Mafia, Diano Marina sta con Don Ciotti. Il procuratore Lari stronca la riforma della giustizia
Dall’abolizione dell’abuso d’ufficio alla separazione delle carriere
Diano Marina. Dall’abolizione del reato di abuso d’ufficio alla separazione delle carriere, passando per l’introduzione di nuovi reati, quali l’organizzazione dei “rave party”, quasi fossero «un’emergenza di Stato come il terrorismo», alla mancanza di mezzi e uomini per affrontare la mole di lavoro svolta dai magistrati. Il procuratore capo della Repubblica di Imperia, Alberto Lari, per la prima volta ha affrontato pubblicamente il tema della riforma della giustizia. Lo ha fatto nel corso del suo intervento dal palco di villa Scarsella, a Diano Marina, dove era relatore insieme al fondatore di Libera, donLuigi Ciotti, la co presidente dell’associazione che da 30 anni lotta contro le mafie, Francesca Rispoli e il professore dell’università di Torino Rocco Sciarrone, esperto di sociologia delle mafie.
Un discorso appassionato, quello del procuratore, scandito dagli applausi del numeroso pubblico, tra cui figuravano amministratori locali giunti da tutta la provincia per l’evento conclusivo di “Navigare Libera“, che ha portato i volontari di Libera a solcare i mari di tutta la Liguria, da Sarzana a Diano Marina, visitando quattro porti, per raccogliere testimonianze e conoscere in modo più approfondito il territorio e parlare delle infiltrazioni mafiose nella regione.
Ma dopo il via libera del senato al disegno di legge che introduce la separazione delle carriere dei magistrati, avvenuto ieri, Lari non ha potuto evitare il discorso e ha spiegato come la nuova riforma non solo non serva a nulla per eliminare il vero problema della giustizia italiana, quello dei tempi biblici dei processi, ma possa essere anche pericolosa per le indagini e, dunque, in senso lato, per la sicurezza di uno Stato che dovrebbe vivere nella legalità.
«Oggi vedo questa piazza gremita perché percepisco forte che le persone che sono qui presenti vogliono la legalità – ha esordito il procuratore di Imperia -. Sono venuti qui oggi perché vogliono ricevere questo messaggio: questo è un paese dove abbiamo voglia di legalità, di persone che rispettano le leggi, voglia di essere amministrati da persone per bene, voglia che nelle istituzioni ci siano persone di cui mi posso fidare ciecamente». «Se vado a presentare una denuncia alle forze dell’ordine, voglio essere sicuro che chi mi riceve è una persona seria che farà di tutto. Se vado dal magistrato voglio che sia una persona che si prenderà a cuore i miei problemi; voglio che se ho una pratica edilizia il comune la svolga: noi abbiamo questa voglia, di essere tranquilli che le nostre vite sono messe al riparo da soprusi», ha aggiunto in premessa.
Per arrivare a questo obiettivo ambizioso, ha aggiunto Lari «non dobbiamo fare in modo che tutte le persone abbiano fiducia nelle istituzioni? Ma se noi tutti i giorni parliamo di riforma della giustizia, il tema principale è la riforma della giustizia, ma io da cittadino che messaggio ne traggo? Che la giustizia non funziona e bisogna cambiarla. E poi, se la giustizia non funziona e bisogna cambiarla, e la riforma è della magistratura, è ovvio che quello che non funziona è la magistratura. E poi vanno in televisione e mi dicono che i nuovi sondaggi dicono che la magistratura ha un gradimento che è ai livelli più bassi della storia. E per forza! Ci avete fatto di tutto per parlare male di noi e quindi il gradimento è al minimo storico».
Abolizione dell’abuso d’ufficio. «Se guardo alle leggi dell’ultimo anno, come faccio ad aver fiducia in una riforma della giustizia seria? La prima riforma che fanno è stato abolire l’abuso d’ufficio – ha spiegato -. Non è che con l’abuso d’ufficio punivamo un amministratore perché aveva fatto una lieve scorrettezza. Ci voleva il danno ingiusto, il vantaggio patrimoniale, la violazione di una legge che non consentisse di avere una discrezionalità: per riuscire a dimostrare un abuso di ufficio c’erano tanti di quei paletti che era una corsa in montagna con tripla scalata con quattrocento corde». E se le indagini per il reato di abuso d’ufficio non portavano quasi mai a condanne nei processi, è perché «ogni anno veniva aggiunto un paletto, c’era una condizione di più. Ad un certo punto per poter dimostrare un abuso d’ufficio dovevi avere l’ambientale nel punto giusto così capivi che quella pratica era stata truccata dalla a alla zeta per favorire tizio e caio. Solo così arrivavi alla condanna, ma succedeva in un caso su dieci».
