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Barbara Amerio, donna al timone e ambasciatrice del “made in Italy” nel mondo fotogallery

Con Amer Yachts – Gruppo Permare è stata chiamata a rappresentare il “bello e ben fatto” italiano all’ "Italian design day" a Madinat, in Kuwait

Sanremo. Donna al timone e ambasciatrice del made in Italy all’estero. È Barbara Amerio di Amer Yachts – Gruppo Permare, l’azienda sanremese leader nel settore della cantieristica nautica e nella progettazione e realizzazione di yacht a livello internazionale, tanto da essere stata chiamata a rappresentare il “bello e ben fatto” italiano all’Italian design day a Madinat, in Kuwait. Un evento a portata mondiale, organizzato dal ministero degli Esteri e dal ministero dello Sviluppo ai primi di marzo, che ha sancito l’eccellenza di Amer Yachts e il suo saper fare italiano. Quel sapere consolidatosi in anni d’impegno, capacità imprenditoriali e nella prerogativa di unire la concretezza dell’artigianato tradizionale a un forte spirito di sperimentazione, come Amerio ci racconta.

Dottoressa Amerio, cosa ha significato essere stata nominata ambasciatrice del made in Italy all’estero?

Essere stata nominata ambasciatrice del “made in Italy” all’Italian design day è stato per me un grande onore. L’evento, organizzato per la prima volta, ha portato in 100 luoghi diversi 100 ambasciatori della cultura italiana, tra critici, giornalisti e imprenditori a raccontare un grande progetto. Amer Yachts – Gruppo Permare è stata chiamata a rappresentare il “bello e ben fatto” italiano nell’ambito del settore nautico. Per l’occasione, ho tenuto una conferenza sul design italiano, con un focus sulle specificità del design nautico, sulla sua complessità in rapporto alla costruzione di super yacht e le varie professionalità che devono lavorare in sinergia al fine di realizzare quei prodotti e manufatti di valore tutti italiani. Nel particolare, ho spiegato il complesso processo di progettazione degli scafi partendo dal disegno, passando dalla produzione fino al prodotto finito, spiegando come interviene l’exterior e interior designer e con quali altre figure professionali si deve interfacciare. Dal “macro” sono così passata al “micro”, dove ho richiesto l’intervento di un altro imprenditore italiano presente, Andrea Razeto, che ha parlato della particolarità di progettare dettagli e finiture per il settore nautico.

Secondo quali requisiti Amer Yachts è stato chiamata a rappresentare il “bello e ben fatto” italiano all’Italian design day?

Tutti gli ambasciatori sono stati selezionati dal comitato scientifico dell’evento composto dalla Triennale di Milano, dall’ADI – Associazione per il disegno industriale e da varie università, centri di ricerca, accademie pubbliche e private italiane, sulla base di alcuni requisiti. Ovvero, il possesso di prodotti diventati di culto, quindi icone del design mondiale, oppure che vantassero riconoscimento prestigiosi. Amer Yachts è stata chiamata per questa seconda categoria di selezione, in quanto nel 2010 abbiamo conseguito il premio come miglior design per l’imbarcazione Amer 116, e nel 2016 il premio come barca più innovativa con l’Amer 100. Due importanti riconoscimenti che ci hanno permesso di diventare ambasciatori del prodotto italiano all’estero, conquistati grazie al lavoro di tutte le persone che lavoro per il Gruppo Permare, che con dedizione e professionalità producono sempre manufatti di pregio. In primis l’architetto Tini che collabora con Amer Yachts da molti anni, creando interni apprezzati in ogni parte del mondo. Dal 2000 la famiglia degli yacht Amer comprende modelli che spaziano dagli 86, ai 92, ai 100 e ai 116 piedi. Non esiste un Amer uguale all’altro, ogni yacht esprime la personalità dell’armatore, la sua storia, il suo gusto e le sue abitudini. Ed è  proprio questo il valore aggiunto del nostro prodotto.

A tutti i testimonial è stato chiesto di far ritorno in Italia con segnalazioni circa le eccellenze e le peculiarità del paese ospitante. Quali sono state le sue?

All’evento è intervenuto un relatore locale che ha illustrato un progetto relativo al Dhow, un’imbarcazione tradizionale in legno, diventata un’attrazione locale. Non si trova in acqua ma a terra e viene utilizzata come sala ricevimento. Sono stata invitata dal Preside a salirvi a bordo. Durante la visita sono rimasta molto colpita dalla sapienza dei maestri d’ascia – professione in Italia quasi scomparsa -, che hanno impiegato tre anni a costruirla. In particolare mi hanno affascinato il parquet, una lavorazione tipica Kuwaitiana, e i disegni dei tessuti fatti a mano di antica origine beduina visionati al Museo Al Sadu (un edificio del 1936 che rappresenta l’architettura Kuwaitiana contaminata fortemente da influenze indiane). Alla conferenza, inoltre, hanno partecipato moltissimi studenti e docenti che hanno alimentato il dibattito con domande che mi hanno fatto scaturire tante riflessioni. E’ emersa la volontà di proseguire in un’esperienza formativa che avvicini i due Paesi e lo stesso IED si è dimostrato interessato a sviluppare questa collaborazione. Ho anche già proceduto a creare il link tra i due istituti. Infine, sono rimasta suggestionata dal fatto che il Kuwait, pur essendo un paese giovane e ancora segnato dal conflitto iracheno, ha uno sviluppo immobiliare molto spinto e anche dal punto di vista architettonico è una terra in cui il contributo italiano potrebbe essere veramente apprezzato.

Cosa vuol dire portare il “bello e il ben fatto” italiano all’estero?

Vuol dire portare un messaggio di bellezza, genio, professionalità e far conoscere quanto la componente della creatività sia un valore intrinseco a tutti i prodotti italiani. La cura maniacale del dettaglio, gli abbinamenti, le scelte dei materiali, la manifattura di altissimo livello sono tutti fattori che rendono il made in Italy unico e ineguagliabile. Per questo il “bello e il ben fatto italiano” ha un altissimo valore e per questo deve essere assolutamente esportato. Il made in Italy è un valore aggiunto, gli stranieri fanno pazzie per acquistarlo e a tutti i livelli: dal prodotto gastronomico al fattore ospitalità. L’Italia è un piccolo paese con immense potenzialità e bisogno impegnarsi nel promuoverle.

Essere una donna al timone di un’azienda in un settore considerato di pertinenza prettamente maschile le ha mai causato delle difficoltà?

Fortunatamente no. Nel settore nautico, come del resto in tanti altri campi, pagano solo la professionalità e la competenza. Se lavori seriamente, con dedizione e impegno, raramente incontri difficoltà, anche se sei una donna attiva in un contesto di uomini. Occorre poi dire che negli ultimi anni il numero delle donne che si stanno affermando in posizione di leadership all’interno del nostro settore è aumentato in maniera consistente. A riguardo, ricordo Carla De Maria, presidente di Ucina Confindustria Nautica e grande esempio di donna manager. 

Quali sono i progetti all’orizzonte di Amer Yachts?

Attualmente stiamo lavorando su molti nuovi progetti, tutti nello scopo di condurre la nostra clientela a consumare meno, quindi con un’attenzione particolare ai temi dell’ecologia e del rispetto per l’ambiente. Abbiamo poi un sogno nel cassetto che speriamo si realizzi presto, ovvero il desiderio di tornare a produrre nella nostra città, Sanremo, da cui ci siamo allontanati, delocalizzandoci a Viareggio, a seguito della grandezza dei nostri scafi.

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