Diffondere lo screening di Hiv e Hvc, dottor Cenderello: «Fondamentale eliminare le resistenze»
Dottoressa Wanda Morganti: «Le persone si devono sentire libere di poter parlare e accolte, perché è solo così che si riesce a superare la paura e lo stigma»
Sanremo. Hiv e Hcv fanno ancora paura, soprattutto tra le fasce più fragili della popolazione, che temono di venir ancora di più emarginate dalla società. Ma conoscere la malattia e curarla, non solo consente uno vita praticamente normale, ma previene anche nuove infezioni.
Per questo ieri, numerosi professionisti si sono riuniti presso l’hotel Nazionale in via Giacomo Matteotti, a Sanremo, per riflettere e discutere su come sensibilizzare e formare il personale sanitario sull’importanza di proporre attivamente lo screening per Hiv e Hcv ai cittadini stranieri, affrontando e superando le barriere culturali, linguistiche e strutturali che limitano l’accesso ai servizi di prevenzione e cura.
Il convegno, dal titolo “Abbattere muri: l’approccio interculturale allo screening Hiv e Hcv”, è stato organizzato dal dottor Giovanni Cenderello, direttore del dipartimento di malattie invettive di Asl1 Imperiese e responsabile scientifico insieme al collega Antonio Di Biagio (Clinica malattie infettive Università di Genova).
«Abbattere i muri interni ed esterni, sia al sistema sanitario che a noi stessi, per cercare di diffondere il più possibile lo screening Hiv e Hcv, per permettere la diffusione del test ed eliminare le resistenze che ci sono nelle persone – ha dichiarato al termine del convegno il dottor Cenderello -. In particolare, in questo caso, abbiamo parlato di come poter dare un approccio interculturale anche alle persone che non sono italiane, e quindi abbattere quei muri culturali che frenano l’accesso alle cure alle persone che non sono italiane. Per quattro ore, oggi oltre sessanta persone hanno parlato e dibattuto di come abbattere muri. Il tutto è stato organizzato nel programma di Fast Track Cities che comprende Genova e Sanremo, in collaborazione con il professor Antonio Di Biagio dell’Università di Genova, mentre per l’aspetto psicologico è intervenuta la dottoressa Wanda Morganti dell’Ente Ospedali Galliera, per iniziare a focalizzare i problemi e dare qualche risposta per migliorare la nostra comunicazione e il nostro approccio».
Un lavoro continuo di sensibilizzazione, quello portato avanti dal dottor Cenderello, che nell’ambulatorio di malattie infettive di Asl1, il terzo in Liguria dopo quelli di San Martino e Galliera, si occupa da anni di circa 420 pazienti. «Il numero è stabile in provincia di Imperia – dichiara – Il nostro, da sempre, è uno dei centri più attivi nel promuovere campagne di prevenzione, oltre ché nel cercare di curare al meglio i pazienti, aderendo ai protocolli internazionali e nazionali».
Ma per diffondere prevenzione e conoscenza è fondamentale che alla Medicina venga associata la Psicologia. A spiegarlo è la dottoressa Wanda Morganti, psicologa, tra i relatori al convegno: «L’apporto della Psicologia è fondamentale – spiega – Anche perché purtroppo l’Hiv ancora oggi è correlato ad un forte stigma, che poi diventa internalizzato, per cui le persone da sole iniziano in qualche modo a invalidarsi, e quindi non mettono in atto le pratiche di prevenzione, non si considerano a rischio e questo porta ovviamente a ritardare le fasi di screening e di test. E’ fondamentale dunque un approccio che sia il quanto più possibile personalizzato e che tenga conto anche della relazione che si viene a creare tra il curante e il paziente, al di là della cultura di provenienza». «E’ fondamentale anche creare fiducia – ha aggiunto la psicologa -. La fiducia non è data, deve essere una costruzione che viene fatta giorno dopo giorno e che permette anche di lasciare uno spazio aperto di riflessione condivisa. Le persone si devono sentire libere di poter parlare e accolte, perché è solo così che si riesce a superare la paura e lo stigma. Ogni persona che noi informiamo con delle informazioni personalizzate, poi a sua volta può attivare un passaparola virtuoso che porta all’eliminazione dello stigma in primis».
«E’ stata una riunione molto interessante e proficua – ha commentato il dottor Antonio Di Biagio – Perché mettere insieme tante specialità diverse è sempre un fatto positivo. L’Hiv non solo è una malattia curabile ma è anche facilmente diagnosticatile: quindi è molto importante sapere che c’è, non dimenticarla. Basta un semplice test, che può essere del sangue, capillare e salivare. E’ un esame molto semplice e molto banale che non solo previene complicanze più gravi, ma permette soprattutto di non contagiare le persone che ci stanno a fianco».