La ricostruzione

Sanremo, finisce la latitanza di Domenico Ferraro. I dettagli del fermo

Nel primo pomeriggio, dopo tre giorni di latitanza, l'uomo si è sentito male mentre era sull'Aurelia

Sanremo. Un malore è stato fatale a Domenico Ferraro. Non perché lo ha ucciso, ma perché una crisi epilettica o forse un infarto ha fermato la fuga del ricercato in zona Foce.

Domenico Ferraro, 63 anni, è l’uomo che lunedì mattina, dopo aver ottemperato all’obbligo di firma in Questura, è salito a bordo della propria auto, una Ford Fusion, e si è recato a Caramagnetta, frazione di Imperia, davanti alla villetta dei suoi ex vicini di casa e rivali, i coniugi Pedone. Ha atteso l’arrivo di Antonietta Calvo, 64 anni, e del marito Vito Pedone, 62 anni, e come già minacciato in passato, li ha speronati, poi è sceso dall’auto e ha esploso tre colpi contro il finestrino, raggiungendo la donna al braccio e al torace. Quando Vito è uscito dall’auto, Ferraro ha sparato ancora e ancora, senza però colpire il bersaglio, finché la sua pistola, una Browning semiautomatica, calibro, 7,65, con la matricola abrasa, non si è inceppata. Poi è fuggito.

Nel primo pomeriggio, dopo tre giorni di latitanza, l’uomo si è sentito male mentre era sull’Aurelia. Cosa facesse a Sanremo, se fosse d’accordo con qualcuno, è ancora da accertare. Quello che è certo, è che all’arrivo dell’ambulanza, chiamata da alcuni passanti, il personale sanitario del 118 ha riconosciuto l’uomo e allertato i carabinieri che, accorsi sul posto, hanno confermato l’identità di Ferraro.

“Lo abbiamo dichiarato in stato di fermo, con un fermo del pm”, ha dichiarato nel tardo pomeriggio il procuratore capo di Imperia Alberto Lari, “Le accuse sono di tentato omicidio plurimo aggravato dalla premeditazione, porto e detenzione di arma clandestina, perché la 7,65 aveva la matricola abrasa”.

Il passato. “Lo stesso Ferraro era stato colpito con una spranga, aveva perso un occhio”, ha spiegato il procuratore, riferendosi a uno degli episodi più accesi delle lite, continue, tra le due famiglie. Il “contrasto tra le parti”, come lo ha definito Lari, “Era era passato a vie di fatto molto pesanti già da tempo, tanto è vero che in un primo momento lo stesso Ferraro era stato messo agli arresti domiciliari. Misura che poi era stata ridimensionata”.

Dissapori, rancori, minacce e violenza. L’escalation di odio tra le due famiglie, è iniziata per un “diritto di servitù”. Motivi “futili”, come li chiamano gli investigatori, che hanno portato le due famiglie a scontrarsi in più occasioni. Fino a lunedì.

Ora le indagini della Squadra Mobile della Questura di Imperia sono concentrate sui possibili complici di Domenico Ferraro: parenti o conoscenti che possano aver favorito la latitanza dell’uomo. “Se non aveva appoggio logistico si pensava che avesse bisogno di incontrare prima o poi qualcuno che gli fornisse medicine di cui aveva bisogno e indumenti”, ha concluso Lari, ” Pensavamo che ci potesse essere un contatto con qualcuno. Non vi sono altri indagati al momento, ma cercheremo di capire se qualcuno ha favorito la latitanza di Ferraro”.

 

 

 

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