Il caso

Bordighera, denigrato in un libro dedicato a Pompeo Mariani: denuncia di Bagnasco accolta da gip di Milano

Contestata diffamazione aggravata contenuta nelle pagine di monografia dedicata all'artista

Carlo Bagnasco

Bordighera. Non c’è pace per la Fondazione Pompeo Mariani, e in particolare per il suo presidente Carlo Bagnasco. Questa volta, a complicare la situazione dell’unico erede di Stefania Scevak, sorella della moglie del notaio Pompeo Lomazzi, a sua volta erede del pittore monzese, è una “guerra” di carte bollate, iniziata dopo la pubblicazione di un libro dedicato a Mariani.

Si tratta della monografia “Pompeo Mariani 1857-1927. Nascita e morte, storia inedita di un grande pittore dell’800”, a cura di Paolo Lunardi Versienti, con prefazione del professor Fernando Mazzocca. 

Tutto inizia nel 2011, quando Lunardi Versienti e Mazzocca fanno visita a Bagnasco che dal 1997, attraverso la fondazione da lui creata, valorizza l’immenso patrimonio artistico del pittore. Un impegno costante, quello di Carlo Bagnasco, che grazie alla volontà di far conoscere la figura di Pompeo Mariani (nato a Monca nel 1857 e morto nella sua villa di Bordighera il 25 gennaio 1927) e tutelarne il patrimonio, è riuscito nell’intento di ridare all’artista quella fama che gli era stata tributata in vita e che aveva accostato il suo nome a quello di pittori del calibro di Monet.

I due studiosi si recano a villa Mariani, sede della fondazione, dichiarando la loro intenzione di dedicare all’artista un libro. Per questo serve la preziosa collaborazione di Bagnasco, custode di centinaia di documenti e opere di Pompeo Mariani. Dopo il soggiorno bordigotto, Lunardi Versienti e Mazzocca salutano con gratitudine l’ospite, tanto che il professore, considerato un luminare della pittura italiana dell’Ottocento, lascia in dono a Bagnasco un suo libro “Da Canova a Modigliani” con tanto di dedica: «Bordighera, 11 marzo 2011 – si legge nel frontespizio – A Carlo Bagnasco, inimitabile custode di un mondo unico e straordinario, con gratitudine Fernando Mazzocca». Insomma, i rapporti sembrano essere dei più amichevoli.

Sembrano, appunto. Perché dell’uscita del volume “incriminato”, nel 2017, Bagnasco viene a conoscenza soltanto tramite una ricerca su Google. E non tutto. La sorpresa arriva quando legge il libro. «Per quanto riguarda il profilo dell’artista, nulla da eccepire – dichiara l’esperto – E’ fatto molto bene: emerge la figura di un artista a tutto tondo. Si dice, ad esempio, che le sue opere “nulla hanno da invidiare ai più noti e celebrati pennelli dell’impressionismo e della belle époque”». Ma già nell’introduzione a firma di Mazzocca, qualcosa stona. Della moglie di Mariani, Marcellina Caronni, è scritto: «E’ stata la grande disgrazia dell’altrimenti fortunato Mariani, determinando quella indiscriminata e incontrollata emorragia del suo assai cospicuo lascito di opere che ha contribuito in maniera determinante all’appannamento della sua immagine». Non un bel ritratto della povera moglie, insomma. Anche perché l’autore ha dimenticato che è solo grazie alla moglie, rimasta vedova, se oggi si possono ammirare ancora villa e atelier dell’artista, contenenti documenti, ventimila oggetti a lui appartenuti e una collezione di circa trentamila dei suoi libri. E non è tutto.  Nelle pagine successive, ad essere denigrato è lo stesso Carlo Bagnasco, di cui viene messa in discussione pure la professionalità, essendo indicato come «presunto perito».

Questo il motivo per cui il presidente della fondazione Mariani ha presentato una denuncia querela che, dopo essere stata archiviata in tribunale a Imperia, è stata depositata a palazzo di giustizia di Milano, ritenuto territorialmente competente assieme a quello di Imperia, per quanto riguarda la concretizzazione del reato visto che il libro è stato scritto nel capoluogo lombardo. Dopo una prima archiviazione anche nella Procura milanese, il gip Anna Mangelli ha accolto l’opposizione fatta dall’avvocato di Bagnasco, accettando la riapertura dell’istruttoria e inviando gli atti al pubblico ministero per l’iscrizione alle notizie di reato e il successivo rinvio a giudizio di Lunardi Versienti.

Il gip di Milano ha dunque considerato che «sussistano elementi sufficienti – si legge nel documento – Per sostenere l’accusa in giudizio rispetto al reato di cui all’articolo 595 comma 3 c.p.»: diffamazione aggravata.

Oggetto di contestazione, in particolare, è pagina 49 del libro, in cui, parlando della storia di Mariani successiva alla sua esistenza terrena, è scritto: «Quello che accade da lì al 1997 non è dato sapere, a parte la notizia dell’arrivo in villa di un presunto perito chiamato a censire preziosi, gioielli e orologi al domicilio di Bordighera. […] E’ singolare come da quell’anno inizi una anomala attività di mercato attorno alle opere di Pompeo Mariani». E ancora: «Dal 1958, dunque, poco o nulla di sistematico è stato fatto per ricomporre la storia artistica di Pompeo Mariani, ma solo ambigui tentativi di una riesumazione postuma per soli fini commerciali, degna delle peggiori intenzioni, nel tentativo di una appropriazione indebita del nome dell’artista sfruttando in malafede il favore e la simpatia degli appassionati di pittura italiana dell’Ottocento».

Colpito dalle durissime parole spese nei suoi confronti, parole che non hanno giustificazione alcuna, Bagnasco chiama gli autori chiedendo spiegazioni, senza ovviamente ottenerle. A quel punto, nel gennaio del 2018, deposita in tribunale a Imperia una denuncia querela per diffamazione. «Il pm, tuttavia, archivia – racconta Bagnasco – Sostenendo che gli autori hanno esercitato il diritto di critica. A quel punto, mi oppongo all’archiviazione e chiedo che la vicenda passi alla procura di Milano, in quanto i fatti si sono concretizzati tra Bordighera e il capoluogo lombardo».

Il gip Mangelli accoglie l’istanza di Bagnasco e nel provvedimento di trasmissione degli atti al pm, afferma che «Le asserzioni contenute nel libro in questione allo stato non appaiono corrispondenti al vero e risultato al contrario smentite dalla copiosa produzione documentale della persona offesa e in particolare dai numerosi articoli e dai libri che attestano l’impegno profuso da Bagnasco Carlo nella valorizzazione del patrimonio artistico di Villa Mariani, il cui interesse culturale è stato confermato dal Ministero per i Beni e le attività culturali con provvedimento del 28 marzo 2013 […]. Posto che le espressioni utilizzate risultano offensive, screditanti e lesive, dell’onore della reputazione di Bagnasco Carlo che appare facilmente identificabile, benché il libro non ne citi il nome […] si ritiene che sussistano elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio rispetto al reato di cui all’articolo 595 comma 3 codice codice penale».

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