In antiquarium

Ventimiglia, il ciclo di conferenze “Il confine: limite ed opportunità” continua con Giandomenico Montinari

Il neuropsichiatra, psicoterapeuta e psicoantropologo terrà una relazione dal titolo “Confine e confini: peripezie senza fine. Considerazioni psicoantropologiche”

riviera24 -  Giandomenico Montinari

Ventimiglia. Proseguono in Antiquarium, all’area Archeologica di Nervia, in corso Genova 134, gli incontri del ciclo di conferenze, organizzato dal Polo Museale della Liguria dal titolo “Il confine: limite ed opportunità”.

Il ciclo di 14 conferenze ha avuto il riconoscimento della validità quale momento di formazione per i docenti; il Polo Museale della Liguria (secondo Polo Museale in Italia dopo l’Emilia Romagna) è stato infatti abilitato dal MIUR quale ente formatore degli insegnanti sulla piattaforma Sofia ed i docenti iscritti e frequentanti avranno quindi la possibilità di vedersi riconosciuti i crediti formativi. Ma gli incontri sono aperti a tutti, senza bisogno di accreditarsi o prenotarsi.

Giovedì 12 dicembre, alle 16, il prof. Giandomenico Montinari, neuropsichiatra, psicoterapeuta e psicoantropologo terrà una relazione dal titolo “Confine e confini: peripezie senza fine. Considerazioni psicoantropologiche”.

Lo studioso, che vive e lavora a Genova, si occupa fin dai primi anni Settanta di terapia delle psicosi e di conduzione di gruppi di lavoro alle prese con dinamiche patologiche e negli ultimi anni ha dedicato ampia parte della sua ricerca agli aspetti psicoantropologici della terapia e del rito.

Alle tematiche del confinamento dell’area sacra e quindi della creazione dello spazio rituale, il prof. Montinari ha dedicato un saggio contenuto all’interno del volume “Arredare con la memoria: frammenti medievali e spazi collettivi nel Ponente ligure” (La Mediateca, Genova 2003), a cura degli storici dell’arte Franco Boggero e Paola Traversone, una ricerca piuttosto inconsueta su una serie di edifici medievali (per lo più chiese) del Ponente ligure, visti non solo dal punto di vista storico – architettonico, ma anche come testimonianze relativamente recenti e quasi contemporanee di un’antichissima visione del sacro, concepito anzitutto come delimitazione dello spazio.

Partendo dalla constatazione del frequente riutilizzo di colonne e capitelli preesistenti, per circoscrivere aree legate al culto, quali il sagrato delle chiese, riutilizzo evidentemente non casuale ma quasi inspiegabile sul piano strettamente estetico e funzionale, fenomeno così diffuso nelle valli di Imperia, viene esplorata la possibilità che esso rappresenti una sorta di manifestazione dell’immaginario ancestrale, come un “ricordo” dell’epoca in cui fare il sacro si identificava col circondare di steli (o di pali, divenuti poi colonne) un ambito che assumeva connotazioni sacrali.

In effetti, una delle costanti che individuano la dimensione rituale è proprio quella del confinamento, del taglio, fisico prima che psichico. Il ruolo dello psicoantropologo è quello di cercare di spiegare come un “taglio” nella terra e una delimitazione spaziale inducano l’attivazione di forme di psichismo collegate con la ritualità, cioè col primo e più importante strumento di espansione della coscienza umana e di autorigenerazione spirituale dell’umanità.

Il caso di studio specifico fornirà quindi lo spunto per allargare il discorso agli aspetti più strutturali e fondanti del creare il setting per la cura, che si tratti di rito o di terapia. Dopo la lezione di giovedì 12, ci sarà una sosta per le vacanze natalizie: si riprenderà nel 2020, giovedì 9, con il medesimo orario.

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