Glori, un borgo che resiste al tempo, tra storia, spiritualità e rinascita
Tra antiche leggende, tradizioni contadine e spiritualità mariana
Glori (Molini di Triora). C’è un piccolo paese incastonato nella Valle Argentina, in Liguria, che racconta una storia fatta di antiche leggende, devozione profonda e un’inaspettata rinascita. Si chiama Glori, e oggi conta appena una ventina di residenti. Eppure, chi attraversa il suo dedalo di caruggi sente ancora viva la voce del passato e quella speranza tenace che solo i luoghi abitati dall’anima riescono a conservare.
Le origini tra mito e realtà
Secondo la leggenda, Glori nacque nel XIV secolo quando la famiglia Ausenda vi trovò rifugio per sfuggire alla peste che devastava Triora. A fine ‘800 il borgo contava oltre 300 abitanti, ma come tanti paesi dell’entroterra ligure, fu poi travolto dallo spopolamento. Oggi, però, qualcosa sta cambiando: giovani famiglie stanno tornando, attratte da un ritmo di vita più lento e dalla possibilità di recuperare terreni e tradizioni.
Il nome Glori: tra Cloris, noccioli e battaglie
L’etimologia di «Glori» affonda le radici nella mitologia e nella natura. Secondo alcuni studiosi, il nome deriverebbe da «Kloris», la dea greca dei boschi e della vegetazione. Un’interpretazione suggestiva, che dipinge il borgo come un luogo di pace e rigoglio. Altri fanno risalire il toponimo al latino corylus, ovvero «nocciolo», per l’abbondante presenza di noccioleti. Altri ancora collegano Glori a un episodio bellico del 1625, quando le truppe sabaude si scontrarono con quelle genovesi proprio in queste valli.
Il torchio del prevosto e i confini di pietra
Nel cuore del borgo si trova la cantina del torchio del prevosto, un angolo che parla della vita contadina e della solidarietà comunitaria. Intorno al 1860, il curato don Luigi Ausenda aprì ai gloriesi l’uso del grande torchio della parrocchia per ricavare il vino dalle vinacce. Un gesto semplice ma potente, che racconta l’anima cooperativa di una comunità rurale. Oggi, tra le mura di pietra, si conservano ancora antichi strumenti, come la vite da torchio proveniente da Glori Superiore. Non lontano, si possono ancora scorgere i ceppi in pietra che segnavano i confini tra la repubblica di Genova e il ducato di Savoia.
Il santuario: un angolo di Lourdes tra le montagne
Ma Glori è anche un luogo di fede profonda. Il Santuario di Nostra Signora di Lourdes, costruito a partire dal 1911, rappresenta uno dei simboli più forti del paese. La grotta mariana, la sacrestia e il campanile raccontano una storia di devozione nata da una visione ricevuta da padre Francesco Ausenda nel 1895. Le due statue della Madonna – una del 1912 e una del 1917, quest’ultima donata dalla famiglia Torre di Sanremo – sono al centro della venerazione popolare. Gli ex voto, numerosi anche se non ufficialmente catalogati, parlano di grazie ricevute, speranza e fede incrollabile.
Un futuro che profuma di passato
Oggi Glori guarda avanti, con il passo lento ma deciso di chi vuole custodire il proprio passato senza rinunciare al futuro. Il ritorno delle giovani famiglie, il recupero dei terreni abbandonati, la valorizzazione del patrimonio storico e religioso: tutto fa pensare che questo borgo, apparentemente ai margini, possa essere invece un modello di rinascita silenziosa ma concreta.
Glori non è solo un luogo. È un messaggio.






