Tuffo nel passato

Festeggiamenti a Sanremo per la vittoria dell’Italia nella Grande Guerra: il racconto dello storico Andrea Gandolfo

Anche la città dei fiori fu colta dall’entusiasmo di tutta la nazione per la vittoriosa conclusione della battaglia di Vittorio Veneto, che consentiva alle truppe italiane di entrare finalmente a Trento e Trieste

prima guerra mondiale

Sanremo. L’articolo di storia locale del matuziano Andrea Gandolfo di questo fine settimana, in occasione della coincidenza con l’anniversario della fine della prima guerra mondiale, è dedicato ai festeggiamenti svoltisi a Sanremo, il 4 novembre 1918, in occasione della vittoria dell’Italia nella Grande Guerra. Anche la città dei fiori fu colta dall’entusiasmo di tutta la nazione per la vittoriosa conclusione della battaglia di Vittorio Veneto, che consentiva alle truppe italiane di entrare finalmente a Trento e Trieste.

«L’offensiva italiana di Vittorio Veneto contro le forze austro-ungariche, iniziata la mattina del 24 ottobre 1918, si concluse, il successivo 3 novembre, con l’entrata trionfale delle nostre truppe a Trento e Trieste. Nel pomeriggio dello stesso giorno i plenipotenziari italiani firmarono con quelli austriaci, a Villa Giusti, presso Padova, l’armistizio tra Italia e Austria-Ungheria, che fissava la cessazione delle ostilità su tutto il fronte italiano per le ore quindici del giorno successivo. Il 4 novembre il foglio locale “L’Eco della Riviera” dava ampio risalto ai recenti avvenimenti bellici, titolando a caratteri cubitali: Trento e Trieste occupate dagli Italiani. Udine riconquistata. L’occupazione di Leopoli. Sulla prima pagina veniva pubblicato anche l’ultimo bollettino di guerra del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Diaz, con cui veniva annunciata l’entrata della 1ª armata a Rovereto e la conquista del Monte Santo. Nello stesso numero, in un articolo dal titolo: Attendiamo sereni…, veniva così presentata la situazione: «Le notizie che volano di bocca in bocca dicono che la vittoria nostra è quale gli innumeri martiri ed eroi han voluto e saputo meritare. Ogni cuore esulta per la fine prossima dei sacrifici immani, per la realizzazione di tante aspirazioni e di tante speranze. Ma la gioia nostra sia calma e serena. La richiesta ed oggi, forse, la firma dell’armistizio non include a priori la cessazione delle ostilità e la pace. Vi sono tali e così difficili condizioni che debbono valere per un atto storico tanto grandioso, da dover consigliare l’attesa calma degli avvenimenti che precipitano e dai quali, lo diciamo con orgoglio, non possiamo che attenderci il bene della Patria. Confidiamo dunque nell’Esercito e nella Marina gloriosi e degni in tutto dell’ora che volge fatale al nemico secolare; confidiamo nei capi, in Diaz cui gli Alleati han riserbato l’alto onorevole compito di trattare per tutti le condizioni dell’armistizio. Fremono le ossa dei nostri martiri, di tutti i nostri morti in questo anniversario. Noi inchiniamoci reverenti ai loro spiriti vittoriosi per noi e per il mondo. Viva, viva, viva l’Italia!».

La sera del 3 novembre, appena appresa la notizia della liberazione di Trento e Trieste, il sindaco Giovanni Ernesto Balestreri, a nome di tutta la cittadinanza sanremese, inviò subito un telegramma di felicitazioni al re, al comandante supremo Armando Diaz e al presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando. Quindi dispose che venisse fatto suonare il campanone di San Siro, recandosi anzi lui stesso presso la più antica chiesa cittadina per suonarvi personalmente la campana. Mentre i balconi delle case venivano addobbati con vessilli tricolori, il Consiglio comunale rendeva noto che nel pomeriggio del 4 novembre si sarebbe svolta una grande manifestazione per celebrare la Vittoria, con un omaggio ai reduci dal fronte alloggiati presso l’albergo Bellevue e la deposizione di tre corone ai piedi del monumento a Garibaldi in corso Imperatrice.