Paura della firma e la diceria della magistratura che “perseguita”. «Se hai fatto le cose per bene, non hai nessuna paura di firmare una pratica. Se hai fatto la pratica istruita con coscienza non è vero che hai paura di firmarla. E quando si pensa che la magistratura perseguita non è vero. Sono da otto anni qua e sfido chiunque a dirmi quali sono i pubblici amministratori che abbiamo indagato negli ultimi anni. Ci sono decine e decine di comuni in questa provincia che non sono stati neanche sfiorati dalle indagini, ma perché non è che andiamo a cercarcele le indagini. Perché poi passa questo messaggio che sembra che il pubblico ministero va a fare l’indagine su un politico perché così diventa famoso. Che non passi questo messaggio, perché non è così: facciamo le indagini perché ci arrivano delle carte che ci obbligano a proseguire, perché l’azione penale è obbligatoria».
Il paradosso. «Hanno abolito anche l’abuso d’ufficio in violazione del divieto di astensione. Siamo arrivati al paradosso che io ad una pratica assegno un incarico a mio fratello, che in vita sua non ha mai ricoperto un incarico di quel genere, passando davanti a fiori di professionisti, ed è tutto a posto, tutto regolare. E io, sindaco (ad esempio), lo do a mio fratello e manco mi astengo, nemmeno la decenza. Ci rendiamo conto che si è esagerato, per come la vedo io, in questa depenalizzazione?».
Fiducia nella magistratura. «Se non ci fidiamo neanche più della magistratura, allora diventa un problema serio perché, lo dico sempre e ne sono convinto, che noi siamo una delle istituzioni su cui le persone possono fare più affidamento. E lo dico con ragioni di causa, perché la magistratura, per come è strutturata adesso, non fa figli e non fa figliastri: non c’è il cittadino di serie a e quello di serie b, quando uno mi fa la denuncia, che sia disoccupato o che sia il presidente della più grande e importante industria di Imperia per me è esattamente la stessa cosa. Io quella denuncia la tratto esattamente uguale. Questa è la forza che ha la giustizia e che magari altre istituzioni non hanno: perché essendo indipendente totalmente da qualunque potere, noi siamo liberi completamente di trattare le cose come è giusto che vengano trattati. E noi siamo per questo un baluardo». «Le procure della repubblica svolgono veramente un ruolo centrale di difesa del cittadino e quindi bisogna stare molto attenti a non privarle di quelle che sono le proprie prerogative».
Autonomia e indipendenza della procura. «L’autonomia e indipendenza sono soprattutto del pubblico ministero che deve essere libero di fare le attività che reputa siano da fare. Questo è fondamentale. Perché noi siamo a un passo, e lo abbiamo sentito dire da diversi politici con ruoli importanti, che “magari una direttiva forse si può anche dare”. Visto che dobbiamo salvare l’autonomia e l’indipendenza, iniziamo con la direttiva. Il magistrato è autonomo e indipendente ma gli diciamo “tu quest’anno ti occupi di queste cose”. Come? Se nella mia realtà territoriale le attività da svolgere sono altre, cosa faccio? Mi metto a fare l’attività che mi dici tu da Roma e che magari qui non c’è? Incominciamo a rendere meno indipendente il magistrato, se vogliamo. Mi si dice “ma no, voi fate quello che volete”. E’ vero, è un nostro difetto. Perché noi avendo la totale autonomia e indipendenza possiamo scegliere cosa fare e non fare. Però vogliamo cambiare un sistema perché in questo momento il magistrato è libero di fare o non fare il fascicolo a o il fascicolo b? E ritorniamo al discorso della fiducia: perché se io ho una piena fiducia della magistratura, allora sono convinto che il magistrato la mia denuncia la tratterà, non che se la metterà in un cassetto facendole passare davanti sempre le altre pratiche».
Interrogatorio precautelare. «Appena ti arriva la notifica, “guarda che ti vogliamo arrestare”, scappi. E ce ne sono parecchi che non li trovano più. Anche perché questa norma si applica a tutti i reati. Si applica anche al traffico internazionale di stupefacenti, ad esempio. Capisci che un trafficante internazionale di stupefacenti, che è abituato ad andare in Colombia o in Marocco, ad un certo punto dice “se mi arrestano prendo 20 anni e anziché andare dal giudice a fare l’interrogatorio, me ne vado in Marocco”. C’è anche questo rischio. Ma c’era tutta questa necessità di garanzia? Non lo so, io sinceramente non la vedo. Anche perché nell’esperienza mia, spesso nell’interrogatorio pre misura cautelare l’imputato non risponde, quindi alla fin fine, l’unico risultato che ho ottenuto è informarlo che c’è l’indagine, ma dal punto di vista difensivo non ottengo nulla».
