Spazio malati

Il cieco di Gerico – La sapienza di stare accanto

L’abbandono è la malattia più grave dell’anziano e anche l’ingiustizia più grande che può subire

assistenza malati

Papa Francesco, alcuni mesi fa, faceva osservare che il bene fondamentale è la vita dell’uomo. Sembra scontato! Invece oggi si tende a dimenticare “praticamente”, se non di principio, questa priorità.

Le persone sono amate da Dio sempre, anche se anziane e malate. Anzi, proprio in, queste circostanze, faticose e dolorose per chi le vive e anche per coloro che se ne prendono cura, emerge la consapevolezza di quanto è prezioso il dono della vita. “La sapienza che ci fa riconoscere il valore della persona anziana, ci porta ad onorarla” ha precisato il Papa.

Ma nell’odierna società, che diventa sempre più vecchia e nella quale aumentano le disabilità e le malattie nell’ultima fase della vita, vi è purtroppo una diminuzione di anziani che possono godere di una assistenza veramente umana, e oltretutto sono spesso “abbandonati” da familiari e amici.

Quasi fossero un costo improduttivo per la società civile e un ostacolo alla libertà dei parenti. Anche terapeuticamente non ricevono risposte adeguate alle loro esigenze: “osserviamo da un lato un accanimento terapeutico sui pazienti giovani e dall’altro un abbandono curativo degli ammalati anziani” osserva il Santo Padre, che sottolinea che terapia e cura non sono sinonimi: accade che si pratichi una terapia a un corpo, senza “prendersi cura” del malato come persona, mentre si può, e si deve, curare un paziente sempre, anche quando la terapia è sospesa perché inutile.

Il trattamento palliativo, che non è una terapia, rappresenta un atto di cura di grande valore: non salva la vita, ma valorizza la persona: attribuisce dignità alla fine della vita. L’abbandono curativo non riguarda solo medici e operatori sanitari: riguarda tutti noi! Siamo tutti chiamati a prenderci cura dei nostri anziani deboli e sofferenti

L’abbandono è la malattia più grave dell’anziano e anche l’ingiustizia più grande che può subire.

“Coloro che ci hanno aiutato a crescere non devono essere abbandonati quando sono loro ad avere bisogno del nostro aiuto, del nostro amore, della nostra tenerezza” ha concluso Papa Francesco. Credo che la capacità di servizio alla vita e alla dignità della persona malata, anche quando è anziana, misuri il progresso della medicina, non il solo parametro dell’eventuale prolungamento della vita stessa. Da parte del malato, per “vivere” fino alla fine, è necessario amare e servire la vita sino all’ultimo istante senza abbandoni alla disperazione e da parte delle famiglie, senza abbandono alla solitudine ed emarginazione.

Quanto sopra introduce all’argomento della solitudine, spesso peggiore del dolore fisico, che induce a non amare più la vita. Lo tratteremo prossimamente. Un abbraccio ai cari amici malati, dei quali la Chiesa Locale non si dimentica!

(di Henricus Otten)

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