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Un anno di Covid-19, il racconto di Giorgio Ardizzone primario di Rianimazione

Il medico del "Borea": «Molto importante vaccinare più gente possibile nel più breve tempo possibile»

Sanremo. Il dottor Giorgio Ardizzone, primario del reparto di Rianimazione del “Borea” di Sanremo, ospite dei nostri studi, ripercorre un anno di pandemia.

Un anno fa vi siete trovati all’improvviso a contrastare qualcosa di indefinito con numeri importanti…Cosa ricorda? «E’ stato un momento drammatico per tutti perché ci siamo trovati a dover fronteggiare una patologia nuova. Coloro che dicono che il Covid non esiste o non sono mai stati in un ospedale, o non hanno mai visto una Tac di un paziente affetto da Covid. E’una patologia nuova, molto particolare, poco conosciuta che richiede un livello di assistenza enorme. La cosa più importante è somministrare ai pazienti dell’ossigeno, non è detto che debbano essere immediatamente intubati e assistiti a livello intensivo, ma almeno bisogna avere una postazione da cui somministrare ossigeno. Quindi occorreva avere il posto letto per poter far fronte a una richiesta improvvisa e così alta. La scelta aziendale di destinare il “Borea” al Covid è stata vincente e ha permesso di avere i letti con la somministrazione di ossigeno per ogni paziente. Un’alta percentuale di pazienti aveva poi bisogno di terapia intensiva e noi siamo stati in grado con sforzi enormi da parte del personale di garantire l’assistenza. Triplicando la loro presenza, medici, infermieri, oss,  ci hanno permesso di aprire tre rianimazioni e da 10 posti in pochi giorni siamo passati a 30. Non abbiamo lasciato per strada nessuno».

La situazione attuale? «Nel frattempo l’azienda ha creato, durante il periodo estivo, una nuova Rianimazione al terzo piano nel reparto Castillo che è stata costruita ex novo, di 8 posti. Abbiamo sempre la Rianimazione del “Borea” con 8 posti e una di quelle realizzate a marzo di 9. In questo momento dopo una punta massima di ricoveri che abbiamo registrato subito dopo le vacanze di Natale, abbiamo 5 persone ricoverate, quindi, siamo in una situazione di tranquillità».

Nel periodo di massima crisi avete sperimentato tra i primissimi in Italia una terapia alternativa per curare i pazienti «A marzo dato l’enorme afflusso di pazienti, c’è stata una mancanza sul territorio a livello commerciale di quei presidi che servivano per fare una cosiddetta ventilazione non invasiva e cioè un supporto ventilatorio ai pazienti di media gravità per poter evitare di portarli in intensiva. E allora osservando sul web da parte di colleghi, mi sembra dell’Emilia Romagna che avevano trasformato una maschera da sub venduta da una nota catena di articoli sportivi, ci siamo messi al lavoro con l’architetto Marco  Cilli che collaborando con noi e con la ditta Cressi Sub che ha donato centinaia di maschere abbiamo partecipato anche noi a questo progetto realizzando un prototipo che abbiamo realizzato in grandissima quantità. Oggi non siamo più in queste condizioni».

Case di riposo e Rsa, molto alta l’incidenza dei decessi. Si tratta di persone morte di Covid o con il Covid? «E’ una domanda alla quale è molto difficile rispondere. Nel numero globale delle persone che risultano positive, una percentuale peggiora. Quindi, più sono i positivi più aumenta la percentuale di quelli che vanno male. Il motivo non si sa, può darsi che ci siamo predisposizioni genetiche o l’assunzione di alcuni farmaci, ma in realtà non lo sappiamo. Tra i pazienti che si aggravano, una percentuale avranno la possibilità di uscirne fuori, ma è una malattia molto pesante, molto provante, molto difficile che mette in grande difficoltà tutto l’organismo, quindi è chiaro che quelli che hanno problematiche aggiuntive hanno molto meno chanche  di riuscire a superare la malattia. Quindi dire se è stato il Covid l’elemento principale o aggravante di una situazione precedente è molto difficile».

C’è preoccupazione per la terza ondata, nonostante sia iniziata la campagna vaccinale? «Indubbiamente noi riponiamo tutti una grande speranza nella campagna vaccinale, perché se riduciamo il numero di pazienti che si possono ammalare si riduce il numero di accessi all’ospedale. Siamo tutti speranzosi di arrivare all’estate con un numero di vaccinati più alto possibile. Le domande che anche noi ci poniamo sono le stesse che si pongono i cittadini e cioè, sentiamo parlare di varianti brasiliane, inglesi, quindi noi stessi ci domandiamo, ma questo vaccino ci aiuterà?. In questo  momento ci sono in lavorazione 161 vaccini, uno diverso dall’altro. Quindi, teoricamente, potrebbero essercene alcuni più attivi di altri. Però i lavori e le osservazioni che sono state fatte fino ad oggi lascerebbero pensare che il vaccino sia in grado di coprire tutte le varianti. E’ molto importante non solo vaccinare più gente possibile, nel più breve tempo possibile, perché più lo facciamo lentamente e più, intanto, il virus cambierà».

 

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