No pasaran

Ventimiglia, cronaca di una giornata di protesta: quando le mamme dicono “no”

Disposti ad essere denunciati, i cittadini questa volta si sono uniti per dimostrare che la città ha "sopportato già troppo"

Ventimiglia. Quando le mamme dicono “no” è no. Ci volevano loro perché iniziasse la prima vera protesta dei residenti della città di confine. Una protesta – tengono a sottolinearlo – che nulla ha a che fare con il razzismo, ma è dettata, principalmente, da due motivi: il Palaroja, tensostruttura nella quale si vorrebbe accogliere i migranti, non è adatta per le alte temperature che si registrano al suo interno (oggi, senza sole, i gradi erano 40). E poi la vicinanza con le scuole: materna e nido d’infanzia oltre che medie ed elementari. Le mamme hanno paura.

“Non ce l’abbiamo con quelle povere persone che stanno sbattute per la strada”, dicono riferendosi ai migranti, “Però prima di tutto vengono i nostri figli. Non sappiamo chi sono, da dove vengono. Non conosciamo le loro condizioni di salute: a contatto con i bambini non li vogliamo. E poi quanti sarebbero sotto quel tendone di plastica?”.

Dalle 7,30 di ieri, il numero di mamme (e poi anche di papà e semplici cittadini) è cresciuto. “Siamo riusciti a far saltare il trasferimento di un giorno”, hanno dichiarato i residenti di Roverino quando ormai il sole era calato da un pezzo, “Ma questa non è una vittoria: dobbiamo continuare”. E per farlo hanno deciso di dare vita ad un presidio non stop, con veri e propri turni di guardia e notti all’addiaccio pur di bloccare il trasferimento dei migranti.

“E’ la soluzione più ragionevole e comunque assolutamente circoscritta nel tempo”, ha provato a convincere i genitori il vescovo diocesano Monsignor Antonio Suetta. In cambio, però, ha ricevuto ingiurie, accendendo gli animi delle persone provate non solo da ore di tensione, ma da un anno intero durante il quale, dicono, “abbiamo già dato e sopportato abbastanza”.

A Roverino si sono recati anche il sindaco Enrico Ioculano e tanti esponenti della maggioranza e dell’opposizione. E’ stato il primo cittadino a spiegare i passi compiuti dalla sua amministrazione “che non si volta a guardare da un’altra parte, ma agisce”. Il campo Morel, la bocciofila di Peglia: “Lo avevamo proposto, ma il prefetto non ha voluto: la zona è a rischio esondazione. Non si può”. La scelta è così caduta sul Palaroja, struttura che ha ricevuto il consenso del prefetto.

Una soluzione, questa, che sarebbe solo temporanea. Ma i cittadini per la prima volta hanno deciso di unirsi e combattere, insieme. E insieme hanno trascorso una lunga giornata che ancora non è finita, parlando, confrontandosi e dividendosi una piatto di pastasciutta offerta dai gestori del bar vicino al Palaroja.

Nonostante tutti gli sforzi, il destino del Palaroja sembra ormai segnato: diventerà per una ventina di giorni un centro di accoglienza per migranti. All’alba la Croce Rossa dovrebbe iniziare ad allestirlo anche se i cittadini promettono che faranno tutto il possibile per evitarlo. “Piuttosto una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale”, dicono, “Ma i nostri figli non si toccano e nemmeno il nostro Palaroja. Nessuna questione politica. Si tratta solo di sicurezza ed igiene: la nostra battaglia non ha colori né bandiere”.

 

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