L'intervento

Ministro Orlando (Pd) a Sanremo per parlare di scuola: «Stipendi insegnanti vanno allineati a quelli di colleghi europei»

Ius Scholae, l'onorevole ribadisce: «Chi studia in Italia è italiano»

Sanremo. «Abbiamo sperimentato nei mesi della pandemia che cosa significa quando questa grande struttura, questo grande riferimento democratico che è la scuola si interrompe, va in tilt e, più in generale, abbiamo sperimentato in questi anni che quando la scuola non funziona crescono le diseguaglianze, crescono gli elementi di marginalità. Per questo credo che sia importante la proposta che è stata fatta di arrivare ad allineare le retribuzioni degli insegnanti nell’arco di un tempo congruo a quelle di tutti gli altri colleghi europei». Lo ha detto il ministro del Lavoro e candidato capolista alla Camera in Liguria, Andrea Orlando, a margine del dibattito “La scuola al centro – le proposte del Pd”, organizzato a Sanremo presso la Federazione Operaia di via Corradi, 47.

Quello di aumentare gli stipendi ai docenti, spiega Orlando, «non è l’unico intervento che va fatto, ma è un segnale molto forte del riconoscimento del ruolo degli insegnanti che diventa sempre più spesso un vero e proprio snodo per la tenuta sociale di questo paese e più in generale anche per costruire un sistema di competenze che consenta ai ragazzi di inserirsi nella società, di diventare cittadini e di avere una piena consapevolezza democratica».

Sulla scuola italiana, spesso demonizzata perché considerata arretrata rispetto a quelle europee, Orlando ha dichiarato: «Non penso che sia così, penso che la scuola italiana sia una scuola sulla quale si è investito poco, ma non è una scuola più arretrata rispetto agli altri Paesi. Ha un problema di connessione con i percorsi di formazione professionale, con i percorsi tecnici, però non dobbiamo in qualche modo ridurre la considerazione che invece la scuola deve avere e l’impegno che nel corso degli anni è stato messo dagli insegnanti».

Ius Scholae: «Su questo abbiamo detto parole chiarissime: chi studia in Italia è italiano – ha ribadito il ministro -. Chi è nato qui, ha fatto un percorso di formazione e di istruzione, che è la vera porta dell’accesso alla società, è a tutti gli effetti una persona che deve godere di tutti i diritti di cittadinanza come gli altri. Tra l’altro, è un interesse di questi ragazzi, ma anche della società non avere persone totalmente deresponsabilizzate, fuori da un circuito di inclusione, senza più le radici dei genitori ma senza ancora un forte legame con la società nella quale vivono».

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