All’ombra di un pino, sul Bausu a Cervo

30 novembre 2017 | 06:41
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All’ombra di un pino, sul Bausu a Cervo

In mezzo a quella terra argillosa e bruciata dal sole appariva quella pianta solitaria dalla chioma larga e piena di rami

Cervo. Un grande pino d’aleppo era nato nel 1952 e cresceva in mezzo al Bausu. Sotto la sua ombra viveva una comunità. Nel cuore del Borgo di Cervo sorgeva proprio un grande albero sempreverde. Nonostante il terreno arido e quasi desertico, questa pianta si era sviluppata rigogliosa di aghi e pigne, nonché di profumata resina.

L’albero si vedeva da tutte le vie che da piazza Santa Caterina convergevano, come un fiume a delta, sulla piazza del Bausu. Arrivati sulla sommità della Madonnetta era un punto di riferimento preciso e, per chi arrivava per la prima volta a Cervo sulla piazza dei Corallini, era un’immagine a dir poco miracolosa e stupefacente, su quella piazza irta di picchi di mare, interrotta da due strisce di cemento, per poter meglio camminare a bordo piazza, per salire poi la scalinata della parrocchiale barocca di San Giovanni.

In mezzo a quella terra argillosa e bruciata dal sole appariva quella pianta solitaria dalla chioma larga e piena di rami. L’albero era verde e fresco, gli aghi si agitavano leggermente anche se non c’era vento di tramontana. Sì, era un umile pino che non produceva frutti commestibili o profumati romantici fiori, ma aveva la sua dignità e anche un valore sacrale: l’opinione popolare lo riteneva capace di dare figli a chi non riusciva ad averne.

I turisti si chiedevano: “Da dove viene quell’albero in mezzo a quel paesaggio asciutto come i volti della sua gente aborigena? Perché è nato proprio in quel punto? E come mai ce n’è uno solo?”. Bisognava proseguire per qualche chilometro prima di incontrarne un altro. Forse era il fratello perdutosi come Pollicino di tutti quei pini che disegnavano e coloravano di verde intenso il parco del Ciapà o della pineta della Chicchella.

Chissà, forse un tempo cresceva fianco a fianco a loro, forse formavano una unica famiglia. Chissà? Sta di fatto che lui sorgeva lì sul Bausu e la gente ha fatto di tutto per salvarlo, sapendo quanto era importante. Non era solo una questione di bisogno di quell’ombra fitta e fresca o del mito. Sotto il pino si sviluppava una sorta di agorà paesano aperto a tutte le età e le generazioni senza alcuna distinzione di rango o di lignaggio.

La mattina lo spazio sotto i rami diventava un’aula, un parlamento, uno scambio di notizie e qualche pettegolezzo,quasi un quotidiano o gazzettino locale. Lì poi, nel primo ‘900, si riunivano tutti i bambini del paese. Il maestro o la maestra attaccavano al tronco un foglio di carta con l’alfabeto e indicavano le lettere con la canna. I bambini guardavano e ripetevano. Dovevano imparare tutto a memoria, perché non avevano libri, penne o quaderni.
Nel mezzogiorno estivo il caldo diventava insopportabile e tutti venivano a ripararsi sotto il fogliame: vecchi, bambini e anche gatti, cani e qualche uccellino di passaggio.

Nel pomeriggio sotto l’albero si riunivano gli anziani per parlare dei problemi del borgo. Si litigava anche, ma chi era presente, salomonicamente, cercava di tranquillizzarli. A volte le discussioni duravano fino a tardi. Quando scendeva la sera sotto l’albero si radunavano le nonne, i vecchi e i bambini e si narravano e si ascoltavano storie di fantasmi che vagavano per il paese e nel vicino Oratorio di Santa Caterina. La poca acqua della vicina fontanella dissetava tutti a turno bevendo a garganella. Se le storie facevano paura, i piccoli si stringevano più vicini alle madri.

Poi si faceva tardi, tutti se ne ritornavano a casa. Scendeva la notte, che apparteneva agli spiriti scherzosi e birichini.
Si diceva che le streghe si radunavano tra i rami, nascoste dalla vegetazione degli aghi densi e pungenti come loro. Meglio non disturbarle, meglio venir via a certe ore da sotto l’albero. Lo spazio sotto il pino restava vuoto fino all’alba. Poi ricominciava un’altra giornata.

Purtroppo, un giorno quell’albero resinoso, tronco diritto, spesso contorto, corona irregolare, rada e di forma piramidale aperta o globoso espansa; corteccia liscia grigio cenerina da giovane poi bruno rossastra, fessurata e screpolata profondamente, fu trovato coricato come assopito tipo a Bella Addormentata nel bosco. Era caduto per mano di Barabin, un forte temporale nell’autunno dell’80.

Tutta la popolazione tentò di risvegliarlo, ma lui preferì il sonno eterno dei giusti e ciò per suo desiderio venne rispettato. Fu così che venne rimosso con cura e cerimonia, lasciando però un vuoto su quella piazza materiale e sentimentale, sotto e all’ombra virtuale, di un pino particolare, sul Bausu