Appuntamento con la storia

Non solo Covid, quando a Sanremo imperversò il colera

Il racconto dello storico Andrea Gandolfo

epidemia colera

Sanremo. Se ai nostri giorni il nemico numero uno sembra essere il Covid-19, un interessante studio dello storico matuziano Andrea Gandolfo ci ripropone uno spaccato di vita dell’estate 1835, quando a Sanremo, così come in altre città, imperversava il colera.

Ai primi di luglio del 1835 una grave epidemia di colera, forse portata dal mare, colpì per prima Marsiglia, diffondendosi poi in breve tempo a Tolone, Nizza, Villafranca, e quindi a Cuneo, Genova, Savona e Porto Maurizio. A Sanremo, che era attorniata dal terribile morbo, le autorità comunali decisero di istituire a partire dalla seconda metà di luglio, cioè da quando il colera si era diffuso a Nizza, dei posti di Sanità, poi rimossi il 20 agosto, che avevano la funzione di espletare un servizio di vigilanza notturna sulle spiagge per prevenire ed eventualmente impedire l’approdo di imbarcazioni provenienti da Nizza con a bordo passeggeri contagiati dal colera. I posti da sorvegliare, sette in totale, erano situati a Pietralunga, alla Foce, a San Rocco, presso l’attuale sottopassaggio di Corso Imperatrice, all’Arenella, a San Martino, a Chiappa de’ Caprai e a Capo Verde; erano state anche istituite due ronde: una per la parte di levante e l’altra per quella di ponente.

I farmacisti furono obbligati a rifornirsi dei principali disinfettanti allora in commercio (cloruro di calce, acido solforico, ossido di manganese, aceto antisettico, laudano liquido Sydenham e aceto dei quattro ladri) per poterli utilizzare proficuamente nel caso la città venisse colpita dalla pestilenza.

Da parte sua, l’Amministrazione civica si impegnò a corrispondere ai farmacisti un’indennità per tutti quei medicinali che fossero rimasti invenduti o che risultassero invendibili in circostanze ordinarie. Le famiglie più abbienti fecero inoltre delle offerte in denaro per sovvenzionare il servizio sanitario, che sarebbe stato attivato in caso di diffusione del colera in città. Sempre nell’ottica di un probabile contagio, il Consiglio Comunale deliberò anche che per ogni fossa di morti colerosi i becchini avrebbero dovuto percepire il diritto di tre lire dagli eredi dei defunti, mentre, se i morti fossero stati assolutamente poveri, gli stessi becchini avrebbero ricevuto la somma di 1,50 lire a fossa dalla Cassa Comunale.

Il 6 agosto 1835 a Sanremo si sparse la notizia che il temuto flagello aveva investito anche Diano Marina, ma la voce fu presto smentita e in città ritornò a regnare una relativa calma. Nel successivo mese di settembre però si diffuse la notizia che il morbo aveva fatto una vittima a San Lorenzo e due a Penna, provocando il panico tra la popolazione, che iniziò allora a pensare di invocare un intervento straordinario della misericordia divina per scongiurare il pericolo della diffusione del colera anche a Sanremo.

I Sanremesi pensarono di rivolgersi alla Madonna della Costa per invocarne la divina protezione. Già il 19 settembre il Priore dell’Oratorio della Costa convocò per il giorno successivo la Consulta della chiesa per adottare quelle misure che esigevano le circostanze di quel momento e secondare così il desiderio della Confraternita e dell’intera popolazione. La Consulta fece allora solenne voto che, se, grazie all’intercessione della Madonna, fosse stato allontanato il morbo, si sarebbe tenuta in un giorno festivo una processione per tutta la città, da ripetersi ogni quindici giorni, con esposizione pubblica del quadro della Madonna; venne anche stabilito di chiedere al sommo pontefice la concessione, per ogni quindennio, dell’indulgenza plenaria quotidiana.

