“Confesso: ho governato”, Toti a Imperia: «I magistrati sono esseri umani, possono sbagliare»
«Questo libro auspica una pulizia legislativa che ridia alla politica la possibilità di fare politica»
Imperia. «Abbiamo cercato di fare il meglio possibile, fin quando ci è stato consentito di farlo, e credo che i cittadini della Liguria pure lo abbiano riconosciuto in qualche modo, andando alle urne e, sostanzialmente, sposando una linea di continuità, rispetto all’amministrazione che abbiamo portato avanti per nove anni». A parlare è Giovanni Toti, giunto all’Ex Salso di Imperia, su invito del sindaco Claudio Scajola, per presentare il suo libro “Confesso: ho governato“.
«Il libro non vuole essere un racconto solamente ligure – spiega Toti – Si parla della Liguria per analizzare problemi profondi, che ci sono nella politica italiana e non è neanche il libro che racconta dell’ennesimo scontro tra politica e giustizia, perché io ritengo che i magistrati possano, come tutti gli esseri umani, sbagliare in buona fede, in mala fede e questo succede a tutti. Ma il vero tema è quanta strada e quanto passo ha lasciato la politica rispetto alle proprie responsabilità, alle proprie prerogative ad altri poteri dello Stato e questo lo si vede, ahimè, nei momenti difficili come quello che ho vissuto personalmente io e la regione Liguria quest’estate, ma lo si vede anche costantemente negli stretti spazi in cui la politica poi deve decidere e si trova molto spesso a farlo in strettoie con autorità concorrenti, authority, Corte dei Conti, una serie di leggi che la politica stessa ha fatto per limitare se stessa».
«E, quindi – ha aggiunto – Quello che il libro vuole, auspica, suggerisce, ispira è una riforma profonda che non è solamente la riforma, che il ministro Nordio meritoriamente sta provando a portare avanti dopo molti anni, ma è anche una pulizia legislativa che ridia alla politica la possibilità di fare politica, di finanziarsi attraverso il mondo delle imprese e delle professioni, di poter intervenire con scelte politiche all’interno della amministrazione, dando degli atti di indirizzo, senza per questo dover finire processati in una qualsiasi Corte».
Perché ha scelto di patteggiare? «Abbiamo scelto il patteggiamento molto semplicemente per un motivo, perché dopo un’estate in cui siamo stati descritti come un’associazione a delinquere della peggior specie, in realtà la procura stessa ha ammesso che non ci siamo arricchiti, non abbiamo preso un soldo, tutto era tracciato e che gli atti che abbiamo prodotto sono atti legittimi della pubblica amministrazione, tant’è vero che sono ancora in vigore. Se noi fossimo andati in tribunale a discutere, se un atto legittimo e un finanziamento tracciato, secondo una legge del 2012, è diventato un asservimento della funzione, avremmo recitato una pessima scenografia con due attori non protagonisti: un amministratore e la procura della Repubblica, quando deve essere il Parlamento a dire francamente quali sono i limiti. Oggi esiste una legge in Italia che non consente di stabilire sostanzialmente qual è il limite tra il finanziamento della politica legittima e tracciato e qual è la giusta attività di indirizzo della politica che invece può e deve intervenire, anche a favore di chi ha dato un sostegno alla politica stessa. Oggi paradossalmente, se lei che non ha mai dato niente al mio movimento politico, mi chiede qualcosa di legittimo ha tutto il diritto di farlo, ma se lei ha finanziato la politica perde il diritto di chiedere un suo legittimo diritto. E questo trovo che sia una cosa assurda e spero che anche questo patteggiamento, che non vuol dire come lei sa riconoscersi colpevole, vuol dire semplicemente non andare in aula, vuol dire responsabilizzare la politica e il Parlamento di darci una risposta su quelle che restano le risposte inevase del sistema».
Tornerà in politica? «No, ora no, francamente no. Abbiamo dato, come si dice in questi casi, e credo anche con grande impegno e generosità, dopodiché adesso c’è un’altra amministrazione regionale a cui auguro buona fortuna, ci sono tanti sindaci che tra mille difficoltà continueranno a fare il loro lavoro. Io mi auguro che questo Parlamento e la politica, ahimè, però è una politica che deve svegliarsi perché oggi penso che la politica oscilli da un lato tra chi cavalca le inchieste…».
«L’incontro di questa sera ha diversi significati – ha dichiarato Claudio Scajola – Il primo, quello di ascoltare direttamente dalla viva voce quello che Toti ha scritto nel suo libro: una complicatissima vicenda, in cui ha prevalso un’inchiesta piena di contraddizioni, piena di pecche, che ha scombussolato la vita politica della regione. La seconda motivazione è quella di essere vicino a chi, con coraggio, porta avanti la sua battaglia e che dimostra in questo suo libro tutta l’amarezza che, posso ben comprendere, possa avere chi si sente perseguitato».
Lei si sente perseguitato? «Beh, la mia vicenda è finita ormai da tanti anni – ha risposto l’ex ministro Scajola – Ma non c’è dubbio, non posso dire che ci sia stata una gestione nelle mie vicende di carattere giudiziario, in cui abbia prevalso l’equilibrio nel senso della giustizia vera, ma dove invece c’era la necessità della spettacolarizzazione delle vicende del processo di popolo e non del processo fatto sulle carte, dove non c’era niente».
A suo avviso è necessario un cambiamento sulle leggi del finanziamento ai partiti, sul finanziamento privato? «Credo che sia un’ipocrisia quello di pensare che la politica non sia un costo – ha detto sempre Scajola – E poiché la democrazia è fondamentale, in chi ci crede, per governare i Paesi, c’è anche la necessità che i partiti possano avere le risorse. In quali modi, in quali forme? Sicuramente con la limpidezza. Si è fatti dei percorsi altalenati in questa vicenda, per cui dal finanziamento si è passati all’abolizione del finanziamento, ad una palese, evidente difficoltà dei partiti a poter esprimere e a far conoscere le loro opinioni. È un tema che va sicuramente valutato con serenità».
Alla domanda se pensa che fosse o meno imbarazzante il rapporto tra pubblico e privato emerso dalle intercettazioni telefoniche, dalle visite di Toti sullo yacht di Spinelli, Scajola ha risposto: «Sicuramente sono aspetti che fanno pensare, fanno riflettere, fanno capire che ognuno ha un suo modo in cui fa politica, ma altrettanto fanno capire che la giustizia non può essere etica, ma la giustizia si fa sulle leggi e sulla verifica della trasgressione delle leggi. Poi c’è il giudizio etico-morale sui comportamenti, sui movimenti, sugli atteggiamenti, ma quella è un’altra parte. Ho l’impressione che su quella inchiesta lì si siano mischiate le due cose e dov’è il confine è difficile».
Lei, Scajola, ci sarebbe andato sullo yacht di Spinelli? «Io ho sempre preferito ricevere nel mio ufficio».
Dal ponte Morandi alla rinascita della Liguria: un modello contro l’ipocrisia politica. Questo il messaggio che l’ex governatore della Liguria, Giovanni Toti, vuole lanciare con il suo ultimo libro “Confesso, ho governato”.
All’Expo Salso di Imperia, per ascoltare la presentazione del libro scritto dall’ex presidente, moderato da Paolo Liguori, erano presenti tra gli altri anche l’assessore regionale Marco Scajola, la consigliera regionale Chiara Cerri, il sindaco di Bordighera Vittorio Ingenito, il consigliere comunale di Ventimiglia ed ex sindaco Gaetano Scullino e il consigliere comunale di Ventimiglia Roberto Parodi.
