Il caso

Sanremo, Festival “blasfemo”: le accuse del vescovo Suetta approdano in parlamento

I senatori Paola Binetti e Maurizio Gasparri (Forza Italia) hanno presentato un'interpellanza al premier Mario Draghi

Fiorello Achille Lauro

Sanremo. A pochi giorni dalla sua conclusione, continua la polemica sul Festival di Sanremo, ritenuto «volgare» e «blasfemo» dal vescovo diocesano Antonio Suetta, che riguardo alle performance di Fiorello e Achille Lauro, comparsi sul palco dell’Ariston rispettivamente con una corona di spine e piangendo lacrime di sangue, ha scritto una lettera aperta contestando lo svilimento di simboli della tradizione cristiana.

Ad accogliere le accuse del vescovo, portandole all’attenzione del governo, sono i senatori Paola Binetti e Maurizio Gasparri, entrambi nelle file di Forza Italia. I due politici hanno inviato un’interrogazione parlamentare al presidente del consiglio Mario Draghi, al ministro dell’Economia e delle Finanze Daniele Franco, al ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti e al ministro dei Beni culturali Dario Franceschini in merito alla 71esima edizione del Festival della Canzone Italiana.

«Premesso che il Festival di Sanremo è da 70 anni il palcoscenico più importante dell’anno per la musica italiana. Milioni di spettatori attendono questo appuntamento per trascorrere serate spensierate, gustando l’arte del canto e lo spettacolo della migliore musica – si legge nel testo dell’interpellanza -, anche quest’anno quindi il Festival di Sanremo, giunto alla 71a edizione, è stato trasmesso per cinque giorni di seguito, in un orario di punta, che oscillava tra le quattro e le cinque ore per ogni serata: dalle 21 almeno fino alle due di notte, monopolizzando spazio e tempo di qualsiasi altra trasmissione, grazie anche ai forti investimenti in pubblicità di cui ha goduto; pur avendo dovuto superare non pochi ostacoli, ha goduto di un enorme credito da parte della RAI, che ha consentito la messa in scena di uno spettacolo di grandi dimensioni senza lesinare nulla».

Non tutto il Festival viene contestato: «Molte soluzioni sono apparse interessanti – scrivono i due senatori – Molti aspetti della conduzione del duo Amadeus-Fiorello sono stati spiritosi, ironici e hanno offerto un intrattenimento che ha intercettato il gusto di buona parte degli spettatori, grazie a molte delle canzoni in gara e agli interventi di diversi ospiti». 

Ma, come già sottolineato da Suetta, vengono evidenziate «una serie di cadute di stile – è scritto nell’interpellanza – Su cui ha preso esplicitamente posizione mons. Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, giunto perfino a contestare il Premio Città di Sanremo a Fiorello; Mons. Suetta, nel comunicato con cui ha espresso le sue perplessità, ha affermato di aver raccolto il sentimento di dolore di credenti e non credenti, per lo più fedeli della stessa diocesi di Saneremo, per lo svilimento di simboli cristiani e per l’ostentata reiterazione di messaggi che contrastano con il rispetto di tutte le posizioni culturali, di cui il servizio pubblico dovrebbe costituire la massima garanzia; quanto è accaduto quest’anno a Sanremo è stato spesso un travalicare i limiti del più elementare rispetto della religione cattolica: basta ricordare l’uso e l’abuso delle croci, fino alla corona di spine, le immagini della Madonna, ecc. A mons. Suetta, dopo la pubblicazione del suo comunicato, si sono unite molte altre Associazioni di spettatori televisivi, per lo più formate da famiglie; si è unita la rete delle Associazioni che confluiscono nella Rete Polis-Pro Persona, il Forum delle associazioni culturali di ispirazione cristiana, e molti altri soggetti che a titolo personale hanno voluto segnalare il proprio dissenso rispetto all’uso e all’abuso dei simboli propriamente cristiani».

Il documento sottolinea anche «la straordinaria contraddizione tra le trasmissioni che negli stessi giorni riportavano lo storico viaggio del Papa in Iraq, da cui emerge costantemente il valore universale del messaggio cristiano e l’apertura insita nella cultura della carità cristiana, per cui appare ancora più evidente l’irragionevolezza del continuo tentativo di riduzione di tale prospettiva a una forma culturale stereotipata e banalizzata come fosse un mero insieme di pregiudizi moralistici o superstizioni da abbattere».

E ancora: «Se quel che si è detto e si è fatto a Sanremo in chiave anticristiana fosse stato fatto sia pure in minima parte contro la fede dei musulmani oggi avremmo certamente delle conseguenze assai più gravi; non è tollerabile che su un palco che dovrebbe rappresentare la musica italiana vadano soggetti che in maniera decisamente volgare idolatrano idee e contenuti contrari alla nostra fede. Difficile pensare che in una trasmissione in cui tutto era calibrato in termini di luci, colori, tempi e contenuti, i dirigenti RAI, ma soprattutto il direttore artistico del Festival non sapesse nulla di quanto sarebbe apparso sugli schermi; cantato nelle canzoni; rappresentato nei costumi di scena. La discriminazione avvenuta nei confronti dei cattolici credenti non è tollerabile in una TV pubblica, per di più pagata da tutti. Molti spettatori hanno percepito un vero e proprio vilipendio alla religione; proprio dal pubblico del web si sono registrati infatti moltissimi commenti sdegnati – anche da persone dichiaratamente non cattoliche – sul modo di irridere, offendere e dileggiare la fede cristiana».

Per questo i due senatori chiedono di sapere «se non ritenga necessario sottolineare da parte della RAI l’obbligo a vigilare perché siano tenuti nel giusto conto valori importanti, come il diritto a professare la propria religione, senza dover subire attacchi che fanno emergere pregiudizi, irrisione, e in alcuni casi vere e proprie offese» e «quali siano stati, con esattezza, gli indici di ascolto delle diverse serate e in un momento di grave difficoltà per tutto il mondo dello spettacolo, quali siano stati i costi sostenuti per la messa in scena del Festival, considerando sia i costi diretti che quelli indiretti, compreso il complicato meccanismo delle scenografie».

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