“Amici, la situazione é brutta, ma noi stiamo bene”, la testimonianza di Stefano: un imperiese a Città del Messico devastata dal sisma

“Il quartiere più colpito è stato quello chiamato Roma dove è crollata anche una scuola con i bambini dentro. Fortunatamente nella mia zona sono caduti solo un po’ di calcinacci”
Città del Messico. C’è anche un imperiese nella devastazione del terremoto che ieri ha colpito la capitale messicana. E’ il 42enne Stefano Milano, di professione video maker, da ormai 10 anni nella nazione centroamericana insieme alla figlia e alla compagna. Il sisma, di magnitudo 7,1 della scala Richter, si è verificato a 12 chilometri sudest di Axochiapan, a quasi 160 chilometri da Città del Messico. Dodici giorni prima un terremoto di magnitudo 8.2 aveva devastata il Messico e proprio ieri era l’anniversario del sisma del 1985 a causa del quale morirono più seimila persone. Oggi i morti accertati sono (ma i numeri sembra che purtroppo cresceranno) circa 250, dei quali quasi 120 nella sola Citta del Messico.
“Il quartiere più colpito è stato quello chiamato Roma – ha spiegato Stefano ai genitori non appena le linee telefoniche sono state ripristinate – dove è crollata anche una scuola con i bambini dentro. Fortunatamente nel mio quartiere sono caduti solo un po’ di calcinacci ma niente più”.
“Amici, la situazione é brutta, ma noi stiamo bene. Amigos, estamos bien”, ha scritto ieri Milano sulla suo profilo Facebook non appena ha potuto, come spesso si fa ultimamente, in caso di disastro o attentato, per rassicurare i conoscenti.
Ma, come è comprensibile, l’imperiese non è rimasto impassibile a quanto successo: “Ho avuto subito tanta paura, la botta è stata fortissima e mi sono preoccupato immediatamente per mia figlia che era a scuola – dice un padre ancora atterrito per quanto accaduto – sono andata a prenderla immediatamente. In quell’edificio non è successo nulla, solo un pezzo di cartongesso caduto. Mia figlia però mi ha raccontata di essere stata letteralmente sbalzata in aria dalla sedia, a causa della violenza della scossa”.
“Ieri sono uscito a dare una mano e mi sono ritrovato in mezzo a un mare di gente solidale e pronta a darlo tutto per aiutare chi ne avesse bisogno – spiega Stefano – Catene umane di centinaia di metri che si passavano secchi pieni di calcinacci. Persone che distribuivano acqua e viveri, altri che mettevano a disposizione pick up o ruspe. Altri si sono prodigati aiutando a dirigere il traffico (molti quartieri sono rimasti senza luce, quindi senza semafori), altri pportando pale, pile e medicine. Impressionante la solidarietá di un popolo, fatto di messicani e stranieri come me, a fare fronte a una tragedia come questa. E’ stata ottima anche la risposta delle autoritá, tante cose sono cambiate in meglio dal 1985. Purtroppo c’é ancora tanta gente sotto le macerie, tra poco usciró di nuovo a offrire il mio auto. Ci vorranno settimane prima che la situazione torni alla normalitá, purtroppo il lutto per gli scomparsi durerá molto di piú.