Educazione

Pedagogia e pedagogia clinica, ne parliamo con la dottoressa Giusi Ruotolo

Pedagogista e pedagogista clinico, è Cultore della materia presso l'Università di Genova e svolge la professione nel suo studio privato a Sanremo

Sanremo. La pedagogista e pedagogista clinico Giusi Ruotolo ci introduce nel mondo della pedagogia e della pedagogia clinica.

Chi è la pedagogista Giusi Ruotolo?

Sono pedagogista e pedagogista clinico. Ho conseguito una Laurea Magistrale in “Pedagogia, Progettazione e Ricerca Educativa” presso l’Università degli Studi di Genova, dove sono Cultore della materia per l’insegnamento di Pedagogia clinica. Le mie esperienze professionali riguardano vari ambiti nell’area educativa: asilo nido, doposcuola (in cui mi sono occupata anche di studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento e Bisogni Educativi Speciali), casa di accoglienza per madri e bambini, consultorio familiare. In tali occasioni ho instaurato relazioni di aiuto (inteso come assistenza, sostegno e prevenzione) con gli utenti di queste strutture e relazioni lavorative con gli altri professionisti che lì operavano.

Di cosa si occupano la pedagogia e la pedagogia clinica?

Inizierei con il dire che, all’interno del dibattito pedagogico contemporaneo, vi sono differenti idee di pedagogia. Alcune sottolineano l’identità teorica di questo sapere. Altre la struttura pratico-operativa di tale settore della conoscenza. Io, come dicevo, ho studiato a Genova. E qui, accademicamente, c’è una “Scuola”. La “Scuola di Genova”. Secondo le posizioni scientifiche di questa “Scuola”, che ho fatto mie poiché le condivido, la pedagogia è una scienza, ed è scienza sia teorica sia pratica. Più in particolare, la pedagogia è «la scienza generale della formazione, dell’educazione e dell’istruzione culturale dell’uomo, inteso come essere umano» (cfr. Gennari – Sola, Logica, linguaggio e metodo in pedagogia, Il Melangolo, Genova, 2016). Per “formazione” si intende la relazione che il soggetto ha con se stesso; con “educazione” non si indica semplicemente la trasmissione culturale o le buone maniere ma ogni relazione fra uno o più soggetti in cui vicendevolmente ci si educa; infine, l’espressione “istruzione culturale” richiama quella dimensione, appunto, culturale che consente di costruire conoscenze e saperi, mettendovi ordine. Ciò significa che ogni essere umano è in grado di rielaborare in modo critico i saperi che ha costruito grazie alle informazioni che gli arrivano dal mondo. L’obiettivo del pedagogista è educare il soggetto alla propria formazione, aiutandolo a vivere in armonia e equilibrio con se stesso.

Perciò l’intervento del pedagogista, contrariamente a quanto non si pensi, è rivolto a persone di ogni età: certamente bambini, ma anche adolescenti, adulti e anziani. È un’azione orientata a far sì che ogni soggetto possa darsi forma in un processo armonioso, in cui ci sia equilibrio fra l’interiorità soggettiva e il mondo esterno.

Il pedagogista apporta il proprio contributo sia in ambito privato che in quello pubblico, attraverso la consulenza pedagogica, lavorando con il singolo soggetto o sulle relazioni che nascono in spazi di vita come la famiglia, la scuola, l’extrascolastico (associazioni sportive, scuole di danza, biblioteche, musei, doposcuola), nei luoghi di lavoro, nei centri in cui si ritrovano gli anziani. Si occupa anche di problematiche legate all’istruzione come i Disturbi Specifici dell’Apprendimento, i Bes (Bisogni Educativi Speciali) o dove sono presenti diverse forme di disabilità. Ma entro queste dimensioni, il suo intervento si contestualizza all’interno dei processi di formazione e di educazione.

È un professionista preparato anche per lavorare in equipe con altri esperti. Per esempio con gli insegnanti, per supportarli quando gli studenti manifestano difficoltà che vanno oltre la didattica; con gli avvocati che si occupano di cause, civili e penali, in cui sono coinvolti minori; con medici, psicologi, assistenti sociali, logopedisti, esperti in psicomotricità, e comunque in ogni contesto in cui emerge sofferenza correlata al formativo e all’educativo: ospedali, comunità di accoglienza o di recupero, case famiglia, scuole di ogni ordine e grado, consultori.

