Nuovi casinò in Italia, Slc-Cgil e Uilcom-Uil: “Un sì a certe condizioni”

Benigni e Conti ritengono inoltre “che i casinò possono essere un sicuro volano di sviluppo economico del Paese…”
Sanremo. Se la politica si mostra possibilista sul tema dei nuovi casinò, ipotesi oggetto di valutazione da parte del governo, e il presidente di Federgioco, Carlo Pagan, evidenzia come “su ogni nuovo progetto va condivisa una posizione in consiglio. Pertanto al prossimo direttivo sarà questo uno dei temi in discussione”, anche i sindacati attivi nelle case da gioco esistenti non dicono quel ‘no’ a priori che ci si sarebbe aspettato. Fabio Benigni (responsabile del settore Uilcom-Uil) e Silvano Conti (coordinatore nazionale dell’Slc-Cgil), si dicono disposti “all’apertura di altri casinò, a condizione che fossero un numero contingentato nella misura massima di 6/7 per tutto il territorio nazionale, spalmati omogeneamente in tutto il Paese e che rispondessero agli stessi fondamentali principi ispirati dai provvedimenti di deroga alle norme del codice penale che ne hanno consentito l’istituzione, ossia con forti garanzie di sicurezza sul gioco, che i proventi vengano destinati ad iniziative economiche e sociali dove insiste l’attività e che vi sia una marcata attenzione ai problemi legati alla ludopatia. Questo a difesa di buona occupazione, delle alte professionalità espresse e della sana economia che i casinò producono. Confermiamo e condividiamo la diffusa opinione che i casinò sono luoghi di gioco pubblico con le più alte garanzie di sicurezza e trasparenza nella gestione dl gioco giocato”.
Benigni e Conti ritengono inoltre “che i casinò possono essere un sicuro volano di sviluppo economico del Paese, se messi a sistema principalmente con il volano del turismo territoriale così come dovrebbe essere per tutte le altre attività culturali e di intrattenimento”. A loro, dire, i casinò, in quanto “attività commerciale e di intrattenimento, possono trovare forti margini di redditività se si indirizzano su di essi politiche di sistema per lo sviluppo e se si pone l’attenzione come in altri settori a politiche fiscali di sostegno in un segmento industriale che già oggi è tra i primi a contribuire al sistema fiscale del Paese. Serve soltanto una più equa ripartizione del carico fiscale oggi esistente nel settore complessivo”.