La polemica

Coronavirus, Cittadinanza Attiva: «Cosa sarebbe successo se ci fosse già stato l’ospedale unico?»

L'associazione che si batte da anni per il mantenimento e il potenziamento dei presidi ospedalieri sul territorio

no ospedale unico

Imperia. «Non osiamo immaginare cosa sarebbe successo se nella provincia di Imperia non ci fossero stati più poli ospedalieri per separare e smistare le persone infette ma fossero invece stati tutti riuniti in un solo luogo». L’associazione Cittadinanza Attiva che si batte contro l’ospedale unico in favore del mantenimento dei presidi ospedalieri sul territorio torna a far sentire la propria voce in coincidenza con l’emergenza sanitaria da coronavirus.

«La carenza di strutture, personale, posti letto e di presidi medici, la cecità e ignoranza delle conoscenze di base dell’Igiene Sanitaria, ha anche “obbligato” gli amministratori a prendere l’incredibile decisione di spostare persone ancora infette nelle RSA (150 morti per coronavirus nel Pio Albergo Trivulzio di Milano, per fare un solo esempio) o di accogliere in ospedale persone già con infezioni molto avanzate perché abbandonate al domicilio nelle prime fasi.In fase pandemica si cerca di imporre ancora alla Liguria questa vecchia scelta tecnocratica: carenza di personale, di dispositivi di protezione individuale, di tamponi per pazienti e medici, di cura del paziente a domicilio.

L’attuale giunta regionale ha spalancato le porte alla sanità privata e ha tagliato dipendenti negli ospedali, ha coperto i muri di Genova con poster che ringraziavano i medici della stessa sanità pubblica mentre ha deciso di privatizzare gli ospedali del Ponente Ligure. Negli ospedali della Liguria negli ultimi quattro anni si sarebbero persi 1100 posti di lavoro, di cui 230 medici (fonte Cgil).

E’ chiaro che i luoghi della cura come sono attualmente concepiti non sono più quelli adatti: l’ospedale come luogo di concentrazione dei malati è funzionale alla politica e non viceversa, al malato. E’ evidente in questo caso come la diffusione del virus è stata favorita dalla concentrazione dei malati in ospedali e RSA (ci sono vittime del contagio anche fra il personale medico per questo.  L’ospedale serve ma non è la soluzione, la prima linea ha bisogno di retrovie robuste (medicina territoriale efficiente), la guerra non si combatte solo in trincea. Una sanità pubblica povera e centrata sul modello ‘ospedale unico’, senza una distribuzione capillare nel territorio, senza piccoli presidi ambulatoriali e ospedalieri diffusi genera i mostri che abbiamo tutti oggi sotto gli occhi». conclude la nota.

 

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