La supplica alla Madonna ebbe fortunatamente gli effetti sperati: la pestilenza infatti risparmiò miracolosamente la città matuziana, mentre papa Gregorio XVI concedeva l’indulgenza richiesta con breve del 19 gennaio 1836. Ricevuta la comunicazione della concessione papale il 4 marzo, il vescovo di Ventimiglia ne informò quindi già il 13 la Consulta dell’Oratorio della Costa in apertura della seduta che avrebbe dovuto decidere su come porre in atto il voto alla Madonna. In questa adunanza la Consulta deliberò che il 6 agosto si sarebbe tenuta una novena, mentre la processione con il quadro della Madonna per le vie della città venne fissata al giorno 15 agosto, festa dell’Assunta. In caso di pioggia o di vento fu inoltre stabilito che la processione sarebbe stata rinviata al successivo giorno festivo. Dal giorno dell’adunanza della Consulta si sarebbe inoltre discusso e studiato insieme il modo migliore per organizzare con la maggiore solennità e magnificenza possibili le funzioni religiose e la processione.

Ai primi di luglio i responsabili dell’Oratorio chiesero al Comune una sovvenzione per realizzare le manifestazioni previste; il 9 agosto il Consiglio Comunale accolse la richiesta deliberando lo stanziamento di 500 lire a favore delle celebrazioni di ringraziamento alla Madonna della Costa, inserendole nelle Spese straordinarie dell’esercizio comunale del 1837. Per dare maggiore solennità all’evento, fu anche stabilito che dal forte di Santa Tecla si sarebbero sparati dei colpi di cannone a salve durante lo svolgimento della processione, alla quale avrebbe anche partecipato una compagnia di soldati. Di tali richieste il Comando di Polizia di Sanremo informò quindi il 5 luglio il governo di Nizza per ottenerne la necessaria autorizzazione.

Il 15 agosto 1836 tuttavia un’intensissima pioggia che si abbattè sulla città costrinse gli organizzatori a rinviare la processione, che si tenne poi regolarmente il giorno 21 alla presenza di una folla immensa, che la locale autorità di polizia stimò formata da circa 15.000 persone. La processione del quindennio si sarebbe poi tenuta ininterrottamente anche negli anni successivi almeno fino al 1935, quando le autorità religiose e civili sanremesi celebrarono con grande concorso di popolo il centenario del voto espresso il 20 settembre 1835 dalla gente di Sanremo alla Madonna della Costa, quale ringraziamento dell’intera popolazione per aver miracolato la città preservandola dal contagio del colera, che si era invece diffuso in quasi tutti i paesi vicini con grande tributo di vittime.

Non passò tuttavia neanche un anno dalla processione del quindennio che il colera, nonostante tutte le preghiere fatte per allontanarlo, si diffuse anche a Sanremo. I primi quattro casi accertati di contagio si registrarono infatti il 17 luglio 1837. Il giorno successivo il vice intendente Saverio Bourgeois ne diede notizia al ministro dell’Interno, mentre il colonello Carlo Trevisi, comandante della Città e Provincia di Sanremo, si affrettava ad informarne il governatore di Nizza De Candia e ancora, nella sua qualità di presidente della Giunta provinciale di Sanità, immediatamente convocata, il Primo presidente del Real Senato e del Magistrato di Sanità residente a Nizza Spitalieri Di Cessole.

Appena ricevuta questa comunicazione, le autorità superiori invitarono subito i funzionari sanremesi ad attenersi rigorosamente alle norme vigenti e alle istruzioni ministeriali. Il presidente del Magistrato di Sanità Di Cessole si raccomandò in particolare con il presidente della Giunta di Sanità Trevisi di accertarsi che venissero eseguite scrupolosamente nelle case le prescritte purificazioni al fine di purgare le abitazioni da miasmi infetti.

