Ventimiglia. Ennesimo dramma della povertà dovuto alla crisi economica. Da stamattina una donna di 33 anni d’origine marocchina ma sposata con un italiano e madre di una bimba, sta manifestando davanti al comune di Ventimiglia per il diritto alla casa. La storia è la seguente: Nawal Hosni ha 33 anni ed è sposata con Massimo Caverna di 40 anni, la coppia ha una bambina di 5 anni e per tutelare la salute della piccola qualche anno fa hanno fatto le valigie dalla Sicilia e si sono trasferiti a Ventimiglia per essere più vicini all’ospedale Gaslini di Genova, visto che la piccola soffre di gravi problemi di salute e per trovare lavoro in Francia. Sembrava che il trasferimento a Ventimiglia fosse il nuovo inizio di una nuova vita per la famiglia di Nawal, il marito Massimo aveva trovato un impiego come muratore a Monaco e la donna si arrangiava facendo piccoli lavoretti in giro.
La cattiva sorte però era in agguato: Massimo da un giorno all’altro perde il lavoro e le entrate finanziarie in famiglia subiscono un brusco stop. Diventa impossibile pagare i 600 euro al mese di affitto, fare la spesa, pagare le bollette di acqua, luce e gas per la casa nella quale vivono i tre sul lungomare Oberdan. Arriva così lo sfratto e come tante persone che rimangono senza casa e senza lavoro, decidono di occupare abusivamente uno stabile di proprietà comunale in via Brigate Partigiane per circa un anno, fino a che non è giunta l’ingiunzione di sfratto che li costringerà a lasciare l’abitazione entro il 4 giugno 2015. E nel frattempo Massimo sta male, è vittima di un infarto che lo porterà ad essere invalido del 60%
“Sono qui da questa mattina assieme a mio marito anche se lui al momento – spiega la donna – si trova in ospedale perchè ha la pressione altissima, oltre che essere invalido al 60% e costretto a prendere nove pillole diverse al giorno. Il sindaco con me non parla? Io allora rimango qui davanti al comune di giorno e di notte facendo lo sciopero della fame e della sete fino a che non ricevo dall’amministrazione comunale una risposta. So che ci sono degli appartamenti comunali liberi, voglio un tetto e voglio pagare l’affitto in base alle mie disponibilità economiche. Voglio dare a mia figlia una casa, un avvenire, se fossimo stati profughi di Lampedusa ci avrebbero aiutato invece a mio marito e a mia figlia che sono italiani non arriva nessun aiuto!”
Insomma la protesta di Nawal andrà avanti fino a che non riceverà risposte certe da parte dell’amministrazione comunale, ossia l’assegnazione di una casa, con la volontà di pagare un affitto.
commenta