La requisitoria

Imperia, bancarotta fraudolenta della Coffee Time: pm chiede condanna a 4 anni e 3 mesi per Giovanni Ingrasciotta

L'avvocato ha chiesto invece l'assoluzione con formula piena

Giovanni Ingrasciotta

Imperia. Al termine di una lunga requisitoria, nella quale davanti al giudice collegiale è stata ricostruita la vicenda che vede sul banco degli imputati Giovanni Ingrasciotta, ex amministratore unico della Coffee Time, accusato di bancarotta fraudolenta, il pubblico ministero Antonella Politi ha chiesto una condanna a 4 anni e 3 mesi di reclusione. L’avvocato Giulio Bettazzi, legale di Ingrasciotta, ha invece chiesto l’assoluzione con formula piena per il suo assistito, asserendo che non si possa nemmeno accusare di bancarotta fraudolenta in quanto non ci sarebbe stato alcun danno per i creditori della Coffee Time e che se c’è stato il fallimento dell’azienda, che si occupava della distribuzione di macchinette di caffè e bevande, questo è stato causato dal sequestro attuato alla Coffee Time dalla Guardia di Finanza a seguito di indagini iniziate nel 2009.
L’ipotesi accusatoria, invece, è che l’imputato abbia sottratto denaro alla società per acquistare beni di lusso, tra i quali automobili: nella scorsa udienza, però, lo stesso Ingrasciotta aveva dichiarato di essersi semplicemente assegnato, su consiglio del proprio commercialista, la quota dello stipendio da 24mila euro che gli spettava in quanto consigliere della società.

Sempre per la gestione della Coffee Time, Giovanni Ingrasciotta aveva subito un altro processo nel quale aveva ottenuto l’assoluzione: in quel caso era accusato di aver violato le disposizioni antimafia per poter partecipare ad appalti pubblici. Nell’agosto del 2010, infatti, l’imprenditore si era aggiudicato l’appalto per la fornitura e la gestione dei distributori automatici di bevande per l’ASL 1 imperiese ma, visti i precedenti e le presunte frequentazioni con malavitosi, la Dia di Genova aveva disposto provvedimenti interdirtivi nei confronti di Ingrasciotta. Per questo motivo l’uomo avrebbe ceduto le quote della società alla figlia e poi ad un ex dipendente, Roberto Milone, per evitare che il suo nome restasse legato alla Coffee Time.

Il processo è stato aggiornato al prossimo 15 maggio.

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