Dai riti di affiliazione alla scelta dei candidati. Ecco Il ritratto del “padrino” Peppino Marcianò




A Giuseppe (detto “Peppino” o “zio”) Marcianò, al quale viene riconosciuto il ruolo di capo e organizzatore, con compiti di decisione, pianificazione e individuazione degli obiettivi da perseguire anche in relazione alle attività delittuose.
In quasi due anni e mezzo di indagine, la Direzione Distrettuale antimafia è riuscita a ricomporre il mosaico della locale di Ventimiglia e a delineare la figura del suo "padrino", Giuseppe (detto "Peppino" o "zio") Marcianò, al quale viene riconosciuto il ruolo di capo e organizzatore, con compiti di decisione, pianificazione e individuazione degli obiettivi da perseguire anche in relazione alle attività delittuose.
Marcianò è anche accusato di curare i rapporti con le cosche di riferimento, i Piromalli e i Mazzaferro e, in particolare, con la famiglia Priolo, avvalendosi del figlio Vincenzo che a lungo aveva soggiornato a Gioia Tauro. Secondo gli inquirenti avrebbe aiutato Giuseppe Priolo nelle ricerche di Vincenzo Perri, autore dell’omicidio di Vincenzo Priolo, avvenuto l’8 luglio del 2011, in Calabria.
Ma non è tutto, avrebbe anche ospitato Domenico La Rosa, incaricato di vendicare l’omicidio di Priolo. A Marcianò sarebbero stati attribuiti pure compiti di carattere economico, come la gestione di un’attività commerciale a Gioia Tauro. Per la Dda, "Peppino" curava i rapporti con i rappresentanti delle altre locali liguri, tra cui Domenico Gangemi, capo della locale di Genova, che avrebbe trattato per l’appoggio elettorale alle elezioni regionali del 2010 a Fortunella Moio, figlia di Vincenzo Moio, quest’ultimo ex vicesindaco di Ventimiglia, nonché indagato nell’ambito dell’operazione "Maglio 3", come presunto affiliato della ‘ndrangheta.
Oltre a decidere sulle attività delittuose, Marcianò decideva anche sull’ingresso dei nuovi affiliati – al pari di Antonio Palamara e Fortunato Barilaro – e sull’effettuazione del rito di battesimo. A lui spettava anche il compito di convocare gli affiliati, assegnare compiti e contestare mancanze. Si impegnava nella risoluzione dei problemi di affiliati ed estranei all’organizzazione, che si rivolgevano a lui per chiedere raccomandazioni o protezione.
Ma non è tutto. Secondo gli investigatori della Dda, Marcianò avrebbe acquisito il controllo di appalti e servizi pubblici, mediante la cooperativa sociale di tipo B "Marvon", intestata al defunto Giancarlo Mannias. Cooperativa che secondo gli investigatori era di fatto gestita da: Vincenzo Marcianò, con Omar Allavena e Annunziato Roldi.
Ma gli inquirenti si spingono ancora più in là Secondo la Dda: "Interferiva nelle consultazioni elettorali ostacolando il libero esercizio di voto e procurando voti, in particolare: nelle elezioni amministrative di Vallecrosia del 2011, dissuadendo alcuni aspiranti a candidarsi ed intervenendo nella scelta dei candidati da inserire nella lista dell’attuale sindaco "Armando Biasi"; nelle elezioni regionali del 2010, procurando voti ad Alessio Saso, candidato nel Collegio di Imperia e a Fortunella Moio, candidata nel Collegio di Genova.
Al ristorante "Le Volte" e preso la propria abitazione, incontrava,m secondo gli investigatori, esponenti delle cosche calabresi. Partecipava anche a incontri di ‘ndrangheta in occasione di riti funebri, quali i funerali di Antonio Rampino (12 febbraio 2008), ritenuto capo della locale di Genova e Rocco Larosa (7 marzo 2007) a Riva Ligure, in provincia di Imperia.
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