Il 20 luglio intervenne anche il governatore De Candia, che scrisse al Comandante la Città e Provincia di Sanremo per sollecitarlo a far sgombrare prontamente la città da ogni immondizia, e ad invitare il sindaco e i membri della Giunta Provinciale di Sanità a spiegare il massimo zelo nella repressione del morbo. Due giorni dopo la Giunta di Sanità, visto il propogarsi incontrollato del colera in città, chiese alla Commissione Sanitaria mandamentale di aumentare il numero dei medici per assicurare l’indispensabile assistenza sanitaria al sempre maggior numero di cittadini contagiati dal morbo. Il 25 luglio il governatore De Candia ribadì al Comandante Trevisi l’ordine di far rispettare le istruzioni in merito alle fumigazioni e alle inumazioni, che spesso non venivano eseguite in modo corretto. Dal rapporto ebdomadario stilato dal locale Comando di Polizia il 29 luglio 1837 si apprende inoltre che a partire dal 17 luglio a Sanremo si erano verificati in tutto 16 casi di colera con 10 morti e 6 malati ancora in cura.

Il 4 agosto il presidente Di Cessole inviò una lettera al presidente della Giunta Trevisi per sapere se fosse realmente necessario impiantare un apposito cimitero per i colerosi e per conoscere i motivi della mancata presenza in città del sindaco, che a quanto se ne sapeva si trovava inspiegabilmente a Porto Maurizio. Il giorno stesso il sindaco, appena rientrato in sede, fece affiggere un manifesto per informare la cittadinanza che la Giunta di Sanità aveva prescritto con una sua deliberazione di imbiancare con calce viva gli atri, le scale e i muri delle abitazioni, fondi, botteghe e magazzini per evitare il propagarsi del contagio. Il 3 agosto intanto si erano verificati altri 10 casi di colera con 7 decessi, mentre il giorno successivo si registrarono quattro casi senza tuttavia alcuna vittima. Il presidente del Magistrato di Sanità Di Cessole invitò allora il presidente Trevisi a nominare dei capi di quartiere affinché questi vigilassero sulla salute degli abitanti nelle loro rispettive zone, provvedendo alla tumulazione dei morti e alla disinfezione della case.

Ai primi di agosto giunse a Sanremo il governatore De Candia per visitare l’Ospedale Civile ed esaminare e discutere lo stato della sanità pubblica. Rientrato a Nizza, De Candia scrisse il 9 agosto al Comandante della provincia per lamentarsi del fatto che l’ospedale non accogliesse un numero sufficiente di ammalati poveri e presentasse una notevole carenza di materassi, cuscini e lenzuola. Il 14 agosto il sindaco convocò il Consiglio per informarlo che la popolazione desiderava ardentemente far ricorso all’intercessione di Maria Assunta con una novena e l’esposizione pubblica della sua immagine. Il Consiglio deliberò allora di venire incontro a questo desiderio popolare stanziando la somma di novanta lire per effettuare la novena e l’esposizione della Madonna. Intanto il colera cominciava a dilagare anche nelle campagne circostanti l’abitato mietendo moltissime vittime.

Il 18 agosto il Comandante Trevisi comunicò all’Azienda dell’Interno che, su disposizione della Giunta Provinciale di Sanità, l’Ospedale Civile sarebbe stato trasformato in un lazzaretto per il ricovero degli ammalati colpiti dal colera, mentre ne sarebbe stato stabilito uno provvisorio nei locali del convento di San Nicola destinati al Piccolo Seminario, dove vennero trasportati gli infermi di altre malattie ordinarie. Da Nizza il governatore, d’accordo con il presidente del Magistrato di Sanità, inviò in seguito a Sanremo altri due insigni medici, i dottori Porta e Camous, che si erano già distinti durante l’epidemia di colera del 1835. Il 21 agosto il presidente Di Cessole si lamentò con il presidente della Giunta di Sanità per la trascuratezza delle misure igieniche che causavano la fuga di molti abitanti dal borgo per evitare il contagio; lo stesso giorno il governatore pregò il Comandante della provincia Trevisi di assicurarsi che tutti gli esercizi pubblici gestiti da osti, caffettieri, panettieri e locandieri rimanessero aperti e ben provvisti di merce per soddisfare le esigenze alimentari della popolazione. Quando giunse però questa lettera a Sanremo il Comandante Trevisi era già deceduto, falciato anche lui dal morbo, e fu quindi il suo successore, il tenente colonnello Nicolino, ad ordinare il 22 agosto che tutti i panettieri e bettolieri riaprissero le loro botteghe.

