Incontro di maggioranza e opposizione a Ventimiglia, Iachino: “Una dimensione civica potrebbe giovare a rilancio”

“Superato il giro di boa della metà consiliatura ci sembrava giusto tracciare un bilancio e soprattutto farlo in un confronto diretto con i cittadini”
Ventimiglia. Il testo che segue è l’intervento di Carlo Iachino all’incontro pubblico di consiglieri d’opposizione e Giunta tenutosi sabato scorso presso la sala del Consiglio Comunale di Ventimiglia:
“Superato il giro di boa della metà consiliatura ci sembrava giusto tracciare un bilancio e soprattutto farlo in un confronto diretto con i cittadini. Come già in passato in iniziative analoghe non posso oggi che ribadire la natura eterogenea dell’opposizione: apparteniamo a gruppi diversi e dunque non stupitevi se sentirete dire cose diverse, ma per contro ci sembrava giusto presentarci insieme nel quadro di quel ruolo istituzionale tipico delle forze di minoranza, che è il controllo unito alla critica, per quanto necessariamente costruttiva e animata da senso di responsabilità verso il bene comune.
Personalmente non starò a soffermarmi su singoli episodi ma a tracciare un quadro d’insieme. E questo quadro ci dice che ancora una volta Ventimiglia sembra schiacciata dall’immanenza dell’ordinaria amministrazione e cioè dalla mancanza di una visione di lungo periodo che punti ad una radicale trasformazione della città, al fine di attrarre non solo nuovi avventori, al di là del mercato del venerdì, ma anche nuovi investitori e, perché no, nuovi residenti.
Quanto ai primi è recentissima la polemica fra Giunta e associazioni di categoria circa la crescita di presenze turistiche: reale per la prima, ma per le seconde gonfiata dalla presenza massiccia di forze dell’ordine e probabilmente da quegli stessi migranti che ne sono la causa, senza che si colga un concreto beneficio economico diffuso.
I nuovi investitori, invece, nel sostanziale caos in cui ormai versa la vicenda della “Zona Franca” e nelle incertezze che accompagnano la riconversione del Parco Roja, anche a seguito di un accordo siglato in tutta fretta pochi giorni prima delle elezioni dalla Commissione Straordinaria uscente e davvero non si sa bene a che titolo, si limitano per il momento ai monegaschi, che acquistando il porto hanno permesso di sbloccare una situazione da incubo (e qui rivendichiamo il nostro voto a favore della variante che avrebbe favorito il loro arrivo), ma che se da un lato inserisce ulteriormente Ventimiglia in quella logica di frontalierato, cioè di agganciamento a Nizza e Monaco piuttosto che a Genova e che è alla base del nostro progetto, dall’altro sembra più scaturire dalla ricerca di nuovi spazi per il Principato che non dal credere nelle potenzialità della nostra zona: non si investe SU Ventimiglia, ma A Ventimiglia continuando a puntare su Monaco; resta dunque parecchio da fare per evitare che il porto divenga un mero rimessaggio barche di gente di passaggio che continuerà ad ignorarci.
Le dinamiche demografiche, da ultimo, sono forse il più chiaro sintomo della stasi in cui versa la nostra città. La popolazione non cresce, semmai cambia con l’aumento di residenti stabili di origine straniera, spesso provenienti da Paesi di difficile integrazione e più protesi a preservare la propria identità che a sciogliersi in un’unica realtà cittadina; tanto più preoccupante se si considera che tale identità è non di rado forgiata da precetti religiosi, i quali sembrano rimettere in discussione una laicità che pur faticosamente portata avanti non si è mai del tutto affermata nel nostro Paese e che nessun malinteso senso della difesa della libertà di culto deve mettere in pericolo col rischio di farci fare, a tutti, nativi e immigrati, un brutto passo indietro (e qui invece rivendichiamo la nostra aperta critica alla decisione del Vice-Sindaco Sciandra di partecipare all’inaugurazione della moschea di Via Aprosio, una partecipazione che tale confessionismo strisciante finisce con il legittimare).