All’ora stabilita, mentre molti negozi avevano deciso di chiudere esponendo il cartello “Chiuso per festa nazionale”, numerosi cittadini, una folta delegazione di associazioni locali, tra cui quella della Giovine Italia e i bambini delle scuole, capeggiati dal sindaco e dalle principali autorità, insieme ai membri delle due bande di Sanremo, quella dell’orfanotrofio “Zeffiro Massa” e la ex municipale, con alla testa la bandiera di Trieste, convennero in corso Umberto per dare inizio alla prevista manifestazione per celebrare la Vittoria. Il corteo si avviò quindi verso gli uffici della Sottoprefettura in via Vittorio Emanuele. Giunti sul posto, i manifestanti furono accolti dal sottoprefetto Guido Podestà, che, dopo aver pronunciato un breve discorso inneggiante alla vittoria, scese in strada e si pose alla testa del corteo. Attraversata via Vittorio Emanuele, imbandierata a festa, il corteo raggiunse la caserma De Sonnaz, dove si fermò per acclamare le forze armate. Il comandante del presidio, colonnello Spigaroli, si affacciò per salutare i dimostranti e scese in piazza per unirsi alle altre autorità. Dopo essere transitati per corso Garibaldi, salutati da una folla plaudente, i manifestanti giunsero in corso Cavallotti sotto l’albergo Bellevue, dove erano ricoverati i feriti italiani reduci dal fronte.

Tra le urla della folla esultante, che gridava: Viva l’Esercito! Vivano i nostri soldati! Vivano gli eroi del Grappa e del Piave! Viva Trento e Trieste!, entrarono nella struttura il sindaco Balestreri e il sottoprefetto Podestà, che porsero il saluto dell’amministrazione comunale a una rappresentanza dei feriti e dei malati ricoverati nel grande albergo sanremese. Seguì un discorso di circostanza tenuto dal professor Giovanni Battista Barboro, docente di lettere italiane al Liceo “Gian Domenico Cassini”, a nome degli studenti della sua scuola. Subito dopo il corteo ripartì alla volta di corso Imperatrice, dove era prevista la deposizione delle corone ai piedi del monumento a Garibaldi. Lungo il tragitto, a un certo punto, una delle due bande si diresse verso la casa dell’onorevole Orazio Raimondo in corso Umberto, dal cui balcone sventolava una bandiera italiana con la croce sabauda. Davanti all’abitazione di Raimondo, la banda intonò la Marcia reale, alcuni inni patriottici e la Marsigliese. All’altezza di piazza Cesare Battisti, numerosi manifestanti si accostarono al parapetto del marciapiede per salutare un treno di soldati francesi fermo alla stazione. Giunti i manifestanti davanti al monumento a Garibaldi, le autorità deposero tre corone ai piedi del monolito: due di fiori freschi, da parte del Comune e del Circolo Popolare, e una in bronzo dell’Associazione dei Mutilati. Presero poi la parola un signore del pubblico, il commendator Orazio Parea, il professor Barboro e un maestro elementare, mentre cominciavano a cadere alcune gocce di pioggia. Dopo lo scioglimento del corteo, la festa sarebbe continuata per tutta la notte con saluti e abbracci fraterni tra cittadini, soldati e profughi. La sera il sindaco Balestreri invitò i soci del Circolo “Unione” a una bicchierata nel suo studio di Palazzo Pallavicino.

