Il Pm chiede la condanna per Samuele Spanò: otto mesi per la morte del padre in cantiere
La difesa: «Evento imprevedibile, il fatto non sussiste»
Imperia. Il pubblico ministero Paola Marrali ha chiesto la condanna a otto mesi di reclusione nei confronti di Samuele Spanò, ritenuto responsabile della morte del padre Carmelo, deceduto il 17 dicembre 2021 a seguito di una caduta avvenuta durante un sopralluogo in un’abitazione di Ventimiglia il 5 dicembre. La procura ha riconosciuto le attenuanti generiche, evidenziando da un lato il profilo umano dell’imputato, figlio della vittima, dall’altro il fatto che l’impresa risultasse regolarmente in regola sotto il profilo amministrativo.
L’avvocato della difesa, Marco Bosio, ha invece chiesto l’assoluzione «perché il fatto non sussiste», sostenendo che la tragedia sia stata frutto di un evento imprevedibile e non riconducibile a responsabilità penali del giovane.
Tre gli imputati comparsi davanti al giudice monocratico Eleonora Billeri del tribunale di Imperia: oltre a Samuele Spanò, titolare della ditta «Sc Edilizia Generale Spanò», anche Marco Garlet, proprietario dell’immobile, e Stefano Raimondo, titolare della ditta «Dea Costruzioni». Per questi ultimi due il Pm ha chiesto invece l’assoluzione.
Secondo la ricostruzione del pubblico ministero, Carmelo Spanò è precipitato dopo essersi aggrappato a un palo che sorreggeva una rete metallica, ceduta a causa delle condizioni ammalorate della struttura. Per la procura non ci sono dubbi sulla dinamica: «È pacifico che Spanò sia caduto a causa del cedimento del palo. La struttura si è inclinata e ha provocato il crollo».
La presenza sul luogo di piedini da ponteggio e corde, documentata dall’ispettore dei carabinieri Viola, dimostrerebbe secondo l’accusa l’intenzione di avviare proprio quella mattina i lavori di montaggio del ponteggio. Elementi che smentirebbero la versione degli imputati, secondo cui si sarebbe trattato di un semplice sopralluogo. Inoltre, l’operaio al momento dell’incidente stava osservando l’interno del muro, «verosimilmente per valutare dove intervenire» e non la parte alta dove sarebbe stato posizionato il motore del climatizzatore.
Particolarmente dura la posizione della procura nei confronti di Samuele Spanò, figlio della vittima e formalmente titolare dell’impresa: «Il suo ruolo non può essere considerato solo fiscale – ha sottolineato il pm – va riconosciuto responsabile del decesso del padre». Diverso l’orientamento nei confronti degli altri due imputati. Per la procura, né Raimondo né Garlet possono essere ritenuti penalmente responsabili, in quanto al momento dell’incidente non vi era alcuna presenza congiunta sul cantiere, né attività tali da richiedere la nomina di un coordinatore per la sicurezza.
Nel corso dell’udienza, l’avvocato Bosio, difensore di Samuele Spanò, ha ricostruito il contesto in cui al giovane, classe 1999, fu intestata l’impresa: «Aveva solo vent’anni. La ditta fu a lui intestata per motivi fiscali, poiché il padre aveva accumulato debiti con l’Agenzia delle Entrate. Dal 2020, tuttavia, non vi sono più stati problemi di questo tipo e dopo la morte del padre la società è risultata pienamente in regola».
Il legale ha inoltre sottolineato come non vi fossero precedenti infortuni nella ditta e come Carmelo Spanò fosse esperto nel montaggio dei ponteggi: «Era abituato a salire e muoversi su quelle strutture. È probabile che quel giorno stesse facendo un sopralluogo per un preventivo». Secondo la difesa, il gesto di aggrapparsi al montante sarebbe stato del tutto imprevedibile e non imputabile a colpa del figlio. «L’incidente non è avvenuto per un uso scorretto della scala, ma per un gesto improvviso e inaspettato – ha concluso Bosio –. Per questo chiedo che Samuele Spanò venga assolto perché il fatto non sussiste».
La prossima è fissata al 25 giugno ore 9.30 per repliche. Poi la sentenza.