Un mutamento di popolazione, inoltre, che ci descrive una città dal sistema produttivo in un certo senso grezzo, interessato più alla manodopera a basso costo che al valore aggiunto del prodotto, dove per prodotto si può in fondo anche intendere un’offerta formativa, mentre pare proprio che nessuno creda nel Polo Universitario Imperiese, così come un sistema turistico di qualità: ed è di questi giorni la notizia che la piazza centrale di Dolceacqua sarà interamente finanziata da un ricchissimo mecenate tedesco che in quel Paese ha una residenza secondaria; verrebbe da dire che ognuno ha gli immigrati che si merita.
E vi è da ultimo la vicenda dei migranti di passaggio, che la situazione internazionale e la scellerata adesione dell’Italia al Trattato di Dublino, che, ricordiamo, impone al Paese di prima accoglienza di tenerseli senza troppe storie, rischia di trasformare in stabili e soprattutto ingestibili. Già in campagna elettorale, e dunque circa un anno prima che esplodesse la vicenda, segnalavamo la necessità di individuare un luogo dove realizzare un piccolo centro di accoglienza, imponendo al contempo uno smistamento di cui si parla sempre ma che non si realizza veramente mai. I primi segnali di questa strutturalità anche politica del fenomeno cominciano a vedersi: proprio l’altro giorno abbiamo letto dello stanziamento di ben 141.000 Euro da parte del Comune a favore delle associazioni che si occupano di profughi minorenni.
Una scelta umanamente giusta ovviamente, ma che ci dice come Ventimiglia stia sempre più rassomigliando a quei comuni delle banlieues francesi dove dove la marginalità, che ci si ostina a curare con le armi spuntate dell’assistenzialismo, impedisce ogni possibile investimento in infrastrutture e crescita, divenendo una gabbia impossibile da rompere e condannando quelle comunità ad un inesorabile declino. E questo tanto più se associamo tale situazione ad un duplice indirizzo generale: innanzitutto la sconsiderata decisione di depotenziare sino alla paralisi le province, come proprio questa settimana ha denunciato il presidente della nostra, Fabio Natta, e che avrebbero potuto svolgere un ruolo assai utile nella gestione dei flussi (e qui rivendichiamo il rifiuto di partecipare all’elezione di un Consiglio Provinciale che finché esistente non può che essere espressione diretta e libera dei cittadini e non di oligarchie di partito); l’altra è una norma della legge finanziaria che quantomeno cerca di attrarre con vantaggi fiscali soggetti facoltosi che porterebbero sicuramente benefici all’economia locale e dove Ventimiglia, anche per la sua collocazione geografica, potrebbe giocare carte assolutamente vincenti. E ciò senza contare che la città non è certo priva di forze imprenditoriali che hanno idee e mezzi per apportare ciò che il pubblico non può o non sa: siamo sicuri che nessun imprenditore abbia in testa un buon progetto di viabilità e parcheggi? Lo si è mai interpellato o semplicemente incoraggiato se si è fatto avanti? Sarebbe interessante scoprirlo…
Ma, e concludo, c’è una capacità di visione per tutto questo? Un candidato che recupera clamorosamente al ballottaggio lo scarto del primo turno col suo più diretto concorrente normalmente dovrebbe averla se riesce in questo modo a travolgere gli elettori con la forza del suo progetto, l’unica spiegazione possibile per un tale esito del voto. Eppure, nonostante esperimenti sicuramente positivi come il “Bilancio partecipativo”, che peraltro si limita a microinterventi a macchia di leopardo, si ha l’impressione che in questi due anni e mezzo Ventimiglia sia stata governata dall’esterno: dalle amministrazioni precedenti, le cui opere sono state solo ultimate dall’attuale per dovere d’ufficio; dalla Regione sino al crollo del “Sistema Burlando” alle elezioni del 2015; dalle Ferrovie per il Parco Roja; dal Ministero degli Interni sulla vicenda migranti; da Monaco per il porto. E soprattutto si ha l’impressione che il Sindaco subisca non poco gli effetti, forse da lui stesso indesiderati, della sua adesione ad un partito nazionale, un partito per di più in questi ultimi mesi in una profonda crisi di identità e di progetto.
Ecco, forse recuperare una piena dimensione civica, riscoprire il ruolo di capo di una comunità, piuttosto che quello di funzionario di partito potrebbe giovare ad un programma di rilancio, che finalmente scuota di dosso alla città l’immagine che da troppo tempo ormai questa si trova costretta ad assumere e che rischia di ipotecarne il futuro, per molto tempo ancora” – afferma Carlo Iachino, consigliere comunale di Progetto Ventimiglia.