Il 25 agosto il Comandante Nicolino informò il governatore che il giorno prima la Giunta Sanitaria aveva disposto la costruzione di un nuovo cimitero per l’interramento dei colerosi morti, che venne poi effettivamente realizzato su un terreno scosceso nei pressi degli attuali giardini situati ai lati di Corso Imperatrice circondato da una cinta molto alta di assi. Il giorno dopo venne istituito nel palazzo civico un ufficio centrale per la distribuzione di soccorsi a domicilio alle famiglie bisognose, del quale furono chiamati a far parte sei persone, tra cui il sindaco e il parroco. Contemporaneamente il Consiglio deliberò di deviare dai vicini fossati un volume notevole di acqua che, attraversando le vie della città, rinfrescasse l’ambiente promuovendo una maggiore salubrità. Il 27 agosto il morbo colpì anche il vice intendente Saverio Bourgeois, che morì all’una di notte nonostante le cure e l’assistenza dei medici. Da Nizza intanto il governatore inviò a Sanremo i due medici chirurghi Domenico Anfossi e Franco Pelliani e il farmacista Carlo Maccari nella speranza che essi potessero dare un aiuto concreto agli altri operatori sanitari impegnati a contrastare il dilagare dell’epidemia. Poco dopo giunsero a Sanremo anche cinque frati francescani, che si unirono agli altri sacerdoti che già prestavano la loro opera caritativa a favore dei malati, amministrando tra l’altro i sacramenti della penitenza e della sacrestia ai moribondi. Fortunatamente però la terribile pestilenza stava lentamente scemando: il 30 agosto il Comandante Nicolino poteva infatti comunicare al governatore di Nizza che il morbo era sensibilmente diminuito di intensità permettendo il ristabilimento di una calma relativa e il graduale ritorno dei numerosi emigrati. Il 2 settembre tale tendenza fu confermata dal periodico rapporto di polizia, che constatava come il colera, pur continuando a colpire, si era notevolmente mitigato spostandosi verso la frazione di Poggio.

Pochi giorni dopo la malattia scomparve quindi del tutto, consentendo agli abitanti di ritornare a vivere serenamente ma lasciandosi anche dietro una lunga scia di morti. Finito l’incubo della terribile pestilenza, il 15 settembre il Consiglio Comunale si riunì in seduta plenaria per tributare lodi e ringraziamenti alle persone che maggiormente si erano distinte nella lotta contro il morbo e nell’assistenza e cura dei malati. Il sacerdote Pietro Laura, che aveva svolto l’incarico di cappellano-economo dell’Ospedale Civile, fu elogiato per la sua opera di carità e conforto degli ammalati ricoverati nel nosocomio sanremese; gli infermieri Maurizio Alari di Mentone e Napoleone Trabaudi di Sospello furono invece ufficialmente ringraziati e dichiarati cittadini benemeriti per aver assistito con cura e professionalità i malati colpiti dal morbo presso l’Ospedale; particolari elogi vennero anche rivolti ai padri Cappuccini, che si erano prodigati nell’assistenza spirituale agli ammalati; vennero infine solennemente ringraziati il dottor Siro Andrea Carli, che aveva tanto aiutato le persone più bisognose colpite dal colera, i membri della Giunta Provinciale di Sanità, il Comandante la Città e Provincia di Sanremo Nicolino, il prefetto del regio Tribunale di Prefettura avvocato Giuseppe De Giorgis, il sottointendente generale marchese Carrassi e il medico De Foresta. Il bilancio finale sull’andamento dell’epidemia di colera che colpì Sanremo nel corso del 1837 fu tuttavia particolarmente pesante: il morbo, che non aveva risparmiato praticamente nessun quartiere della città, contagiò complessivamente 688 abitanti, dei quali 312 vennero risanati, mentre 376 rimasero uccisi dalla terribile epidemia.

 

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