Sanremo

Serrata delle attività contro Toti e assessore Berrino. I commercianti: «La Regione ha fallito»

La rabbia dei manifestanti e le testimonianze di chi non ce la fa più

Sanremo. Ore 14, scatta la serrata di ristoranti e bar del centro cittadino. A due passi dall’Ariston e dal Festival, le saracinesche dei locali si sono abbassate all’unisono per volontà dai titolari che hanno inscenato una protesta spontanea contro la Regione Liguria e il presidente Giovanni Toti e colpevole – secondo i manifestanti – di aver creato un danno ulteriore agli imprenditori che ha il sapore della presa in giro.

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Ad aver fatto esasperare gli animi è stata la decisione del governatore Giovanni Toti di far passare il distretto sanremese da arancione a giallo, e poi di nuovo arancione, nel giro di pochi giorni. Rincarata dal silenzio, in particolare, dell’assessore regionale al Turismo Gianni Berrino. «Perché aver creato questa aspettativa? – chiede Paolo Renda, titolare di un locale matuziano -. Tu che gestisci una struttura come una Regione, perché ti sei svegliato una mattina, te e chi collabora con te, caro presidente, perché ti sei svegliato una mattina e hai creato questa aspettativa? Dopo di ché tutti noi, che siamo ogni giorno a lavorare, ci siamo organizzati di conseguenza, e dopo 48 ore, avete giocato la carta dell’arancione? La domanda è semplice».

E ancora: «So che ieri il presidente si è incontrato con le associazioni e con il sindaco – aggiunge Renda -. Il primo cittadino ha ben chiara la situazione e anche lui è provato e dispiaciuto. Ma ora ha avuto un giorno, che ci risponda come ha pensato di risolvere il problema, aiutandoci non solo economicamente ma anche a livello di immagine di Sanremo. Questo chiediamo».

«Questa protesta è nata stamattina, perché ci sentiamo presi in giro – dichiara Mauro Natta del Cocoon – Non ne possiamo più. Oltretutto non c’è nessuno che ci protegge, sono senza parole. Alle 14, in segno di protesta abbiamo abbassato le serrande, malgrado il poco incasso. Adesso, tra l’altro, non stiamo neppure lavorando e quello che incassiamo è elemosina. La protesta nasce perché Toti ha fatto il cambio di colore e a noi ha fatto perdere dei soldi. Non è lavorando tre giorni, che un ristorante può cominciare a ingranare. Dobbiamo buttare via la spesa. Anzi, volevamo darla in beneficienza, ma ci sono stati messi dei paletti. Ho tirato giù la serranda, anche se butto via cento euro ed ho bisogno di quei soldi, perché è un anno che non guadagniamo un euro. Io e mia moglie viviamo col bar, non possiamo vivere con le mance dello Stato. Io voglio lavorare, se non sai può va bene lo stesso, stiamo a casa. Io per primo lunedì non volevo aprire, però non possono prendermi in giro con apri e chiudi, apri e chiudi. I debiti stanno diventando troppi, ci stanno sommergendo. Però una cosa vorrei dirla: se faccio male il caffè, perdo il cliente; ma se un governatore di una regione fa male il proprio lavoro, allora dovrebbe perdere il posto».

«Ho piena fiducia nel nuovo Governo, sono sicuro che Draghi una mano ce la dà, ma la Regione ha fallito». Lo dice Fabio Compagnucci, titolare del Festival di via Matteotti, locale nel cuore di Sanremo. «Qualcuno deve pagare – aggiunge – Qualcuno ci deve risarcire, ma non tra due mesi: domani. Domani ci devono dire quando e come fanno, perché noi non possiamo più aspettare». Il pensiero dell’imprenditore va soprattutto alle sue bariste: «Non ricevono la cassa integrazione, che già è una miseria, siamo noi ad anticipare gli stipendi perché se lo meritano».

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