A ruota libera

Dall’operazione Patroclo alla sospensione del trattato di Schengen: intervista al vescovo diocesano Antonio Suetta

L'analisi della situazione geo-politica da parte di chi ha vissuto in prima persona l'emergenza migranti

Sanremo. «La detenzione dei migranti in un container alla frontiera italo-francese è profondamente ingiusta sia perché si tratta di detenzione di persone che non dovrebbero essere soggette a detenzione, sia perché viene fatta con modalità e in situazioni che non sono corrette dal punto di vista del rispetto della dignità umana, dei suoi diritti e della sua libertà».

Sono le parole di condanna all’atteggiamento tenuto dalla Francia nei confronti dei migranti pronunciate dal vescovo della diocesi di Ventimiglia-Sanremo, monsignor Antonio Suetta, al termine di una lunga intervista durante la quale sua eccellenza ha commentato il risultato della recente ‘Operazione Patroclo‘ della Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura di Imperia, che ha portato all’arresto di quattro persone considerate soci occulti della cooperativa Caribu, che gestiva due centri di accoglienza straordinaria dei migranti sul territorio imperiese: a Sanremo e Vallecrosia.

«Purtroppo non è un fatto nuovo – ha esordito monsignor Suetta che, sia attraverso la Caritas diocesana che mettendo a disposizione locali della curia si è sempre speso per accogliere gli stranieri e tutelare i loro diritti, seguendo l’insegnamento di papa Francesco -. La cronaca ci ha riportato spesso situazioni di questo genere, molto incresciose per la disumanità e per una logica spietata del profitto. A me dispiace molto che questo triste fenomeno abbia segnato anche il nostro territorio».

Un fenomeno, quello esploso nell’estate del 2015, che «da una parte è legato soprattutto alla chiusura della frontiera francese», sottolinea il vescovo, che precisa: «In realtà le persone coinvolte da questo blocco alla frontiera italo-francese non coincidono con le persone che chiedono accoglienza sul territorio nazionale e che quindi entrano in altri circuiti. Noi ci siamo occupati sia dell’una che dell’altra situazione. A Ventimiglia abbiamo dato inizialmente accoglienza alle tante persone che si trovavano bloccate al confine e tutt’ora collaboriamo anche con l’attività meglio strutturata e organizzata del campo di accoglienza al Parco Roja. E poi, sull’altro versante, abbiamo aderito all’accoglienza dei richiedenti asilo inserendoci nei progetti Sprar e Cas che lo Stato, concretamente la Prefettura, organizza e coordina sul territorio». I richiedenti asilo sono così stati accolti a ‘Casa papa Francesco’, a Sanremo, e nell’edificio dell’ex seminario a Bordighera.

Un’accoglienza non facile, soprattutto per il lungo periodo di attesa che i richiedenti asilo devono sopportare prima di sapere se la loro richiesta di asilo è stata accolta oppure respinta. «Qualora l’esito della commissione che valuta ogni richiesta sia negativo  c’è ancora spazio per un ricorso, che questa volta arriva all’autorità giudiziaria: quindi i tempi sovente sono molto lunghi – spiega Suetta -. Lo stile e l’impostazione di questa accoglienza vuol far sì che questa attesa non sia un tempo vuoto, ma che venga utilizzato in vista di un percorso finalizzato all’integrazione: dall’apprendimento della lingua ai supporti di tipo giuridico, legale, psicologico e laddove è possibile anche un primo approccio di inserimento lavorativo». Una attività complessa e articolata, che porta però una doppia buona ricaduta: «In primis a vantaggio di chi è accolto – dice il vescovo – Ma dobbiamo dire che allo stesso tempo c’è un’altra ricaduta sul mondo del volontariato perché intorno a queste attività di accoglienza ruotano tante persone che danno un apporto che crea una buona sinergia sia da parte di chi lo riceve che da parte di chi lo dona. Un apporto che concorre a far scemare l’aspetto emotivo – pregiudiziale fuorviante su questa tematica, che è la paura».

Conoscersi per non avere paura l’uno dell’altro, confrontarsi sulle problematiche e tentare di risolverle. «Non è possibile dire che questo fenomeno, con i suoi numeri e con gli impegni che crea, non costituisca anche una sorta di situazione problematica talvolta anche impattante: questo è vero e non lo possiamo nascondere – dichiara monsignor Suetta – Ma questa situazione problematica per tanti aspetti molto concreti non può e non deve essere confusa con un approccio basato sulla paura, che è un approccio pregiudiziale e che impedisce l’incontro, quindi la conoscenza vera dei problemi e dunque la risoluzione degli stessi».

La Francia e le ragioni storiche della chiusura delle frontiere. Può essere che la situazione attuale sia dettata dalla paura di accogliere nuovi migranti? «La Francia, fino all’esplosione del fenomeno che noi viviamo in questi giorni, ha vissuto un’accoglienza di migranti, prevalentemente dalle sue ex colonie, piuttosto cospicua e mi pare di poter dire anche piuttosto incontrollata, non nel senso che possano essere entrate persone non adeguate, ma perché l’accoglienza è avvenuta senza che le città, i contesti francesi, avviassero e attivassero degli autentici processi di vera integrazione. E allora come vediamo nelle grandi città, mi riferisco ad esempio alle cosiddette Banlieue parigine, che cosa si è venuto a creare? Si sono creati due mondi contrapposti». Due mondi in opposizione, frutto di una convivenza scollata e distante, che alla lunga produce conflitti. Aggiunge Suetta: «Credo che questa cautela, che ora si esprime con il registro della paura e della chiusura, forse da parte della Francia possa dipendere anche da questo: da una situazione piuttosto consistente da un punto di vista numerico e dal punto di vista delle ricadute problematiche sulla società che la Francia si ritrova ad affrontare in molti punti del suo territorio».

Da una parte i respingimenti e la sospensione del trattato di Schengen, dall’altra l’elogio al capitano della nave tedesca Sea-Watch Carola Rackete. La Francia è ipocrita? «E’ un atteggiamento pubblico così clamoroso, che si pone in aperta contraddizione con altre forme di gestione della situazione che sono completamente di segno contrario – risponde il vescovo -. E qui mi riferisco non soltanto alla decisione di chiudere le frontiere e quindi di impedire il più possibile l’accesso di nuovi immigrati sul territorio francese, ma anche a fatti che sono veri soprusi, denunciati anche recentemente da diverse associazioni di volontariato, come le tattiche poco corrette per rispedire sul territorio italiano i migranti, soprattutto quando questi sono minori e per loro valgono delle normative internazionali che giustamente debbono essere nel segno dell’accoglienza, della tutela e della protezione. E mi riferisco anche a quel famoso container che ripetutamente viene denunciato, collocato sul posto della frontiera, che diventa un luogo di trattenimento dei migranti in attesa che vengano espletate le procedure. Questa mini-detenzione è profondamente ingiusta sia perché si tratta di detenzione di persone che non dovrebbero essere soggette a detenzione, sia perché viene fatta con modalità e in situazioni che non sono corrette dal punto di vista del rispetto della dignità umana dei suoi diritti e della sua libertà».

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