La nostra storia

Il picaresco scoglio del Coltello a Cervo

Pare un acrobata da circo, in equilibrio precario su questo mondo che corre, e pare ancorato in questo porto franco sotto la macaia

scoglio cervo

Cervo. Anche questa mattina la scogliera del Coltello è al suo posto, dirimpettaia della torre di Sant’Antonio o del Capo. Il suo solito cipiglio con sguardo tagliente di guardia diurna e notturna. Ha appena spento il lume della notte che i Cervesi chiamano “fraschè”, posandolo a dormire sereno di fianco alla luna, con il capo chino e reclinato verso l’orizzonte, nel rimmel roseo d’alba.
Il mare sotto il soffio di Eolo ha fatto molto fracasso, come Zeus a bussare alla porta, quasi ad annunciare un naufragio.

Lui, lo scoglio del Coltello, da sempre è lì, è a casa sua, impossibile non notarlo.
Ha un aspetto picaresco avvolto nella spuma, quasi un cimiero, che lo rende cavaliere da torneo leggendario. Non erra come i piroscafi a vela quadra, non issa bandiere o labari, ma ha uno sguardo teso oltre una manciata di miglia. Le stelle della via lattea di Fetonte, sono la sua traccia un passo più in là, tra un riparo di pini, agavi, e bacicci, nel cuneo smeraldo boschereccio, che lo separa dalla strada ferrata e quella storica d’asfalto. Il caldo e il freddo lasciano il tempo che trovano e lui, con la sua lama affilata, traccia rotte, e intrepido capitano di lungo corso, tira sempre avanti.

Pare un acrobata da circo, in equilibrio precario su questo mondo che corre, e pare ancorato in questo porto franco sotto la macaia, accarezzato dalle suggestive musiche felliniane di Nino Rota.
In questa favolistica vicenda, su questo mitico palcoscenico, pare calare il suo sipario, per poi risorgere svelato a riflettersi sulla prima onda o sulla bonaccia, raggiungendo l’aura dell’orchestrazione quotidiana

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