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Crescere all’estero, intervista a Sergio Tommasini: “Le mie strategie vincenti”

L’amministratore di Idroedil spiega come le aziende del territorio possono penetrare il mercato internazionale e diventare più competitive

Imperia. Come le aziende del territorio possono penetrare il mercato internazionale e diventare più competitive? Lo spiega in questa intervista Sergio Tommasini, l’amministratore dell’azienda di Arma di Taggia Idroedil che, specializzata nella gestione rifiuti e movimento a terra, nel 2009 ha deciso di proporsi sul mercato estero mediante il co-investimento in due brevetti nel settore delle energie rinnovabili: il tabacco energetico per la produzione di proteine animali e biocarburante e la depolimerizzazione di pneumatici fuori uso. Oggi i due brevetti internazionali e l’esperienza nella gestione dei rifiuti sono i principiali assi progettuali proiettati e seguiti all’estero da Idroedil.

Quale è stata la strategia identificata per transitare un’azienda tradizionale e di famiglia verso il mercato estero?

Io sono entrato nel gruppo Idroedil a gennaio 2010 e fin dai primi mesi abbiamo impostato con la società un piano di cambiamento sulla base dei seguenti punti:

1) visione cosmopolita in azienda (accrescere l’ufficio tecnico ed il management con personale specializzato e multilingua);

2) affiancamento a studi legali internazionali (Allen&Overy);

3) associarsi ad istituzioni attraverso le quali aprire contatti istituzionali e relazioni industriali (Confindustria Assafrica);

4) aprire contatti con boutique finanziarie (Cross Border Milano) per strutturare approcci internazionali societari (contesti fiscali internazionali, società con partecipazioni estere, etc.);

5) affiancamento a istituzioni universitarie per attivare borse di studio con PhD e giovani manager al fine di ottenere studi di settore puntuali a livello internazionale (Univ. Bocconi Milano, Univ. Stellenbosh South Africa, Univ Wageningen Olanda, Duke University North Carolina, USA).

Finalizzato il piano di cambiamento abbiamo consolidato e centralizzato le conoscenze e il piano di sviluppo dei due brevetti industriali di cui la società era in possesso. Nel corso dei primi 8 mesi del 2010 abbiamo lavorato per strutturare un business plan da presentare ai fondi di investimento esteri al fine di attivare relazioni industriale e dare seguito al piano di lavoro su 5 anni.

Al piano di cambiamento abbiamo combinato un piano di comunicazione aziendale finalizzato alla puntuale condivisione degli obiettivi strategici ed operativi per mitigare l’impatto sulla compagine societaria storica.

Quali sono i mercati – paesi in cui operate? Che strategia avete utilizzato per individuare il mercato – paese in cui sviluppare la vostra attività?

I brevetti hanno guidato la scelta dei paesi di sviluppo. La depolimerizzazione delle gomme usate è stata testata in Italia ad Arma di Taggia con un’autorizzazione sperimentale poi non rinnovata in modo permanente dalla Provincia di Imperia. Abbiamo validato la tecnologia e poi esportato la stessa negli Stati Uniti, a Raleigh in North Carolina, dove avevamo consolidato una partnership con una società americana di indubbio valore e propensione allo sviluppo industriale. Oggi quindi abbiamo un parco industriale negli USA e stiamo dialogando con ENI per avviare un pilota industriale alla bioraffineria di Marghera, e con il porto di Rotterdam (Olanda) e altri investitori olandesi istituzionali collegati a petrolchimiche industriali. L’idea sarebbe di creare un polo al porto di Rotterdam e fornire poi biocarburante prodotto dalle gomme alle flotte navali.

Per il tabacco energetico è stato diverso e molto più complicato. Abbiamo consolidato a diverse latitudini nel 2010-2013 la tecnologia coltivando campi sperimentali per raccogliere dati produttivi. Abbiamo coltivato in centro africa, South Africa, brasile, USA, nord africa, e paesi dell’est EU. Abbiamo nel 2012 coltivato 650 ettari in Italia – la più grande coltivazione industriale per una pianta energetica. Un processo di conoscenza che ci ha portato a definire il South Africa e paesi limitrofi come una buona area dove svilupparci, il brasile e mantenere l’Italia come centro di ricerca per via delle continue innovazioni normative in materia di energia verde. Dal 2013 quindi abbiamo concentrato gli sforzi in questi paesi e consolidato partnership importanti definendo il nostro modello finale di business: la licenza brevettuale. Uno schema di lavoro simile al franchising. Validata la tecnologia e la produzione si crea una società partecipata per lo sviluppo di un paese aggregando finanza locale. Ad esempio la Sunchem South Africa con sede a Johannesburg oppure la Sunchem do Brasil con sede a Porto Alegre.  La Sunchem Holding – detentrice del know-how principale e del brevetto centralizza la produzione del seme del tabacco energetico e conserva il patrimonio culturale attorno alla sua coltivazione e processo per ottenere biocarburante e mangime animale.

La sostenibilità è stata la grande anima e guida degli ultimi due anni di lavoro. Infatti siamo associati e partner della RSB di Ginevra (La tavola rotonda su Biomateriali sostenibili (RSB) è una coalizione multilaterale indipendente e globale che si occupa di promuovere la sostenibilità dei biomateriali) dove operano SKY Nrg, Boeing, WWF e altre istituzioni.

Per la linea di lavoro dei rifiuti per noi è semplice presentare la nostra esperienza. Abbiamo aperto canali di consulenza all’estero verso Comuni e società private che vengono a trovarci per apprendere come lavoriamo e noi li visitiamo per dargli consigli utili. Da poco ci siamo confrontati in Pakistan e penso che potrebbe essere la prima volta che la società si sposta sul piano operativo per presentare una proposta tecnico-economica sul ciclo rifiuti della città di Mardan al nord del Pakistan.

