Apricale, la dimora del boia e il fantasma della contessa: nel paese che vive tra leggenda e realtà

22 aprile 2017 | 14:34
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Apricale, la dimora del boia e il fantasma della contessa: nel paese che vive tra leggenda e realtà
Apricale, la dimora del boia e il fantasma della contessa: nel paese che vive tra leggenda e realtà
Apricale, la dimora del boia e il fantasma della contessa: nel paese che vive tra leggenda e realtà
Apricale, la dimora del boia e il fantasma della contessa: nel paese che vive tra leggenda e realtà

Viaggio tra i misteri del borgo della val Nervia: dalla torre in cui viveva il boia al Castello della Lucertola

Apricale. Inizia in una notte tiepida del giugno del 1238 il racconto de “Il boia di Apricale” scritto da Claudio Nobbio e Claudio Restelli, autori di un libro edito dai Fratelli Frilli. 
Un racconto, l’unico, in cui viene narrata la vita del boia dal punto di vista di chi, per nascita, è costretto ad intraprendere il mestiere di uccidere. Una storia che in paese, ad Apricale, conoscono molto bene perché da secoli viene tramandata di padre in figlio tanto che basta domandare, ad un qualsiasi abitante dove si trovi la casa del boia che subito si ha la risposta: “E’ quella torre là, ci si arriva da quella discesa”. 
Una leggenda? Anche, ma non solo. Il racconto di Nobbio e Restelli, come dichiarato anche dagli autori, è un misto tra storia e leggenda. Ma che ci fosse un boia, ad Apricale, è attestato da antichi documenti: gli Statuti comunali del 1267, i più antichi della Liguria, che regolarizzavano la vita degli abitanti del borgo dettando norme ben precise.

E poi c’è quella casa-torre, sulla quale ora si arrampica l’edera: una costruzione in pietra, lontana dalla piazza principale del borgo, nella zona a ubagu (in ombra) del paese. E’ la casa del boia.
 Rimasta chiusa per centinaia di anni e solo recentemente restaurata, la casa-torre era la dimora destinata al boia che aveva il compito di eseguire le condanne comminate dal giudice supremo. 
Condanne a morte per impiccagione o decapitazione: erano queste le pene per chi commetteva un omicidio. Lo si apprende proprio dagli Statuti di Apricale.
 Nella casa del boia, che si ergeva ai margini del paese così come la morte che esso rappresentava (in un certo qual senso) è ai margini della vita c’erano le celle dove venivano tenuti i prigionieri in attesa dell’esecuzione e dove, in molti casi, uomini e donne venivano sottoposti a crudeli torture che avevano lo scopo di farli confessare.

Quella torre di pietra, dalla quale venivano esposte per un giorno le teste dei giustiziati, è diventata ritrovo dei giochi dei bambini che, in passato, vi cercavano fantasmi e spiriti. Così come si è cercata anche la presenza dello spirito della contessa Cristina Anna Bellomo, donna bellissima vissuta ad Apricale nei primi del Novecento e morta di morte violenta. Anche la sua storia è un misto di leggenda e realtà: il suo fantasma sarebbe ancora presente nel “Castello della Lucertola”, l’antica fortificazione dove la contessa visse e che oggi è un museo e un centro culturale.

A cercare gli spiriti non sono soltanto i bambini: qualche anno fa, la “Paranormal Investigation Taggia” aveva effettuato un sopralluogo all’interno della casa del boia e del Castello della Lucertola in cerca di presenze, utilizzando per l’occasione sofisticate telecamere a infrarossi, laser, registratori audio specifici per l’infrasuono e rilevatori di campi elettromagnetici. Durante l’esperimento parascientifico compiuto nella casa del boia, il rilevatore di campi elettromagnetici sarebbe “impazzito” senza alcuna spiegazione, mentre ad uno dei presenti si sarebbe fermato l’orologio e avrebbe accusato un freddo intenso al braccio e al petto.

Insomma, quando si tratta di paranormale e si ha a che fare con i fantasmi, provarne l’esistenza non è mai semplice e di certezza è difficile parlare. Fatto sta, però, che ad Apricale realtà e leggenda si mescolano da secoli e che a caccia di spettri i bambini (e i grandi) continuino ad andare.