BABY SQUILLO NELL’IMPERIESE: ALTRI 9 INDAGATI. PRESTAZIONI IN CAMBIO DI HASCISC E RICARICHE

Si tratta di altrettanti clienti, tra i 30 e i 50 anni, che avevano già preso contatto con le ragazzine, ma che alla fine avevano desistito dal presentarsi all’appuntamento, per l’esplosione del caso mediatico
Nove persone sono state indagate dalla Procura di Genova per tentata prostituzione minorile, nell’ambito del’inchiesta sulle baby squillo imperiesi e genovesi, le cui indagini sono state condotte dagli agenti del commissariato di Ventimiglia, con la Squadra Mobile e la Polizia Postale di Imperia.
Si tratta di altrettanti clienti, tra i 30 e i 50 anni – di Ventimiglia, Alassio, Vercelli e Como – che avevano già preso contatto con le ragazzine, ma che alla fine avevano desistito dal presentarsi all’appuntamento, per l’esplosione del caso mediatico. Gli investigatori sono giunti a loro dall’esame della folta documentazione sequestrata nel blitz in casa delle ragazzine: diari, mail e, poi, dai tabulati telefonici. I poliziotti sono sicuri che i nove indagati fossero al corrente della minore età delle ragazze.
La prima tranche dell’indagine – coordinata dal Procuratore Aggiunto, Vincenzo Scolastico e dal sostituto Pier Carlo Di Gennaro – si era chiusa con cinque indagati, questa volta clienti che aveva consumato un rapporto con le ragazzine. Secondo l’accusa, le due minorenni avrebbero messo un annuncio su internet, dopo avere sentito la storia delle baby squillo del quartiere Parioli di Roma ‘agganciando’ cosi’ i clienti ai quali chiedevano somme elevate. In realtà, però, le cifre realmente pagate dai clienti sarebbero state tra i 30 e i 50 euro, fino a un massimo di 100 euro a prestazione. A fare scoprire il giro era stato uno dei possibili clienti che si era reso conto che le lucciole erano poco più che bambine e aveva denunciato tutto alla polizia.
GLI ACCERTAMENTI SU DECINE DI TABULATI TELEFONICI E PC
Dall’esame delle centinaia di pagine dei tabulati telefonici, dall’analisi dei computer portatili e dei cellulari delle due ragazzine, compiuta in collaborazione con la Squadra Mobile di Imperia, nei mesi scorsi erano infatti emersi centinaia di nominativi che, con successivi accertamenti, sono stati accuratamente vagliati fino a fare emergere il pieno coinvolgimento di alcuni di loro, di varia provenienza ed estrazione sociale.
La maggior parte degli indagati risulta residente in provincia di Imperia, ma sono state compiute anche perquisizioni a Alassio, Vercelli e Como, con il sequestro, in molti casi, di materiale informatico utile sia per confermare gli elementi finora acquisiti e per il prosieguo di ulteriori attività di indagine.
PRESTAZIONI IN CAMBIO DI RICARCIHE TELEFONICHE O HASCISC
I reati contestati fino ad oggi sono tentativo di prostituzione minorile aggravato dalla circostanza che gli indagati fossero a conoscenza della reale età delle due giovanissime e in qualche caso è stato anche ravvisato il reato di detenzione di materiale pedo-pornografico e possesso di sostanze stupefacenti: come nel caso della precedente fase delle investigazioni, si tratta di persone “normali” ed “insospettabili” che custodivano i loro segreti in hard disk removibili e cellulari della cui esistenza – spesso – non erano al corrente nemmeno i loro familiari più stretti, come nel caso di un giovane di Imperia che viveva con la madre, rimasta dapprima incredula davanti alle contestazioni dei poliziotti e poi esterrefatta davanti alle immagini inequivocabili che il ragazzo custodiva ancora nel proprio cellulare e ricevute in cambio di ricariche telefoniche. In un altro caso, invece, la buona fede non basterà a giustificare le ragioni per le quali nell’abitazione di un uomo di Sanremo è stato trovare dello stupefacente (hascisc) che, durante i colloqui telefonici con le due ragazzine, era stato proposto come merce di scambio per le prestazioni sessuali.
UN SOLO CASO DI BUONA FEDE
In un caso, invece, la buona fede è stata confermata: un uomo di circa quaranta anni, residente in provincia di Como, dopo aver letto il decreto del magistrato della Procura della Repubblica di Genova che autorizzava la perquisizione, si è limitato ad aprire la porta di casa facendo osservare che non soltanto non aveva né cellulare né computer, ma che, a causa del suo perdurante stato di disoccupazione, non aveva nemmeno l’allaccio della corrente elettrica, tagliata per morosità; è poi risultato in effetti che un suo vecchio cellulare era stato clonato e la sua identità utilizzata per contattare le minorenni e da queste circostanze è scaturito un nuovo filone di indagine.