Essendo presenti all’estero abbiamo colto anche altre opportunità. Ad esempio nelle costruzioni abbiamo avviato una partecipata “Idroedil Trading Namibia” per la realizzazione di 72 appartamenti divisi in sei palazzine ad Ondangwa, Nord della Namibia a 60 km dal confine con l’Angola.

Quali problematiche avete dovuto affrontare?

Provo ad elencarli:

1) canale di entrata. Non sempre le istituzioni italiane sono pronte e radicate sui territori per supportare le piccole e medie imprese come noi. Noi ci siamo affiancati ad Assafrica di Confindustria che apre i primi canali sul paese e organizza missioni istituzionali capitanate dai ministri italiani di riferimento (ricordo l’ultima in IRAN ad ottobre 2015 con il ministro Carlo Calenda – allora viceministro per la internazionalizzazione). L’impresa dopo i primi approcci si trova un pò sola e deve costruire il network di lavoro nel paese straniero. Non sempre una cosa facile;

2) politica locale e cultura. Non possiamo sottovalutare questi aspetti. Un esempio su tutti: tre anni fa il South Africa ed il Brasile erano gli stati BRICS con grandi prospettive di sviluppo. Oggi sappiamo che il Brasile è entrato in depressione dopo gli scandali con Petrobras e della presidente ed il South Africa ha subito una svalutazione monetaria importante nel 2015-2016. Problemi che per una piccola impresa non sono semplici da declinare e affrontare. Stiamo costruendo in Namibia delle palazzine residenziali e ci dobbiamo confrontare con un prezzo di vendita diverso da quello che avevamo posto a budget per decidere se procedere con l’investimento. Il Namibian dollar è collegato al Rand sud africano che soffre e quindi dobbiamo gestire una potenziale perdita su cambio del 20%;

3) fiscalità e Leggi. Questo aspetto è cruciale. Meglio accresci la tua conoscenza del paese prima di approcciarlo e meno problemi e sorprese avrai dopo;

4) partnership. Una piccola impresa si interfaccia con un mondo internazionale come il gigante contro golia. Le relazioni sono importanti e rappresentano il tessuto sulla quale porre le basi per costruire e consolidare delle società. Il paese dove vuoi installare nuove attività deve essere vissuto, apprezzato e capito. La cultura va condivisa. L’approccio multiculturale è fondamentale nella comprensione del potenziale partner. Con Sunchem abbiamo aggregato partner olandesi, sud africani, namibiani, russi, brasiliani e americani. Siamo molto cosmopoliti e ne vado fiero.

Quale strategia organizzativa avete adottato per penetrare il mercato – paese?

Io seguo sempre una linea abbastanza precisa:

1) approccio paese tramite canali istituzionali (ambasciate, incontri bilaterali, missioni istituzionali, etc.);

2) taste and feel – come per il cibo. Comprendi e ti rendi conto delle opportunità e dei rischi. Poi tracci una tua linea di azione e vedi se funziona;

3) ricerca di partner fiscale e legale locale; analisi interna per condividere i punti di forza e debolezza;

4) piano di azione a medio termine con definizione di obiettivi da raggiungere (il volo che abbiamo operato in south africa il 15 luglio 2016 era un preciso obiettivo che abbiamo raggiunto);

5) ricerca partner tramite canali istituzionali e/o tramite canali privati.

Quali consigli si sente di dare alle aziende locali per penetrare il mercato internazionale e diventare più competitive?

1) capire se hai qualcosa da portare all’estero ed in seguito definire un piano di azioni per internazionalizzarti

2) capire se andare internazionali da effettivamente un vantaggio competitivo che si riverbera positivamente sul core business interno

3) capire se hai la struttura per andare internazionale: il gruppo di lavoro interno è la prima cosa da strutturare.

4) capire la tua propensione al rischio: andare all’estero implica tempo e risorse ed una grande propensione al rischio imprenditoriale. Il manager non sempre è un buon imprenditore e viceversa.

5) andare all’estero in primis tramite canali istituzionali. Noi italiani siamo girovaghi per natura. Trovi tante aziende all’estero anche molto  piccole che si avventurano senza agganci o appoggi istituzionali. Vanno tramite canali amicali. Io consiglio di aggregarsi ad associazioni e trovare appoggi istituzionali. Sempre.

6) decidere di andare all’estero dopo uno studio puntuale degli aspetti fiscali, legali e della certezza locale del diritto (sistema giustizia). Esempi: per il tabacco energetico io esigo il foro competente per l’eventuale arbitrato in olanda. Paese che protegge molto i diritti brevettuali. Attenzione alle doppie lingue contrattuali. In Kazakistan ad esempio, nonostante l’inglese sia affiancato come lingua a quella locale, in caso di giudizio vale il kazako. E quindi la puntuale traduzione ufficiale di entrambe le lingue è fondamentale. Ricordo amici che hanno perso ingenti somme di denaro perche pensavano che l’inglese affermava una cosa mentre la lingua locale non riportava esattamente la stessa dizione letterale.

 

Intervista realizzata in collaborazione a DCT (Dianoia Consulting Team) per #RealTimeBusiness, la rubrica dedicata al mondo imprenditoriale e del libero professionismo.

Per domande o informazioni scrivi a rubricartb@gmail.com; oppure segui le discussioni sul gruppo facebook #Real Time Business, un team di esperti ti aiuterà a risolvere i problemi della tua impresa.

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