In occasione della liberazione di Trento e Trieste, inoltre, alcune associazioni, tra cui la loggia massonica “Giuseppe Mazzini”, la sezione di Sanremo della Lega di azione antitedesca e il Sottocomitato sanremese mutilati e invalidi di guerra, diffusero dei manifesti celebrativi. In quello pubblicato il 4 novembre 1918 dalla Loggia “Giuseppe Mazzini”, si poteva leggere: «Risorgono i morti! Il sangue dei caduti ha sacrato alla Patria le sue genuine dilette: Trento e Trieste. Gloria all’Esercito. Gloria ai Prodi che su terra, su mare, nei cieli hanno intonato il peana della Vittoria. La profezia mazziniana s’avvera: l’umanità è in moto verso un’era migliore. La tirannide astrungarica è schiacciata: un anacronismo storico scompare per sempre. Un barbaro, che ha insultato ai destini del mondo, ancora resiste: anch’esso procomberà! Cittadini! Raccogliamo il serto della Vittoria e operiamo romanamente. Gloria ai Caduti! I morti risorgono! A loro la nostra imperitura riconoscenza!».

Il manifesto diffuso dalla presidenza della sezione matuziana della Lega di azione antitedesca, sempre il 4 novembre, era così concepito: «Epici avvenimenti maturano le sorti d’Italia! Il compimento delle aspirazioni secolari non si realizza per compromessi diplomatici nascondenti l’insidia, ma per il valore indomito dell’esercito, per il sereno e paziente sacrificio del popolo. Dagli appoggi tenacemente conservati del Grappa, dalla sponda inviolata del Piave, sferrato l’assalto prodigioso della riscossa, ridona alla Patria le pianure venete, supera le valli e le vette alpine e porta oltre l’iniquo confine il tricolore trionfante, fregiato del lauro della più superba vittoria, sventola su le torri di Trento e per le cupole luminose di S. Giusto. Oh, sogno di Dante! Oh, aspirazione di martiri antichi e recenti! Avanti ora ai nuovi fati, o Italia, circonfusa di Gloria! E benedetta la memoria dei caduti, benedetto il sacrificio della tua gioventù e l’abnegazione del tuo popolo, che, entrando nella Società delle Nazioni, potrà con orgoglio trovare il suo posto d’onore. Ancora in vedetta, ancora coll’arme in pugno sin che l’altro e più pericoloso nemico sia per sempre fiaccato e poi avanti, Italia, avanti ne le opere industri e riedificatrici di una pace di giustizia e di diritto».

Sul numero del 10 novembre 1918, “L’Eco della Riviera”, dopo aver definito “napoleonico” il bollettino della Vittoria del generale Diaz, riprendendo un’idea lanciata dal quotidiano “La Gazzetta del Popolo” di Torino, propose che si perpetuasse nel bronzo tale bollettino, facendolo murare sulla facciata del palazzo municipale, insieme ai nomi dei caduti sanremesi nella Grande Guerra. Il foglio sanremese espresse anche l’auspicio che il bollettino della Vittoria venisse incorniciato e, come in quelle dei comuni di tutta Italia, fosse conservato religiosamente nella sala del Consiglio comunale. La mattina dell’11 novembre fu celebrato un solenne Te Deum presso la basilica di San Siro, alla presenza di tutte le autorità cittadine. La celebrazione fu presieduta dal parroco di San Siro, don Lombardi, mentre l’orchestra era diretta dal professor Panizzi. La cerimonia si chiuse con l’esecuzione della Marcia reale, che venne lungamente applaudita dal numeroso pubblico presente alla funzione religiosa. Terminato il rito, il sindaco Balestreri fece suonare personalmente il campanone della chiesa. La festa proseguì fino a tarda notte con il lancio di palloncini e razzi luminosi, il canto di inni patriottici e l’esposizione di bandiere. Sempre l’11 novembre la popolazione manifestò la sua esultanza e le campane suonarono per la notizia della stipulazione dell’armistizio tra Francia e Germania, avvenuta nella foresta di Compiègne la mattina dello stesso giorno» – racconta lo storico matuziano Andrea Gandolfo.

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