Il commento

Olio Extra Vergine, Assitol: «Basta test “carbonari”, l’analisi sensoriale è una cosa seria»

Per Assitol è ingiusto attaccare il settore, regolato da leggi rigorose e oggetto di numerosi controlli, in base ad analisi su quantità esigue di prodotto ed effettuate con procedure poco chiare

Sanremo, olio e zafferano di “Giallovivo”

Genova. «No ai test comparativi sull’olio extra vergine d’oliva, realizzati in modo poco trasparente e con il chiaro intento di orchestrare una gogna mediatica». E’ questo il commento di Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia, in merito ad alcuni articoli di stampa, comparsi in questi giorni, che mettono in dubbio la qualità e l’autenticità dei prodotti dell’industria italiana.

«Le aziende olearie sono tenute per legge a rispettare norme stringenti a garanzia della qualità e genuinità dell’olio d’oliva – ricorda Andrea Carrassi, direttore generale di ASSITOL -. Inoltre, quello dell’olio è uno dei settori più controllati, grazie al SIAN, il sistema nazionale di monitoraggio sui flussi oleari in capo al Ministero delle Politiche agricole, e alle verifiche di ben otto diversi organismi pubblici di controllo. In particolare, i dati annuali dell’Icqrf, che fa capo al Mipaaf, dimostrano come l’olio d’oliva sia un prodotto soggetto a continue verifiche. Alla faccia di chi afferma che questo comparto è poco controllato». L’olio d’oliva è inoltre l’unico prodotto alimentare sottoposto ad analisi sensoriale (panel test), che ne valuta la qualità, prima di essere posto in commercio, grazie al giudizio di un gruppo di assaggiatori professionisti. Ogni oleificio effettua, al suo interno, centinaia di controlli ogni anno sulle materie prime e sui suoi prodotti.

«Al contrario di chi utilizza il panel test per fini sensazionalistici – ricorda il direttore di ASSITOL – per l’industria l’analisi sensoriale è una cosa seria». E’ discutibile anche la narrazione giornalistica sugli stessi test, che li racconta come definitivi: ogni analisi di laboratorio deve essere ripetuta, al fine di evitare falsi positivi e non è infrequente che la revisione delle analisi capovolga il primo risultato. Affermare, come fa la rivista, che gli oli sono stati conservati al buio in una sala campioni, con il contributo di una società esterna, e che si sono soddisfatte le richieste dei laboratori non basta a sciogliere le perplessità.

«Non è chiaro – sottolinea il direttore generale di Assitol – se le modalità di esecuzione del campionamento sono state corrette. Qualsiasi privato, anche una testata giornalistica, che intenda realizzare test di controllo sugli oli, deve osservare tutti i passaggi pratici e le norme, italiane ed europee, sull’analisi organolettica». E proprio perché, come afferma lo stesso Salvagente,«l’analisi organolettica non è un esercizio di stile ma ha regole ben precise e non interpretabili a piacimento, non basta un unico test, come in questo caso, per declassare un olio d’oliva: le procedure impongono ben due controanalisi. Come mai chi invoca il rispetto delle regole è il primo a non osservarle?. Infine, sorprende che chi dice di difendere il panel test proponga in parallelo un videocorso per l’assaggio fai-da-te».

«L’iniziativa di far conoscere meglio l’extra vergine sarebbe lodevole – è il commento di ASSITOL – ma l’assaggio di un consumatore, per quanto attento, non può essere paragonato né sostituirsi a quello di un professionista, che oltre alle competenze, per legge, è chiamato ad ‘allenarsi’, letteralmente, degustando periodicamente oli d’oliva».

Usare il panel test in questo modo non è un buon modo per difenderlo. «Al contrario, lo svilisce – aggiunge Carrassi – e ne scredita l’autorevolezza, squalificando anche chi esegue questo test professionalmente».

I test comparativi della rivista “Il Salvagente” hanno riguardato, in tutti i casi, una singola bottiglia di un singolo lotto. «L’industria non ci sta a subire operazioni di linciaggio, come accaduto in passato – stigmatizza Carrassi – sulla base di analisi che interessano pochi litri su milioni di bottiglie, prodotte ogni anno. Questa gogna mediatica fa male al settore nel suo complesso, in Italia come all’estero, e non risolve il problema delle frodi. In un periodo che ha visto l’industria districarsi tra le criticità del Covid-19, pur di garantire agli italiani adeguate forniture di olio, tutto questo appare ingiusto ed inaccettabile».

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