Misure cautelari collegiali. «Dall’anno prossimo le misure cautelari saranno collegiali, cioè l’applicazione di una misura cautelare è un collegio. Ora, noi al tribunale di Imperia abbiamo tre gip e nel penale sette o otto giudici. Mi spiegate con tre gip come facciamo a chiedere una misura collegiale? Sono già in tre e devono essere in tre. Se hai un’intercettazione diventi incompatibile e quindi bisogna essere in quattro. Quindi un’indagine con intercettazione si può fare in un tribunale se ci sono almeno quattro magistrati e noi ne abbiamo tre. Ma dove li prendiamo i magistrati? Hanno previsto di assumere migliaia di magistrati? Il ministro Nordio dice “sì sono in ballo”. Ma non è vero: ci sono concorsi da 350 posti in ballo che vengono a coprire le carenze che ci saranno per i magistrati che stanno andando in pensione. Quindi l’anno prossimo, quando entrerà in vigore questa norma che per arrestare una persona ci devono essere tre giudici, dove li andiamo a trovare?».
L’importanza delle intercettazioni. «Basta leggere i giornali e ogni volta che c’è una grossa indagine è scritto: “grazie alle intercettazioni si è riusciti a…”. Scusa, non ho capito: grazie alle intercettazioni e adesso le togliamo? Ogni volta che facciamo un’operazione la facciamo con le intercettazioni e ce le togliete? Siamo veramente al paradosso. Lo sanno anche le pietre che ormai è l’unico strumento per fare le indagini, ma non perché la polizia, i carabinieri, la finanza dormono e non hanno voglia di andare in giro, ma perché ormai le tecniche sono talmente sofisticate che non è che puoi fare un’indagine pedinando gli indagati. Con tutte queste piattaforme, questi modi di comunicazione, se non intercetti le comunicazioni non capisci nulla. Quindi è un’utopia dire: togliamo le intercettazioni e torniamo al vecchio sistema del pedinamento».
Fuga di notizie. «C’è questo rapporto drogato tra procure e giornalisti: basta, togliamo questo rapporto di questi procuratori che danno le notizie ai giornalisti. Ma siamo sicuri che sia così? Lo abbiamo dimostrato? Qualcuno ha dimostrato che sono i procuratori a dare le notizie ai giornalisti? Io ve lo dico sinceramente: a me questa cosa offende parecchio. Veramente mi offende, perché io ho dato tante notizie ai giornalisti, lo ammetto, ma le ho sempre date quando si potevano dare. Perché nel momento in cui un’indagine diventa pubblica è dovere di un procuratore informare le persone. Non posso arrestare una persona e non informare sul perché è stata arrestata: vogliamo creare il mostro di Firenze tutte le volte? Vogliamo che uno scriva chissà cosa ha fatto? Diciamo il motivo per cui è stata arrestata: più siamo trasparenti più la gente sarà in grado di giudicare cosa ha fatto questa persona. Più notizie forniamo, più si farà un’informazione sana».
Acquisizione forense dei cellulari. «Acquisire le chat dei cellulari diventa complicatissimo. Certo, come le intercettazioni sono il male assoluto, anche i cellulari attenzione perché vediamo le chat. Perché? Perché vediamo la vita delle persone. Scusa, ma se in una chat io mi organizzo un traffico di droga, e allora vedrò anche quello che scrive all’amico, alla fidanzata o dove andrà a cena. Allora non la prendo perché se no vedo anche le altre chat in cui magari si fa gli affari suoi. Ma scusate un attimo: la legge deve sempre guardare a qual è il principio più importante. Quale prevale? Quello dell’accertamento di un reato, della sicurezza dello Stato, la sicurezza nazionale, e se poi avremo anche un po’ di gossip sulla sua vita, pazienza. Non possiamo vietare l’acquisizione dei dati di un telefonino perché contengono la vita privata, quando puoi questo telefonino è il mezzo di comunicazione per commettere un reato».
Decreto legge. «Se faccio tutti questi decreti legge, guarda caso faccio la riforma costituzionale e non viene discussa. Ora, non voglio dire che la riforma è valida o meno, ma la volete almeno discutere? Stiamo parlando di cambiare la costituzione a cui tutti noi siamo legati. Abbiamo la costituzione più bella del mondo e tutti noi l’adoriamo, quindi ogni virgola che mi cambi deve essere ragionata, perché l’hanno sudata, studiata i migliori professori, i migliori esperti, riga per riga, e tu la cambi con un testo blindato che non viene neanche discusso? Non è possibile che una cosa così importante possa essere modificata in questo modo, questo è il mio parere da giurista: credo che sia una cosa profondamente sbagliata».
Separazione delle carriere. «Chi lo ha detto che il problema della magistratura è la separazione delle carriere? Qualcuno ha dato una prova scientifica? E’ veramente offensivo, perché rispetto al nostro lavoro che è veramente un lavoro difficile, dedichiamo tante risorse per dare le indagini, cerchiamo di farle al meglio possibile, di trovare tutti i riscontri… di fronte a un’indagine che pensiamo così completa, pensiamo poi di vincere il processo perché il giudice è nello stesso nostro ordine professionale? E’ veramente offensivo. Io mi rifiuto di pensare che ho vinto un processo perché il giudice che ha deciso questa causa era un mio collega. E’ una cosa veramente velenosa, perché significa dire malissimo della magistratura e soprattutto di questo giudice».





