Prigionieri di guerra nel 1916 avevano sistemato la zona dopo la frana in zona La Vesca a Sanremo

16 febbraio 2014 | 13:06
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Prigionieri di guerra nel 1916 avevano sistemato la zona dopo la frana in zona La Vesca a Sanremo

Dobbiamo essere grati all’impegno di questi scampati: hanno lavorato al passaggio a monte della viabilità costiera, da Santo Stefano a San Remo, alla strada carrozzabile di San Romolo, alla spianata del Capo di Bordighera

I recenti smottamenti in regione La Vesca a levante di San Remo hanno procurato danni e disagi. Molte documentate fonti storiche hanno già permesso di verificare disastri avvenuti nel tempo e, dunque, la necessità di essere quanto mai oculati nella gestione del territorio in quella zona. Chiunque frequenti il ricchissimo Archivio di Stato di Imperia, che ha pure due sezioni territoriali, a San Remo ed a Ventimiglia, potrebbe sapere che nel fondo Provincia di Porto Maurizio, faldone 167, c’è una copiosa documentazione che riguarda la “frana in regione Capo Verde”.

Orbene, tale documentazione inizia nel XIX secolo e prosegue fino al 1923. Include sicuramente l’evento del 1916, che ha comportato la distruzione di alcuni edifici. I lettori hanno postato in rete immagini della zona dopo il disastro e qualcuno ha precisato che per la sistemazione dei luoghi erano stati impegnati dei prigionieri di guerra. Si apre qui in un triste capitolo di storia, visto che la presenza dei prigionieri era diffusa su tutta la costa: in quella che forse è stata la guerra europea più sanguinosa e violenta, centinaia di uomini si sono trovati in cattività sulla costa ligure. Forse più fortunati di altri, visto che hanno profittato del clima rivierasco, pur vivendo in tendopoli o in edifici di fortuna, come la chiesa di San Lorenzo nel borgo occidentale di San Lorenzo al Mare. Molti, già provati dal conflitto, sono mancati qui e alcune loro tombe si trovano nel cimitero militare britannico di Bordighera.

Dobbiamo essere grati all’impegno di questi scampati: hanno lavorato al passaggio a monte della viabilità costiera, da Santo Stefano a San Remo, alla strada carrozzabile di San Romolo, alla spianata del Capo di Bordighera. Un lettore, tale F.A., ha rinvenuto una lapide da loro apposta non lungi dall’area franosa, sulla via Aurelia, a margine del bivio tra la stessa e la strada in salita per Poggio. Si parlava di prigionieri slovacchi. Un territorio compreso in parte nel grande impero austroungarico, che sarebbe crollato in seguito alla guerra. In realtà in Slovacchia non si scrive in cirillico. E allora, con l’aiuto della studiosa Maria Trubnikova, che ringrazio, ecco una soluzione: non è russo, non è bulgaro, ma è serbo. E qui sorge un interrogativo: l’Italia non era in guerra con la Serbia, anzi, era alleata, dato che la Serbia combatteva contro l’impero austroungarico, dimostrando grande valore e perdendo circa 6 uomini ogni 10 al fronte. Un folle tributo di sangue.

Cosa dice però quella scritta incisa ИЗРАДИЛИ СРБИ ДЕЗЕРЩЕРИ, cioè, letteralmente, e basta conoscere un po’ di greco per individuare alcune lettere, “fatto dai disertori serbi”, con la data 1917. Dunque, dramma nel dramma: serbi che forse erano usciti dalle linee, che avevano trovato accoglienza tra slavi non sempre amici, ma sotto l’aquila asburgica, poi inviati su di un altro fronte e qui catturati. Non sappiamo ancora molto della loro sorte: se e come siano tornati a casa. Guidando sull’Aurelia, comunque, cerchiamo di provare riconoscenza per un sacrificio.

Alessandro Giacobbe

Prigionieri di guerra guerra  1915/18., precisazioni storiche. Nel capitolo XXIV del mio libro intitolato "Malberga" c’è la storia di questi prigionieri austro/ungarici che venivano messi a disposizioni delle municipalità per sopperire alla mancanza di mano d’opera locale dovuta al confitto bellico. Per l’esattezza coloro che effettuarono lavori di ripristino della strada municipale che dal Capo Verde sale alla Madonna della Guardia  facevano parte dei prigionieri di guerra stanziati in Taggia. Morirono tutti quanti ( erano in numero di 26) causa la febbre gialla di cui furono ritenuti i vettori. I loro corpi sono sepolti in una fossa comune presso il camposanto di Taggia. D loro sono  riuscito persino a trovarne nomi e cognomi, paternità, data di morte e grado. (Vedi pag. 248 del citato mio libro).
La zona a monte della Aurelia, ricompresa tra Punta Aicardi, la Vesca e il faro, è sempre stata ritenuta ad ALTO RISCHI IDROGEOLOGICO. Proprio in questa fascia già nella prima metà del secolo scorso furono inghiottite alcune villette di nuova
costruzione. Nell’immediato dopo-guerra , proprio di fronte alla casa della Vesca, l’unica ad essere stata costruita su di un solido sperone roccioso, fu realizzata una palazzina che non venne mai abitata in quanto presentò subito vistose crepe alle sue strutture portanti. L’ufficio tecnico sanremese dovrebbe conoscere tali antefatti ed impedire per tempo qualsiasi fallimentare impresa edilizia sia privata che pubblica. L’esperienza storica dovrebbe insegnarcelo.
Renato Tavanti