Stampa al museo

Ventimiglia, sala gremita per l’assessore Ilaria Cavo in veste di cronista. “Ecco perchè ho ‘scelto’ la nera”

Dall'omicidio di Lidia Macchi ai colloqui in cella con Donato Bilancia. Intervistata dalla collega Alessandra Pieracci, la Cavo si racconta

Ventimiglia. “Donato Bilancia uccideva una persona ogni due giorni, un ritmo che nessuno aveva mai eguagliato. Ho poi scoperto che in carcere vedeva la mia trasmissione a Primocanale e ha iniziato a scrivermi delle lettere. Un carteggio che ho tenuto nascosto finché non sono arrivata a Porta a Porta. E’ qui che mi è stata data l’autorizzazione per intervistarlo in carcere. Prima dell’intervista, però, ci sono stati sei colloqui. Ero giovanissima e lui aveva chiesto di potermi incontrare come sua conoscente. Gli incontri si sono tenuti in una stanzetta due metri per due. Quando mi sono sentita chiudere la porta della cella dietro le spalle a doppio mandato, ho capito che avevo corso un grosso rischio, forse per incoscienza, forse perché questo è il mio mestiere”. Lo ha detto ieri pomeriggio, in una sala matrimoni del Forte dell’Annunziata gremita, la giornalista Ilaria Cavo, primo ospite della rassegna “La Stampa al Museo”, giunta alla sua terza edizione a cura di Miriana Rebaudo.

Prima di recarsi all’inaugurazione di Casa Sanremo, ospite insieme alla giunta regionale nelle vesti di assessore alla Cultura, Ilaria Cavo ha raccontato il suo percorso lavorativo, definito dalla collega Alessandra Pieracci: “Uno dei più chiari esempi di affermazione professionale per merito. Grazie a grinta e determinazione, Ilaria si è specializzata in cronaca nera, che non è soltanto un sapersi approcciare alle fonti e trovare notizie, ma è anche giornalismo investigativo”.

Attualmente in aspettativa da Mediaset per il suo incarico amministrativo, Ilaria Cavo ha lavorato dal 2006 come inviata e opinionista alle trasmissioni: Quarto Grado, Matrix, Mattino 5. Dal 2001 al 2006 ha collaborato, sempre come inviata, alla trasmissione di Rai Uno Porta a Porta. Ma la sua carriera è iniziata nel 1998, quando giovanissima ha ricoperto il ruolo di direttore responsabile dell’emittente regionale ligure Primocanale.

“La cronaca nera non è stata la mia scelta”, ha esordito la giornalista, “Io ero appassionata al mestiere di giornalista a 360 gradi. Infatti all’inizio mi occupavo di tutto e a Primocanale intervistavo anche i politici. Quando, mentre seguivo il G8, Bruno Vespa mi ha cercato, aveva bisogno di un’inviata per coprire il nord Italia. Questo voleva dire essere pronta a partire per qualsiasi cosa accadesse a nord. Siccome la politica è molto a Roma, mentre di cronaca nera ce n’è stata molta a nord, alla fine mi sono specializzata in quest’ultima”.

Tra i primi casi trattati, quello di Erika e Omar, i due fidanzatini di Novi Ligure che il 21 febbraio 2001 uccisero madre e fratellino di Erika. Poi il delitto di Cogne, il 30 gennaio 2002, quando in una villetta di Montroz, frazione di Cogne in Valle d’Aosta, morì Samuele Lorenzi: un bimbo di 3 anni.

Nel suo incontro al Forte, però, la giornalista ha voluto parlare anche di “casi” meno famosi, come l’omicidio di Lidia Macchi, la ragazza trovata morta nel gennaio del 1987 in un bosco nei pressi di Cittiglio, a poca distanza dal Lago Maggiore. “Quello di Lidia era un caso pacificamente considerato irrisolto”, ha spiegato la Cavo, “Che trovò poi una soluzione e portò alla condanna dell’omicida a seguito di un’inchiesta giornalistica che feci per Quarto Grado”. Grazie a una intervista in carcere al “killer delle mani mozzate” Giuseppe Piccolomo, in Procura vennero aperti due nuovi fascicoli che portarono alla risoluzione del caso Macchi e alla condanna dello stesso Piccolomo, in carcere per l’omicidio di Carla Molinari, 82 anni, per l’omicidio della prima moglie Marisa Maldera, che morì carbonizzata all’interno dell’auto del marito in quello che inizialmente sembrava essere un incidente.

E ancora, il caso di Federica Mangiapelo, la sedicenne annegata nel lago di Bracciano per mano del suo fidanzato il 31 ottobre 2012. Inizialmente gli inquirenti avevano scambiato l’assassinio della giovane per una morte naturale, dovuta alla miocardite. Una versione a cui la madre di Federica non aveva mai creduto, così come non credeva Ilaria Cavo. Alla fine, il fidanzato della ragazzina è stato condannato.

Nell’incontro con la giornalista, non poteva mancare un passaggio dedicato a Donato Bilancia, serial killer che commise 17 omicidi tra il 1997 e il 1998 in Liguria e nel basso Piemonte. “Trovarsi davanti a Bilancia è una frustrazione perché ti rendi conto che il male esiste”, ha detto Ilaria Cavo, “Di fronte a una persona così non puoi che capire che il male esiste, che il male è banale. Perché Bilancia non è altro che la persona che uccide senza uno scopo, una finalità. Più raccontava i delitti, più mi rendevo conto che aveva ucciso perché così si sentiva qualcuno. Dopo il primo delitto, l’unico commesso per vendetta, lui rompe un tabù: si legge sui giornali e capisce di essere finalmente qualcuno,  quando per tutta la vita non era mai stato nessuno. Bilancia era un impotente, un ladro e un biscazziere. Suo fratello si era ucciso con il nipotino, gettandosi sotto un treno. Nella vita, lui non aveva mai combinato nulla”.

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