La storia

“La cena delle beffe del rame” dei cervesi ai danni del generale Napoleone Bonaparte

Un racconto dal passato descritto dallo storico Luigi Diego Elena

cervo napoleone

Cervo. La Repubblica di Genova resse il potere fino al 1797, quando Napoleone Bonaparte annetté Cervo alla neonata Repubblica Ligure. Questa istituzione ebbe vita breve e seguì il destino e la caduta di Bonaparte; Cervo passò prima al Regno di Sardegna nel 1815 e poi al Regno d’Italia (1861).

Una delle tante vittime tra le tante fu il convento di San Nicola e San Giorgio (oggi) intitolato (allora) a Santa Maria delle Grazie e abitato dai frati fino al 1798, anno in cui fu confiscato dai soldati di Napoleone Bonaparte.
“Come si sa i francesi portano il complesso di Napoleone: le persone più basse tendono ad essere più aggressive e pertanto, laddove arrivano, impongono la loro legge e potere – spiega lo storico locale Luigi Diego Elena  – Detto ciò, quando Napoleone Bonaparte passò da Cervo, pensò bene di lasciare il segno cambiando nome ai Carruggi, identificandoli in Ruelle (Vicoli)”.

A Cervo, il suo nome è leggibile all’ingresso del vicolo del Gelsomino all’incrocio con via Matteotti.
Si legge, aguzzando la vista Ruelle 3. “La Ruelle 3 di Cervo presenta una serie di arcate che rimanda ai tipici Carruggi dei borghi Liguri. Cervo ne è archetipo. Sappiamo anche che Napoleone conduceva una vita spartana e l’unica comodità a cui non rinunciò mai era una vasca da bagno in rame che portava sempre con sé. Durante il suo passaggio da Cervo, fingendo di aver dimenticato la sua famosa vasca, mise in atto una delle sue prepotenze sulle popolazioni locali. Radunò proprio sotto il Puntin una parte dei suoi caporali, emanò una ordinanza che obbligava i Cervesi a consegnare nelle ventiquattro ore tutti gli oggetti di proprietà in rame. Piatti da parete, pentole, stampi per dolci, antichi utensili, complementi d’arredo, targhe, vassoi in rame, dovevano essere tassativamente consegnati per essere fusi e dalla fusione nascere la sua vasca da bagno”, spiega Luigi Diego Elena.

In sostanza da pentole per brodo quegli oggetti si sarebbero trasformati in un brodo di rame. Napoleone aveva pur il suo complesso, e lo esercitava. “Però i Cervesi mica si facevano impressionare. Difatti seppero prendere tempo. Con un passaparola da carruggio a carruggio, anche se allora si chiamavano ruelle, si organizzarono in un passamano di tutti quegli oggetti che finirono proprio nel sotterraneo del convento di Santa Maria delle Grazie, loro accampamento pro tempore”, racconta Elena.

Il tutto riuscì in quanto i Cervesi attirarono il generale e il suo esercito in piazza Castello, con la scusa di mettere loro a disposizione maggior spazio per la consegna del rame. I francesi abboccarono e si misero in attesa. Allo scadere dell’ora fissata si presentarono all’appuntamento con facce meste tutte le donne Cervesi con pochi cocci di povera ceramica. Napoleone come suo solito si infuriò e lanciò una caccia casa per casa per reperire il suo bottino di rame. Ogni casa venne perquisita, ma naturalmente nulla emerse di quelle suppellettili richieste. Ogni angolo venne visitato, tranne naturalmente il loro accampamento nel convento di Santa Maria delle Grazie. Napoleone perse la sua battaglia del rame con Cervo ed i Cervesi trionfarono. Allorquando Napoleone lasciò Cervo ogni cervese recuperò la propria mercanzia.

“Proprio in piazza Castello – conclude Luigi Diego Elena – venne allestita una grande “buridda” di pesce alla ligure, alla faccia e alla salute del beffato Napoleone Bonaparte che, in quella circostanza, fece davvero una Cattivaparte da guitto e non da protagonista, quale desiderava e voleva imporre. Quella fu detta “la cena delle beffe del rame” dei Cervesi al Generale”.

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