Le dichiarazioni

Servizio idrico, Coordinamento imperiese Acqua Pubblica: «No alla privatizzazione di Rivieracqua»

«La scelta di rivolgersi al privato per risolvere la crisi finanziaria di Rivieracqua è una volontà politica, perseguita scientemente in questi anni, per la quale tutti i Sindaci che si sono succeduti hanno le loro responsabilità»

Comitato imperiese Acqua Pubblica

Imperia. «Il susseguirsi dei provvedimenti adottati dalla Conferenza dei Sindaci e dal Commissario Scajola, che stanno portando il servizio idrico imperiese alla privatizzazione, rappresentano un’escalation sconsiderata». Lo dichiara il Comitato imperiese Acqua Pubblica.

«E’ noto come la forma gestionale mista pubblico/privato riduca il ruolo delle amministrazioni locali a mera “foglia di fico”, in un contesto governato dalle regole di mercato. La scelta di rivolgersi al privato per risolvere la crisi finanziaria di Rivieracqua è una volontà politica, perseguita scientemente in questi anni, per la quale tutti i Sindaci che si sono succeduti hanno le loro responsabilità.

Va ricordato che Rivieracqua, ostacolata dai continui ricorsi ed istanze campanilistiche, ha operato in un quadro tariffario molto articolato, inadeguato e parte del debito accumulato è maturato in questo contesto e per gli investimenti effettuati. Ciò detto, poiché il servizio idrico viene erogato in regime di monopolio ed i costi vengono garantiti dalle tariffe, è possibile predisporre un piano di risanamento e mantenere la gestione interamente pubblica della società. Sta già avvenendo per Riviera Trasporti, per la quale, diversamente, si sta optando per la gestione in house, probabilmente in virtù del fatto che il servizio pubblico in questione non sia abbastanza appetibile e remunerativo.

E’ opinione avveduta, oltre a ciò, che con l’avvio della gara per la scelta del socio privato, dalla revoca della concessione di Rivieracqua a favore di una nuova società mista, verrebbe a prefigurarsi un affidamento non conforme. Secondo la sentenza della Corte di Giustizia del 12/05/2022 l’affidamento diretto a favore di un soggetto viene automaticamente a cadere, essendo incompatibile con le norme eurounitarie, nel caso in cui nella compagine sociale intervenga un soggetto privato, ancorché scelto con gara pubblica.

Quale interesse potrebbe avere un socio privato ad intervenire sulle perdite delle reti idriche, che ad oggi nel “Sistema Roja” superano il 45%? Per capirci, dei 46 milioni di metri cubi d’acqua prelevati, ne arrivano ai rubinetti, quando va bene, solo 26 milioni.

Ed ancora, quali strategie metterebbe in campo sulla difesa degli acquiferi da ogni inquinamento? Si tratti di pericolosi solventi, come nel caso dei pozzi di Taggia, di cui non si è più avuto notizia, o del cuneo salino nelle falde, come nei casi di Andora o di San
Bartolomeo al Mare. Se lo domandano i cittadini di tutto il territorio che vedono tradito l’esito referendario del 2011.

La siccità non è una situazione contingente, ma una crisi sistemica che esige un ripensamento del modo di concepire la gestione del servizio idrico. A partire dall’acqua bene comune e dalle soluzioni sostenibili. Le dighe non sono le risposte attese per contrastare la siccità, con il sospetto inquietante che si tratti più di aiuti alle imprese interessate al “capitale naturale” e alla realizzazione di opere, a prescindere, piuttosto che non a intervenire efficacemente sui problemi dei territori.

E’ in questa prospettiva, che, non a caso, viene coinvolta Rivieracqua nel Progetto di fattibilità della diga di Glori in Valle Argentina. Realizzazione e manutenzione delle reti, implementazione delle sorgenti inutilizzate, ripristino degli invasi esistenti, rinaturalizzazione dei torrenti, per evitare di sottrarre l’acqua alla ricarica delle falde, sono gli interventi urgenti e possibili, di cui dovrebbe occuparsi l’Ato idrico imperiese.

L’acqua è un bene primario, un diritto umano inalienabile, che non può essere assoggettato alle logiche del profitto. Lo sanno coloro che sono consapevoli dei cambiamenti climatici e delle loro conseguenze; lo sanno coloro che rilanciano e non si arrendono all’ondata privatizzatrice in corso. “Rilanciamo, non ci rassegniamo!”».

commenta