Ventimiglia. Era stato presentato alle Giornate degli Autori il film No Borders diretto da Haider Rashid. Il regista, il protagonista e lo spettatore dell’immagine possono diventare la stessa persona. Il punto di vista diventa esperienza globale, realtà virtuale ma anche immagine reale. Tutto ciò grazie a una tecnologia rivoluzionaria che si è rapidamente affermata, ad esempio, nei grandi festival come il Sundance, dove a questo cinema è riservato uno spazio particolare, o alla Mostra di Venezia dove è previsto uno spazio nel programma di quest’anno.
La tecnologia usata per No Borders permette agli spettatori di empatizzare in modo non banale e superficiale con i migranti. L’autore del progetto Haider Rashid, regista fiorentino di origine irachena, è un italiano di seconda generazione, quella di cui nei nostri telegiornali si parla con tanto allarmismo. Elio Germano, attore di professione, attivista sociale per passione, è il narratore che, andando oltre la propaganda politica di sfruttamento del fenomeno migratorio, ci porta nel mondo di No Borders. Un film che torna a parlare di guerra, della fuga e dell’accoglienza come necessaria conseguenza.
Girato, tra il Centro Baobab di Roma autogestito dai cittadini romani (sgomberato nel dicembre 2015 dalle forze dell’ordine) e il No Borders di Ventimiglia, (sgomberato anche questo di recente), il film usa la realtà virtuale come uno strumento per immergersi nella vita dei centri di accoglienza e offrire un punto di vista diverso da quello dei media tradizionali grazie all’annullamento delle distanze. “Elio Germano fa da collante a questo percorso – spiega il regista – portando il suo sguardo di attore e attivista, capace di empatizzare con la storia dei migranti e di farli sentire a proprio agio in un dialogo che ci racconta non solo la loro storia, ma anche quella dei paesi che abbandonano”.
In un’intervista rilasciata a Movie Mag in onda su Rai Movie, Germano ha detto: “No Borders è uno sconfinamento, una voglia di abbattere delle frontiere, sia quelle classiche che tecnologiche. Mettiamo lo spettatore – prosegue l’attore – all’interno della scena che con un visore si può guardare in tutte le direzioni.”
Il film ambientato a Ventimiglia e a Roma al centro Baobab, “Sono dei posti dove si sono abbattute delle frontiere, luoghi spontanei dove c’è stata un’unione tra nostri concittadini e migranti.”
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