Il report

Attivismo politico in Liguria: peggio di noi solo Sicilia e Campania

In 10 anni diminuito il numero dei cittadini liguri che si informano di politica e seguono i dibattiti. Picchianti: "I partiti di oggi non sono più credibili"

parlamento italiano

Liguria. Sono sempre di meno le persone che si interessano alla politica nella nostra regione: in un decennio siamo peggiorati in tutte le declinazioni dell’attivismo politico. E’ questo il quadro che emerge da un’indagine dell'”Ufficio Studi Coop” sui dati ISTAT relativi all’attivismo politico in Italia e che riporta anche un altro dato preoccupante riguardante la scena politica del nostro Paese: solo un italiano su 10 sceglie di dedicare il proprio tempo all’impegno politico.

Non si tratta solamente di partecipare a cortei e comizi politici oppure di supportare, attraverso donazioni o svolgendo attività gratuita, i partiti politici. Tra le voci prese in considerazione dalla recente indagine, infatti, ci sono anche l’interesse a informarsi e discutere quotidianamente di politica, o ad ascoltare i dibattiti riguardanti la cosa pubblica.

Nel 2016 la Liguria è stata tra le regioni che meno si sono interessate ai dibattiti politici: solo il 15,4 % degli intervistati ha dichiarato di ascoltarli quotidianamente. Peggio di noi hanno fatto solamente Sicilia (14,9%) e Campania (14,3%).

Secondo l’indagine, i liguri sono anche tra i meno interessati ai comizi politici: solo il 2,3%, infatti, ha dichiarato di partecipare attivamente a comizi di qualsiasi colore politico.

Numeri sotto la media nazionale anche per quanto riguarda la presenza attiva a cortei e manifestazioni, con percentuali che si attestano intorno al 4%.

La politica, però, manca soprattutto dagli argomenti più discussi dai cittadini liguri: solamente l’8,4% di loro parla di politica tutti i giorni.

E’ questo, forse, il dato più allarmante che emerge dai dati Istat del 2016 raccolti nell’indagine recentemente pubblicata sul portale “Italiani.coop” e ripresa anche da alcuni quotidiani nazionali. In soli dieci anni, infatti, siamo passati dalla prima posizione in classifica, con l’11,8% dei cittadini liguri che sceglievano la politica come argomento di cui discutere quotidianamente, fino al 13° posto, con una perdita di ben 3,4 punti percentuali.

Come ha spiegato Giorgio Caniglia, per molti anni attivista politico sul nostro territorio e più volte in prima linea a fianco del Coordinamento Imperiese per l’Acqua Pubblica (CIMAP) e referente locale dell’associazione Attac Italia:

“Il motivo principale per cui i cittadini, non solo della Liguria, ma più in generale dell’Italia, sono meno interessati e meno attivi è perché vedono la difficoltà di cambiare le cose attraverso la normale attività politica. I cittadini vedono l’inutilità di partecipare alla cosa pubblica in maniera attiva, sia perché mancano gli strumenti di partecipazione sia perchè la politica è vista come molto distante da loro”.

“Dall’altra parte – ha inoltre aggiunto Caniglia – siamo in una situazione dove, anche nella piccola realtà, si vedono le conseguenze della globalizzazione e della politica nazionale. Quando un governo dice che non ci sono i soldi, che non ci sono le risorse, o che abbiamo enormi debiti da risanare, fa pesare sul singolo cittadino delle cose che non sono delle sue colpe, ma sono delle scelte prese lontano da lui. Per questo motivo, non c’è più la passione ad essere attivi: l’attivismo, ormai, conta poco“.

“Anche l’offerta politica, probabilmente, non è ritenuta interessante poiché gli stessi partiti, in fondo, non hanno capacità di decidere le cose per bene, ed ecco che quindi il cittadino non vota e non partecipa neppure in quelle regioni dove l’attivismo politico era più sentito”.

Caniglia ha anche precisato che la soluzione a questo dilagante disinteresse nei confronti della politica non può che venire dal basso e, in particolare, dai giovani:

“Quelli della mia generazione a loro tempo ci hanno provato a cambiare le cose, riuscendoci anche in parte se si guarda quello che è successo nel 68′ e durante gli anni 70′. Quello che, invece, succede adesso è che i giovani neanche ci provano. Posso capirli nella delusione, ma se si continua così, alla fine non si cambia niente“.

Di diverso parere è, invece, Giuseppe Picchianti, classe 1991 e da più di 10 anni impegnato nell’attività politica della nostra provincia, il quale non ci sta nel dare la colpa alle nuove generazioni e vede nei partiti politici attuali la principale causa del dilagante disinteresse verso la cosa pubblica.

“La Liguria per anni è stata governata sia a destra che a sinistra non sempre portando avanti quelle che devono essere le scelte politiche che concorrono al bene collettivo e al bene di una comunità come la nostra. I cittadini liguri, infatti, hanno vissuto sulla propria pelle quali le conseguenze negative della politica su un settore, come quello della sanità, per cui oggi è più conveniente chiedere una visita intra moenia piuttosto che andare in ospedale dove si aspettano anche tra i 6 e i 7 mesi per una visita. Lo stesso vale anche per le infrastrutture e i trasporti. Se pensiamo che per arrivare da Ventimiglia ad Imperia in treno ci si impiegano più di 40 minuti pagando quasi 10 euro tra andata e ritorno, si capisce che non è questo il modo di incentivare l’utilizzo collettivo dei mezzi di trasporto né di fare politica”.

“Ogni scelta che viene fatta ha i suoi responsabili. Quello che io imputo ai cittadini è che, molto spesso, si fa un’accusa generica verso tutta la politica, sebbene ogni scelta politica sia effettuata da una maggioranza o da un gruppo partitico. Sotto questo punto di vista ritengo che i cittadini dovrebbero essere molto più attenti e non interessarsi di politica solo nel periodo pre-elettorale“.

“Una delle patologie che devono essere risolte per prime – ha aggiunto Picchianti – è sicuramente il rinnovamento all’interno dei partiti: i giovani devono entrare di più nella politica. Per questo devono essere proprio gli organismi dirigenziali dei partiti ad aprirsi e sostenere idee innovative e volti nuovi, anche a costo di lasciare la possibilità ai giovani di sbagliare, perché, in fondo, è anche attraverso gli sbagli che si cresce in positivo”.

“La risposta che i partiti devono dare ai cittadini è che, anche a costo di perdere le elezioni, la politica deve essere prima di tutto credibile. Ed è proprio questo il punto: i partiti di oggi non sono più credibili”.

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