Le reazioni

Sanremo, la rabbia dei ristoratori: «Basta giocare con i nostri soldi»

Le associazioni chiedono incontro in sala stampa con Amadeus: «Deve portare nostra rabbia a Roma»

Sanremo. E’ rovente il clima a Sanremo a seguito della decisione del governatore ligure Giovanni Toti di estendere anche al distretto 2 Sanremese l’ordinanza già in vigore a Ventimiglia per arginare i contagi da Covid-19: ovvero il divieto per bar e ristoranti, a partire da domani, di servire ai tavoli come invece previsto nel resto della Liguria, classificata dal governo centrale in fascia di rischio gialla.

Frighi e celle piene di merce, migliaia di euro in ingredienti e prodotti freschi spesi per garantire ai commensali di poter scegliere tra le pietanze in menù. L’annuncio delle restrizioni, ieri sera, ha scatenato la rabbia di tutti. «Ci sono tante aziende e tanti ragazzi che non ce la fanno ad andare avanti. Rai, Comune e Regione devono ristorare subito queste persone. In tempi non sospetti avevamo detto di rinviare questo Festival, non lo hanno fatto e ne stanno pagando le conseguenze tutti», dichiara un infuriato Roberto Berio, presidente di Sanremo On e titolare del Glam, vicino al Casinò. «Non ci aspettavamo l’ordinanza – aggiunge – E’ una follia, una decisione senza senso. Abbiamo chiesto di avere programmazioni certe. Politici e virologi sono pagati per anticipare gli eventi: questi sono degli incapaci».

Nella speranza di lavorare almeno durante la settimana più attesa dell’anno, i ristoratori avevano investito ancora. E tanto. Ora potranno lavorare solamente con asporto e delivery, ma non basta. «Come associazione di categoria rispettiamo sempre le regole – afferma Berio – Chiederemo un incontro pubblico in sala stampa ad Amadeus per dirgli tutte le nostre preoccupazioni in modo che se ne faccia portavoce con il governo, perché gli scienziati che sono là (a Roma, ndr) capiscano che non sono i ristoranti il problema. Anzi, quando abbiamo chiuso la gente a casa a Natale e Capodanno i contagi sono aumentati». Nessuna protesta organizzata, dunque, «ma non escludo che ci saranno manifestazioni spontanee», conclude Berio.

Non usa mezzi termini nemmeno il collega Libero Alborno, titolare del ristorante Flipper: «E’ una vergogna, potevano non farci neanche aprire per aprire due giorni e mettere in moto una macchina come questa. Toti gioca con i soldi degli altri, non con i suoi. Capisco il Covid, capisco tutto. Ma non puoi far aprire un ristorante due giorni e poi dire di chiudere. Questo è uno schifo, una presa per il culo». Aprire, per un ristorante come quello di corso Mombello, ha un costo di migliaia di euro: 1500 solo in dolci, confessa Alborno: «E ora andranno tutti buttati».

«Noi conosciamo il nostro lavoro, a differenza dei politici – dichiara Bruno Martino (Da Nico’) – Abbiamo programmato il lavoro per una settimana, perché se mi dici di aprire io mi preparo. Altrimenti se mi chiudi, mi metto in letargo, mi metto a dormire faccio finta di andare in coma. Ma sentirmi dire: apri, vai comprare mascherine, metti il plexiglas, vai a fare la spesa, indebitati con le banche e poi chiudi, no». La rabbia è incontenibile: «La città di Sanremo è in lutto: non è un Festival, è un lutto per noi ristoratori. Noi stiamo pagando luce, spazzatura e tutto – conclude Martino – Questo paese ormai va bene solo per gli extracomunitari che non hanno niente da perdere: non si può più lavorare qui».

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