Per non dimenticare

27 gennaio, Vallecrosia celebra la “Giornata della Memoria“

Presso la colonna che sorge a ricordo dell’ingresso del campo di concentramento, il sindaco Biasi e l’assessore Piardi hanno ricordato le vittime dell'Olocausto, di tutti i genocidi, dell’odio etnico, religioso, sessuale e politico

Armando Biasi e Marilena Piardi

Vallecrosia. La città della famiglia celebra la“ Giornata della Memoria“. A Vallecrosia, tra le vie San Rocco e Roma, 77 anni fa, proprio in questi giorni, il 9 febbraio 1944, era stato aperto un campo di reclusione e concentramento. Una triste pagina di storia locale inserita in ancor più triste libro chiamato “Seconda Guerra Mondiale”.

Non è stato possibile quest’anno, a seguito delle restrizioni agli assembramenti dovute alle normative sulla pandemia, organizzare nella cittadina una manifestazione solenne della Giornata della Memoria come avvenuto negli ultimi dieci anni ma, anche solo con un gesto simbolico, presso la colonna che sorge a ricordo dell’ingresso del campo, il sindaco di Vallecrosia Armando Biasi e l’assessore delegata alla Cultura Marilena Piardi, a nome di tutta l’Amministrazione Comunale e della cittadinanza, stamattina hanno inteso raccogliersi in memoria delle milioni di vittime dell’olocausto, di tutti i genocidi, dell’odio etnico, religioso, sessuale e politico.

A Vallecrosia, nel 1944, alcuni italiani avevano internato in un campo di concentramento altri italiani, in una Italia divisa sia fisicamente, perché al nord occupata dai nazisti e al sud dalle forze armate alleate, ma divisa pure ideologicamente in una guerra fratricida con violenze e soprusi.

Non c’è da stupirsi che la presenza di questo campo di concentramento, che operò in una struttura che sorgeva ove ora nascerà una nuova area ricreativa per la cittadinanza, fu abbattuto subito alla fine della guerra e cadde poi nell’oblio: c’era un’Italia di ricostruire sia fisicamente che moralmente, bisognava guardare a ciò che univa e non alla violenza passata.

Nel campo di Vallecrosia, denominato dalla così detta Repubblica di Salò “Campo Provinciale per Ebrei “su ordine dell’allora ministro degli interni Guido Buffarini Guidi (che poi fu giustamente fucilato, anche a seguito di questi e ancor più gravi crimini, a Milano dopo la Liberazione), furono internati soprattutto dissidenti politici, renitenti alla leva in attesa di essere inviati in Germania nei campi di lavoro, e molte madri di giovani che si erano resi irreperibili e che non intendevano combattere a fianco dei Nazi-fascisti ma che, preso atto della ritorsione verso le loro mamme, non avrebbero potuto fare altro che consegnarsi ai rappresentanti del regime.

Qualche decina furono gli ebrei che, a seguito delle “ Leggi razziali “ del 1938, e della sudditanza della Repubblica di Salò ai Nazisti furono internati nel 1944 nel Campo di Vallecrosia, alcuni di questi furono deportati nei campi di sterminio in Germania e non fecero più ritorno.

La popolazione locale, tra l’altro la zona non era molto densamente abitata, all’epoca ignorava la presenza del campo di concentramento: riteneva che i civili presenti all’interno del cortile della caserma fossero degli sfollati e senza tetto. Molte testimonianze sono pervenute però sul fatto che comunque i residenti della zona donavano, per quanto potessero, viveri e generi di conforto ai reclusi consegnandoli attraverso il filo spinato che delimitava il cortile esterno della struttura. Segno questo dell’animo buono e della solidarietà dei vallecrosini che pativano, già in quei giorni, la fame, i continui bombardamenti alleati (dalla navi sul mare, dagli aerei e dal settembre del 1944 anche dai cannoni francesi a ridosso del confine) le razzie delle varie bande armate operanti sul territorio, si ricorda come ci fosse un Comando nazista avente sede sulla via Romana a poche centinaia di metri dall’ingresso del campo.

Vallecrosini che nonostante tutto nascondevano nelle proprie case ebrei, dissidenti e militari alleati alla cattura e solidarizzavano con gli internati di questo campo di concentramento contribuendo ad evitare che sul territorio comunale fossero perpetuati crimini di guerra e infatti fortunatamente così fu.

In questo luogo una decina di anni fa l’Amministrazione comunale volle porre una colonna, proprio all’ingresso di quello che fu il campo che tanto dolore portò, una “colonna infame” di manzoniana memoria per ricordare un luogo di sofferenza che era stato invece subito abbattuto dopo la Guerra come momento catartico al fine di superare il dolore e perdonare.

A Vallecrosia, nello stesso periodo del 1944, era attivo il gruppo partigiano “sbarchi” specializzato nottetempo a traghettare via mare verso il Principato di Monaco e Cap Ferrat, con le poche barche da pescatori ancora intatte, ebrei in fuga, ricercati da nazi-fascisti, soldati alleati fuggiti da campi di concentramento, partigiani feriti e a portare sul nostro litorale aiuti, armi e munizioni per la guerra di liberazione oltre che a ufficiali di collegamento alleati per indirizzare i bombardamenti solo verso obiettivi militari salvaguardando i civili.

Un’attività utilissima che solo negli ultimi anni è stata riscoperta e trascritta storicamente. L’Amministrazione comunale e la cittadinanza di Vallecrosia, oggi, il 27 gennaio, e tutti i giorni dell’anno, intendono ricordare, perché come scriveva Primo Levi «chi ignora gli errori della storia è destinato a ripeterli».

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