Autovelox solo “approvati”, per il tribunale di Bologna la multa vale lo stesso
Per la giudice l’articolo 142 del Codice della Strada va interpretato insieme all’art. 201 del Codice che espressamente prevede l’utilizzo di apparecchiature «omologate ovvero approvate»
Imperia. Due teste due pensieri. Mentre a il giudice di Imperia ha annullato, perché l’apparecchiatura non era “omologata”, alcune centinaia di contravvenzioni emesse in provincia, una sua collega di Bologna, la giudice Alessandra Cardarelli ha deciso il contrario: la multa per eccesso di velocità è valida anche quando rilevata da autovelox solo “approvati” dal ministero dei Trasporti, senza necessità che questi siano anche “omologati”.
La notizia, riportata dall’agenzia Ansa, seppur geograficamente lontana ha rilevanza anche nell’Imperiese, dove da diversi mesi, ormai, tiene banco la polemica sugli “occhi elettronici” che rilevano la velocità dei veicoli, facendo scattare le sanzioni per chi supera i limiti. Tra gli apparecchi più discussi, ad esempio, c’è quello di Porra a Ventimiglia, che ha portato addirittura ad uno scontro acceso in consiglio comunale tra minoranza, che vorrebbe spegnere l’apparecchio non “omologato”, e maggioranza, che si attiene al decreto firmato dal prefetto per la sua installazione e, giocoforza, quell’autovelox lo lascia acceso.
La giudice bolognese ha rigettato l’appello di un cittadino che contestava una multa ricevuta per eccesso di velocità (andava a 67 chilometri orari su un tratto con limite di 50). Motivo della contestazione? «L’invalidità del verbale perché l’autovelox non era omologato, ma solo approvato». Lo stesso identico motivo sollevato dagli automobilisti imperiesi a cui il giudice locale aveva invece dato ragione.
E quindi, chi ha ragione? Nel rigettare l’istanza, la giudice ha riconosciuto in materia l’esistenza di due orientamenti: da una parte l’equipollenza tra approvazione e omologazione, dall’altra la necessità di distinguere i due procedimenti, come stabilito dalla recente sentenza di Cassazione, 10505/2024. Poi ha deciso e nella sua sentenza ha scelto la prima strada, in contrasto con la Suprema Corte.
Per la giudice infatti l’articolo 142 del Codice della Strada va interpretato insieme all‘art. 201 del Codice che espressamente prevede l’utilizzo di apparecchiature «omologate ovvero approvate», sottolineando poi come il legislatore abbia voluto attribuire la stessa efficacia ai due tipi di procedimento. Nella sentenza si stabilisce tra l’altro che anche laddove si accettasse la distinzione tra i due procedimenti, il conducente deve comunque provare il malfunzionamento dell’apparecchio o contestare specificamente i fatti rilevati. In questo caso invece, rileva la giudice, l’appellante non ha mai messo in dubbio la corretta funzionalità dello strumento, né contestato di aver percorso il tratto di strada in questione o di aver proceduto alla velocità rilevata. Ma si è semplicemente espresso sulla sua mancata “omologazione”.
Se il quadro resta confuso, tra chi segue una strada e chi l’altra, di certezze, comunque, ne restano due. La prima è che comunque il limite della velocità stradale esiste e se c’è è per un motivo: garantire la sicurezza di automobilisti e pedoni. Quindi chi lo infrange è comunque sempre in torto.
La seconda è che, senza una linea guida univoca, che arrivi direttamente da Roma e dia una svolta a quella che sembra ormai essere diventata una saga interminabile, ci saranno sempre due pesi e due misure, a seconda di chi è chiamato a giudicare se le multe siano valide oppure no.


