Attività amministrativa

Registro comunale delle Coppie di fatto, la pratica è approdata in Terza Commissione

"In nessun modo, invece, le Unioni Civili danno la possibilità di assumere lo stesso cognome, di adottare bambini, di regolare le eredità e insomma tutte quelle voci che sono materia regolata solo dal matrimonio"

riunione terza commissione

Sanremo. Riunione della Terza Commissione Consiliare presieduta da Olmo Romeo in cui all’ordine del giorno si è discusso dell’istituzione di un regolamento e registro delle coppie di fatto. “Chiedo a tutti i commissari di mantenere – ha detto il consigliere Romeo – nei termini del confronto costruttivo questa pratica perchè argomenti come questo si prestano facilmente a strumentalizzazioni politiche e ideologiche. E’ un tema molto sentito da questa amministrazione e deve essere affrontato con la giusta serietà.”

La richiesta è giunta al tavolo della commissione per via dell’interessamento del Movimento Cinque Stelle che vorrebbe istituire un elenco presso l’anagrafe del comune. Essendo un argomento assai dibattuto e complesso, soprattutto in sede parlamentare, i commissari hanno deciso di acquisire agli atti il documento per comprenderlo più a fondo e di discutere dell’argomento in un’altra seduta di commissione, il tutto per dare modo ai commissari di visionare le novità della pratica.

Ma cosa dice la legge italiana riguardo questo tema. Abbiamo chiesto aiuto all’avvocato Luca Fonte del foro di Imperia che ha così spiegato la legislazione in merito:

“La definizione di questo fenomeno, che la Giurisprudenza identifica appunto come “famiglia di fatto”, in contrapposizione alla famiglia tradizionale, é il seguente: “convivenza tra due persone non legate da vincolo matrimoniale, (..) qualificata eventualmente dai connotati essenziali tipici (ma non indefettibili) del rapporto matrimoniale: coabitazione abituale, assistenza, reciproca collaborazione, contributo ai bisogni comuni”.

La famiglia di fatto, quindi, pur non essendo equiparabile alla famiglia tout court, fondata sul matrimonio, non è giuridicamente irrilevante, perché trattasi comunque di una formazione sociale in cui i suoi componenti svolgono la propria personalità ai sensi dell’art.2 della Costituzione.

Non ogni convivenza more uxorio, può, però, generare sul piano giuridico una famiglia di fatto.

Occorre, infatti, l’elemento di fatto del “convivere come famiglia”: non basta il singolo evento episodico, ma occorre che vi sia una vera e propria comunione d’intenti tra conviventi (caratterizzata da stabilità, solidità del vincolo e non occasionalità), un convivere “come se” si fosse marito e moglie.

Dal punto di vista della normativa esistente in Italia, non si può evidenziare l’esistenza di norme specifiche in merito all’istituto trattato.

Il Legislatore è intervenuto, infatti, solo in modo frammentario in diversi contesti giuridici, sia penali che civili (ad esempio, in materia di edilizia residenziale pubblica, di tutela della maternità e della paternità, di adozione ed affidamento dei minori o maltrattamenti in famiglia) e tale vuoto normativo è soltanto in parte colmato dalla giurisprudenza, appunto, che spesso interviene interpretando ed adattando norme valide per il matrimonio – in particolare, nell’interesse dei figli – a seconda delle singole situazioni prospettate nel caso concreto.

Ad onor del vero sussistono, comunque, normative anche risalenti quali: d.l. n. 1726/1918 che riconosce alla convivente la pensione di guerra; l’art. 2 del d.p.r. n. 136/1958 che considera famiglia anagrafica non solo quella fondata sul matrimonio e legata da rapporti di parentela, affinità, affiliazione ed adozione, ma ogni altro nucleo fondato su legami affettivi, caratterizzato dalla convivenza e dalla comunione di tutto o parte del reddito dei componenti per soddisfare le esigenze comuni.

Vista la rilevanza della problematica, alcuni comuni sono intervenuti con appositi regolamenti istitutivi dei registri amministrativi delle unioni civili, elenco in cui devono essere contenuti i nominativi delle coppie legate da vincoli non “legali” (matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela).

Ai fini delle disposizioni che regolano i rapporti tra il Comune e i cittadini, le coppie non sposate sono equiparate amministrativamente, a tutti gli effetti, alle coppie unite in matrimonio, con un’unione di natura meramente anagrafica che consente, però, l’estensione di diritti e benefici riconosciuti da norme comunali alle coppie coniugate.

Il fine dei registri comunali delle Unioni Civili sta nel permettere anche alle coppie non sposate, indipendentemente dal genere, l’accesso ad alcuni diritti di pertinenza del Comune.

Tra i più importanti la possibilità di partecipare ai bandi pubblici pubblicati da tale ente, per esempio quelli riguardanti le case popolari, sanità, servizi sociali ecc..

In nessun modo, invece, le Unioni Civili danno la possibilità di assumere lo stesso cognome, di adottare bambini, di regolare le eredità e insomma tutte quelle voci che sono materia regolata solo dal matrimonio.

Come si é detto l’effetto é solamente di natura amministrativa e non di altra natura, come avverrebbe nel matrimonio.

Si tratta, infatti, di situazioni in cui c’é solo un legame di natura personale, instaurato tra conviventi, non vincolati sul piano giuridico, in cui i rapporti sono rimessi, esclusivamente, alla spontanea osservanza reciproca, senza necessità di intervento dell’autorità giudiziaria per la tutela di diritti eventuali.

In tal senso si é espressa anche la Cassazione che ha, peraltro, stabilito che la convivenza more uxorio non può assimilarsi al matrimonio, in quanto concetti del tutto antitetici: dal matrimonio discendono conseguenze perenni e ineludibili, tra i quali il dovere/diritto di mantenimento o di alimenti al coniuge, diritti successori ed altro, mentre la convivenza è la scelta di chi intende sottrarsi ai doveri di carattere pregnante, connessi al matrimonio e riservarsi, invece, la possibilità di un commodus discessus (via d’uscita) in conseguenza dei caratteri di precarietà e revocabilità unilaterale ad nutum (a richiesta di uno solo), propri della convivenza di fatto (Cass. n. 4204/1994).

Considerato che il registro delle unioni civili non ha natura costitutiva di diritti civili tra conviventi, vista la sua natura di atto amministrativo, sarà lasciata alla singola volontà delle parti la predisposizione di appositi contratti di convivenza, dove saranno regolati gli aspetti patrimoniali privati dei componenti della famiglia di fatto, anche in caso di cessazione del rapporto (ad es. l’abitazione, il subentro nel contratto d’affitto, il mantenimento in caso di bisogno, la proprietà dei beni, il testamento con clausole a favore del convivente ecc.). Spero di essere stato sufficientemente esaustivo, anche se é da tener presente che tale tematica é in continua evoluzione e necessita di intervento legislativo, nonostante alcuni comuni si siano già occupati, autonomamente, in via amministrativa della questione.”

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