Dato che, come già anticipato, il pedagogista sostiene il soggetto nel suo darsi forma e nel suo trasformarsi, ovvero nella crescita e nello sviluppo, ogni evento o esperienza che ostacola o interrompe tale processo è probabilmente fonte di disagio emotivo o fisico, è perciò oggetto di interesse da parte del pedagogista, in particolare del pedagogista clinico. In questi casi si parla di deformazione e di diseducazione, ovvero quando sussiste malessere formativo. Tale condizione, che può riguardare ogni uomo, è sovente caratterizzata da angoscia, paura, a volte rabbia verso se stessi e gli altri; un disorientamento profondo presumibilmente accompagnato da una sensazione di impotenza. Una fragilità che rende impensabile progettare il proprio futuro. Sicché, è facile che il soggetto smetta di avere cura di sé e perda l’equilibrio di cui prima si è parlato. Causa e conseguenza di questo stato possono essere problemi di diversa tipologia: disturbi dell’apprendimento, dell’alimentazione, la depressione, la dipendenza da sostanze tossiche, le malattie della pelle, l’uso incontrollato dei social network, il bullismo, l’abbandono scolastico, e via dicendo. Ma ugualmente ogni evento o esperienza, anche del passato, che ha contribuito alla creazione di un disagio, perché ogni essere umano è il risultato della propria storia formativa (ipotizzo un divorzio o un fallimento economico o professionale). Certamente è pensabile affrontare con interventi differenti ogni disturbo o patologia, ma i disagi sono in stretta relazione con la formazione e l’educazione dell’uomo, ed è qui che la pedagogia clinica ha facoltà di intervenire. Il Pedagogista clinico educa il soggetto affinché egli “abbia cura” o ritorni ad “aver cura” di se stesso e della sua formazione; non interviene sulla malattia o sul disturbo perché non è un medico, non è uno psicologo e neppure può dirsi un terapista. Il soggetto non è, per il Pedagogista clinico, un paziente e non viene trattato come tale. Non vengono utilizzati test o strumenti diagnostici provenienti da altre scienze. Gli incontri che esperisce non sono, ovviamente, sedute di psico-terapia. L’intervento pedagogico-clinico si fonda su un dialogo alla cui base si pone una relazione educativa fra il pedagogista e il soggetto. Il fine è, come detto, far sì che quest’ultimo ritrovi armonia ed equilibrio, riattivando potenzialità e risorse probabilmente messe da parte.

Le definizioni e i concetti che ho riportato sono posti in chiaro in diversi libri. In particolare nel Trattato di Pedagogia Generale di Mario Gennari, del 2006 edito da Bompiani, e in Introduzione alla Pedagogia Clinica di Giancarla Sola, stampato da Il Melangolo nel 2008. Gli autori appena citati fanno parte, insieme ad Anna Kaiser e a Paolo Levrero, della “Scuola di Genova”.

Quali servizi offre il suo studio di consulenza?

Le consulenze dello studio sono appunto rivolte a coloro i quali soffrono per una condizione di deformazione e diseducazione. Inoltre, si organizzano incontri per il sostegno a genitori o familiari, che si trovano in situazioni di difficoltà, di varia natura, con i propri figli o nipoti. Ho avuto modo di verificare, grazie al mio lavoro, che spesso i genitori di oggi si sentono soli, con i loro dilemmi educativi e non conoscono vie da percorrere per affrontarli. Se considero la quotidianità, riscontro sovente ostacoli nel far svolgere i compiti a casa ai propri figli, oppure nel regolare l’uso del cellulare, del computer, della televisione; ma rilevo anche relazioni purtroppo burrascose fra bambini – o fra genitori – e insegnati, oppure fra bambini e compagni di classe. Faccio riferimento agli episodi di bullismo, ai dubbi legati all’adolescenza (per esempio, quanta fiducia e autonomia concedere ai ragazzi), all’approccio alla sessualità, agli sforzi per riuscire a mantenere un dialogo anche quando i figli non sono più bambini. Perfino il legame con i propri genitori e i propri suoceri a volte assume connotazioni spiacevoli. In aggiunta, sono convinta che aiutare i genitori, educare al significato delle relazioni e sostenere il nucleo famigliare nel percorso per ristabilire un clima sereno, spesso sia utile per favorire indirettamente una soluzione positiva alle patologie a cui prima si è accennato.

La consulenza pedagogica che svolgo analizza ogni singola situazione al fine di risolvere i problemi pratici, reali, che affliggono il soggetto, attraverso la messa in atto di strategie individuate sulla base dei bisogni educativi e formativi espressi durante la consulenza. Lavoro anche in un’ottica di prevenzione perché con pochi incontri si possono affrontare questioni che, se sottovalutate o ignorate, avranno forse modo di sfociare successivamente in qualcosa di più serio e grave.

La dottoressa Giusi Ruotolo riceve presso il suo studio di consulenza pedagogica e pedagogico-clinica a Sanremo, in via Roma 176.

Cell. 351 88 99 327
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