Cosa accadrà?

Bordighera, domani verdetto sulla Rotonda. Sindaco Pallanca: “Sono in attesa, ma non in ansia”

L'ultima parola spetta al Soprintendente Rinaldi, già salito agli onori della cronaca per aver definito "baraccone" il vagone che ha trasportato gli ebrei nei campi di concentramento

Bordighera. E’ previsto per domani, l’arrivo dell’atteso verdetto della Soprintendenza di Genova chiamata ad esprimersi sulla Rotonda di Sant’Ampelio. Il Sindaco Giacomo Pallanca, così come tutta l’Amministrazione, aspetta di conoscere l’esito del sopralluogo avvenuto nelle scorse settimane, quando un perito nominato dall’ente genovese ha visitato ciò che resta del belvedere.

Tutto è fermo, sospeso. Restano ancora da aprire le buste delle ditte che hanno partecipato alla gara d’appalto da 2milioni di euro per la demolizione e la ricostruzione della struttura. Dal 2 di aprile, giorno in cui Palazzo Garnier ha appreso la notizia dell'”alt” imposto dalla Soprintendenza, ancora non si sa nulla del destino della Rotonda.

“Anche a seguito di confronti con l’Ufficio Tecnico e con il nostro legale, l’Avvocato Piciocchi”, dichiara il Sindaco Pallanca, “Rimango fermo nella convinzione che quanto richiesto dalla Soprintendenza fosse già stato implicitamente accordato in precedenza”.

Per il Dottor Luca Rinaldi, direttore della Soprintendenza delle Belle Arti e del Paesaggio della Liguria, invece non è così. Ad essere oggetto di discussione, è la mancata richiesta di poter demolire una costruzione soggetta a vincolo monumentale: il Codice dei Beni Culturali, infatti, impone che per qualunque opera pubblica che abbia almeno 70 anni sia la Soprintendenza ad esprimersi in materia di demolizione, vendita e ristrutturazione.

In poche parole, tutte le autorizzazioni chieste – e ottenute – sarebbero invalidate dalla mancata richiesta di demolizione di un bene pubblico sottoposto a vincolo monumentale.

Per ora, però, sbilanciarsi è difficile e allora Pallanca si limita a commentare: “Aspettiamo domani e sapremo se siamo papi o cardinali”.
“Confido nella serietà e nell’attenzione della Soprintendenza”, conclude.

L’ultima parola spetta però al Dottor Rinaldi, già salito agli onori della cronaca per una vicenda che lo ha visto coinvolto a Torino.
Era il gennaio 2015 e l’allora Soprintendente per i Beni Architettonici del Piemonte, era finito sulla graticola per aver definito “un baraccone” il vagone della memoria in piazza Castello. Una battuta infelice, pronunciata contro il posizionamento del vagone ferroviario che aveva trasportato migliaia di prigionieri, tra cui Primo Levi, ai campi di concentramento nazisti.

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