Tribunale

Sostanze radioattive non tracciate uscite dall’ospedale di Imperia, dirigente Asl sotto processo

Per il legale "è stato commesso un errore giudiziario"

Ospedale Imperia

Imperia. La storia risale al 2015 quando i tecnici dell’Arpal scoprirono un contenitore sospetto finito nel deposito di un’azienda di Arenzano specializzata nello smaltimento di rifiuti speciali. Quel contenitore secondo l’Arpal conteneva materiale radioattivo che, seppur non nocivo per l’ambiente, non era stato conferito correttamente dall’ospedale di Imperia.

Sotto processo è finito il dottor Franco Revelli, ausiliario della direzione generale dell’Asl 1 Imperiese nonché responsabile della gestione dei rifiuti.

Oggi in aula è stata ascoltata la coordinatrice Rosanna Binaggia, del reparto medicina donne che ha spiegato le procedure di smaltimento dei rifiuti seguendo il protocollo concordato e quindi registrato sul diario infermieristico. Quindi il direttore ospedaliero Gian Paolo Pagliari, entrato nel 1995 in servizio all’Asl. “Da anni abbiamo individuato il dottor Revelli come la figura che ha il compito di seguire le pratiche sulla gestione dei rifiuti e quindi di vigilare sulla gestione nei reparti. Diversi sono gli incontri fissati con il personale anche perché la normativa è suscettibile di cambiamenti. Le linee guida sono state aggiornate dal dottor Revelli”.

Pagliari ha anche spiegato come è strutturato l’organigramma sempre nella gestione dei rifiuti. “C’è un coordinatore e poi i responsabili per il conferimento. In questa catena Revelli si occupa della distribuzione delle informative. Non è responsabile della produzione del rifiuto, ma semmai i primari e quindi a cascata gli infermieri”. In provincia ci sono una trentina di punti di raccolta dei rifiuti prodotti con sostanze “contaminate”.

Per l’avvocato Emilio Varaldo, “si tratta di un errore giudiziario perché in realtà, se illecito vi è stato, i responsabili dovevano essere altre persone che non sono state citate”.

La storia dibattuta in aula è questa: i tecnici dell’Arpal, nel corso delle loro ispezioni, avevano individuato un biobox proveniente dall’ospedale di Imperia. Era sigillato. Avevano provveduto a fare un attento screening del suo contenuto scoprendo che non vi era contenuto un rifiuto sanitario pericoloso infettivo, ma sostanze radioattive provenienti da pannolini e garze di un paziente che in due circostanze diverse era stato sottoposto a due esami specialistici presso la medicina nucleare dell’ospedale Santa Corona di Pietra Ligure.

Secondo l’accusa le procedure di smaltimento seguite per la gestione di quel contenitore non avrebbero rispettato le indicazioni disposte dal dottor Revelli, ma come sostiene il legale “forse l’errore è stato commesso da altre persone in una catena inferiore rispetto alla gerarchia sanitaria dell’Asl 1″.

La scorsa udienza in aula erano stati ascoltati un ispettore dell’Arpal che aveva scoperto il “biobox” che non era stato tracciato correttamente e una funzionaria dell’Asl che ha spiegato le procedure di conferimento dei contenitori all’ospedale di Imperia. Il processo è stato aggiornato per la discussione al 5 maggio.

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