Ventimiglia, «Mio figlio aggredito da tre stranieri sotto casa». Il racconto di una mamma: «Mi sono sentita morire»

12 febbraio 2024 | 14:10
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Ventimiglia, «Mio figlio aggredito da tre stranieri sotto casa». Il racconto di una mamma: «Mi sono sentita morire»

«Lo hanno avvicinato con una scusa, chiedendogli dove fosse il Carrefour. Poi hanno tentato di strappargli il telefono dalle mani»

Ventimiglia. «In quel momento mi sono sentita morire. Queste cose non devono più accadere, è ora di dire basta». A dirlo, ancora sotto choc, è Roberta F., mamma di B.D., un ragazzo di 19 anni che ha denunciato l’aggressione subita intorno alle 2 della notte tra venerdì e sabato tra piazza Falcone Borsellino e Scorte e via Aprosio, in pieno centro a Ventimiglia, da tre stranieri.

Il ragazzo stava rincasando dopo una serata con gli amici. «Ha parcheggiato l’auto nel nostro garage, poi si è incamminato verso casa – racconta la donna -. Come sempre, in quel momento eravamo al telefono, perché non mi fido di lasciarlo solo quando torna a casa la notte. Ad un certo punto ho sentito che urlava “non mi dovete toccare, non mi toccate”. Poi la conversazione si è chiusa, e io mi sono sentita morire».

Il diciannovenne, a pochi metri dal portone da casa, è stato accerchiato da tre stranieri di circa 30 anni. «Lo hanno avvicinato con una scusa, chiedendogli dove fosse il Carrefour – spiega la madre – Poi hanno tentato di strappargli il telefono dalle mani». E’ in quel frangente che la donna perde il contatto con il figlio. Il giovane, intanto, lotta con tutte le sue forze per non farsi rapinare del telefono. Per prenderglielo, uno dei tre aggressori gli tira pure un pugno in faccia. Il ragazzo si difende e poi scappa, correndo verso il commissariato di Ventimiglia.

«Non è venuto a casa perché aveva paura, pensava di ritrovarseli di nuovo davanti – aggiunge Roberta -. Così è corso in commissariato per mettersi in salvo».

«Abbiamo denunciato l’aggressione alla polizia, ma non mi fermo qui – conclude la donna -. Ora voglio incontrare il sindaco perché deve sapere che quello che sta facendo per la città non basta. Non siamo sicuri e soprattutto la notte ci devono essere più controlli. Ora io posso raccontare quanto accaduto avendo mio figlio con me, ma poteva andare peggio. Se quei tre uomini avessero avuto un coltello, ora mio figlio potrei piangerlo. Una cosa così non deve succedere mai più».