50 milioni di chilowattora.

Nel corso della Grande Guerra del 1915-18 furono numerosi i soldati airolesi che parteciparono al conflitto sui vari fronti, il cui sacrificio sarebbe stato ricordato su una lapide apposta sulla piazza centrale scoperta il 20 maggio 1920, mentre pochi anni dopo sarebbe stato introdotto il nuovo regime podestarile varato dal fascismo nel 1926. Nel 1935 fu invece completamente rimodernata la centrale elettrica con l’installazione di nuove turbine ad asse verticale della potenza di 6000 chilowattora.

Pochi anni dopo, con l’inizio delle operazioni militari contro la Francia nel giugno 1940, la popolazione airolese venne fatta sfollare e condotta in treno a Basaluzzo in provincia di Alessandria, da dove sarebbe rientrata in paese dopo la stipulazione dell’armistizio. Numerosi furono gli Airolesi che presero parte alle operazioni belliche della seconda guerra mondiale in Albania, Grecia, Libia e Russia, mentre, dopo l’armistizio del settembre 1943, molti furono quelli internati in Germania e coloro che parteciparono alla Resistenza tra le fila partigiane, altri, invece, aderirono all’esercito della Repubblica di Salò. Nel periodo dell’occupazione tedesca il paese venne fatto evacuare e gli edifici della centrale idroelettrica distrutti.

Alla fine della guerra, ovunque permanevano i segni delle devastazioni belliche, mentre, grazie alla buona volontà della popolazione, pullulavano le iniziative per risollevare le sorti del paese, tra le quali spicca la grande raccolta di olive compiuta da centinaia di Airolesi nel ’45, dalla quale si ricavarono migliaia di litri di olio, che, venduti soprattutto in Francia, permisero agli abitanti di superare le difficoltà economiche dell’immediato dopoguerra. Il borgo era stato intanto occupato ai primi di maggio del 1945 dalle truppe francesi, che insediarono un’amministrazione militare la quale nominò sindaco Vincenzo Molinari. Con il ritorno del paese all’amministrazione italiana, rientrarono anche numerosi reduci dai vari fronti e dai campi di prigionia, mentre parecchi residuati bellici, soprattutto mine, provocarono ancora morti e feriti soprattutto nella zona di Collabassa.

Nel secondo dopoguerra venne costruito il nuovo palazzo comunale, si inaugurò una centrale telefonica nella vecchia sede municipale, il paese venne dotato di un impianto di fognature, avvenne un’importante visita da parte del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Roberto Lucifredi nel febbraio 1955 per la messa a punto dei progetti per il rilancio del borgo, fu realizzata una linea per la recezione del segnale televisivo nel 1960 e, soprattutto, venne riattivata la linea ferroviaria con Ventimiglia, la Francia e il Piemonte, solennemente inaugurata il 6 ottobre 1979 alla presenza delle massime autorità italiane e francesi.

Nell’aprile del 1995 il borgo fu colpito da una violentissima scossa di terremoto, che causò il danneggiamento di numerosi edifici. Negli ultimi anni il paese, che è stato recentemente collegato con una variante al nuovo tracciato della Strada Nazionale costituita in gran parte da gallerie e ponti nel tratto da Trucco al bivio per Airole, ha visto un ulteriore calo della sua popolazione, compensato peraltro dall’arrivo di numerosi turisti stranieri, soprattutto olandesi e tedeschi, che, a partire dai primi anni Sessanta, si sono stabiliti in paese, dove hanno ristrutturato e ammodernato molte antiche case del centro storico, contribuendo così al rilancio turistico del borgo. Principali frazioni di Airole sono Collabassa, sorta intorno al 1720 su iniziativa delle famiglie Pallanca e Biancheri in una zona a metà strada tra Colla d’Orso e il Bevera, dove venne anche costruita verso la fine del Settecento una chiesa in stile tardobarocco dedicata a San Clemente e una cappella intitolata all’Immacolata Concezione nel 1870, e Bossarè, un villaggio situato in riva al Bevera in corrispondenza di una conca pianeggiante, oggi in stato di semiabbandono».