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Giovani chi cercate? – Maria, immagine e primizia della Chiesa

La Madre di Dio diventi anche per noi, non solo per le prossime settimane, Colei alla quale rivolgerci, come ha fatto il grande monaco, per arrivare a Gesù

ave maria bambini

Per il nostro incontro di questa settimana voglio proporvi un testo poetico famoso e straordinario che, per due motivi, offro alla vostra riflessione, preceduto da alcune parole di spiegazione.

Quest’anno cade il 750 anniversario della nascita di Dante Alighieri. Un’occasione per riscoprire la sua grandezza; lo facciamo con la lettura della Preghiera alla Vergine che apre il XXXIII canto del Paradiso. 

Dante, nella sua ascesa, giunge al Sommo Cielo, dove incontra San Bernardo di Chiaravalle (simbolo dell’amore contemplativo), che si “sostituisce” a Beatrice (simbolo della fede e della scienza teologica) per chiedere la grazia della visione divina. Una grazia da chiedere a Maria attraverso questo santo di cui è nota la grande devozione mariana. (Lumen Gentium, 62)

Un brano noto che rivela il genio artistico del Poeta per antonomasia (forse non molto amato dagli studenti…), ma da rileggere soprattutto per riscoprire, oltre alla grandezza letteraria del fiorentino, la sua profonda religiosità.

Queste terzine sono autentica preghiera e non solo esercizio di stile, capaci con la loro musicalità  di rapire il nostro cuore. Il consiglio è di proclamarli ad alta voce: non accontentatevi di una lettura silenziosa. I libri vanno letti ad alta voce!

Abbiamo scelto questo brano anche per un secondo motivo: quello di parlare, in questo mese di Maggio, della Madonna. “De Maria numquam satis”.

La Madre di Dio diventi anche per noi, non solo per le prossime settimane, Colei alla quale rivolgerci, come ha fatto il grande monaco, per arrivare a Gesù. Solo una autentica devozione mariana, capace cioè di portaci al Figlio grazie alla sua materna intercessione, riesce a darci uno sguardo di fede completo.

Non a caso sulla Croce siamo stati affidati a lei: “Donna, ecco il tuo figlio!”. Come singoli e come Chiesa non possiamo fare a meno di Maria. Un atteggiamento diverso (mi verrebbe da scrivere “protestante”, ma qualcuno potrebbe accusarmi di non essere “politicamente corretto”)  ci impoverisce.

Arrivando così a dimenticare che il mistero dell’Incarnazione non ci rivela solo un Dio che si fa carne, ma che la sua carne ed il suo sangue vengono da quella Donna che, nella pienezza dei tempi, lo ha generato (cfr. Galati 4, 4). In questo mese vi invito anche a recitare, se potete in maniera comunitaria, il Rosario, una preghiera semplice e spesso poco considerata.

Non voglio usare altri aggettivi “scorretti”, ma anche questo atteggiamento è frutto di anni così moderni da aver scordato la Tradizione. E chi scrive non è un tradizionalista, ma un poveretto che, per grazia di Dio, ha scoperto che la ricchezza della Chiesa è un patrimonio che si sviluppa senza tagliare quelle radici che lo alimentano.

Fidiamoci allora delle parole della Vergine: “Fate quello che vi dirà”. (Giovanni 2, 5) Allora buona lettura. E buona preghiera.

Dante – Par. XXXIII, 1 – 39

Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile e alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura
nobilitasti sì, che ‘l suo fattore
non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore,
per lo cui caldo ne l’etterna pace
così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridïana face
di caritate, e giuso, intra ‘ mortali,
se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali,
che qual vuol grazia e a te non ricorre,
sua disïanza vuol volar sanz’ ali.
La tua benignità non pur soccorre
a chi domanda, ma molte fïate
liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate,
in te magnificenza, in te s’aduna
quantunque in creatura è di bontate.
Or questi, che da l’infima lacuna
de l’universo infin qui ha vedute
le vite spiritali ad una ad una,
supplica a te, per grazia, di virtute
tanto, che possa con li occhi levarsi
più alto verso l’ultima salute.
E io, che mai per mio veder non arsi
più ch’i’ fo per lo suo, tutti miei prieghi
ti porgo, e priego che non sieno scarsi,
perché tu ogne nube li disleghi
di sua mortalità co’ prieghi tuoi,
sì che ‘l sommo piacer li si dispieghi.
Ancor ti priego, regina, che puoi
ciò che tu vuoli, che conservi sani,
dopo tanto veder, li affetti suoi.
Vinca tua guardia i movimenti umani:
vedi Beatrice con quanti beati
per li miei prieghi ti chiudon le mani!”

(di Nuccio Garibaldi)

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