Impariamo a conoscere il vino “Pigato” ligure dal sommelier Massimo Sacco

“Il suo nome deriva dal termine dialettale pigau oppure pigou che significa piga cioè la piccola macchia di color ruggine, che compare sugli acini maturi…”.
E’ uno dei vitigni più affascinanti e misteriosi della Liguria, dalle origini incerte : sembra che sia originario della Tessaglia in Grecia, secondo alcuni studiosi, mentre per altri sarebbe un clone della Malvasia Bianca, vitigno molto diffuso nel bacino Mediterraneo sin dai tempi remoti. Il suo nome deriva dal termine dialettale “pigau” oppure “pigou” che significa piga cioè la piccola macchia di color ruggine, che compare sugli acini maturi. E’ una delle uve regine della Liguria ed è presente nelle provincie d’Imperia, di Savona e di Genova; ha una DOC tutta sua: la Riviera Ligure di Ponente Pigato in purezza ( minimo 95%) e rientra nelle Doc della Valpocevera nelle tipologie Bianco, Spumante e Passito.
Le sue origini sono misteriose , per lungo tempo è stato confuso con il Vermentino, fino ad inizio del secolo scorso, ed addirittura nell’ottocento veniva chiamato “Vermentino Pigato”, appunto per le famose macchioline scure, da un Bollettino Ampelografico del 1883, ancora oggi in alcune zone del Finalese e dell’entroterra Imperiese viene chiamato ancora vermentino. La sue zone di maggiore coltivazione sono quelle dell’Albenganese( dove fino a pochi anni addietro si producevano degli splendidi Pigati dolci e passiti, oggi molto rari), nell’Imperiese, soprattuto nella Val d’Arroscia nei comuni di Ranzo, Borghetto e Aquila ed il Ventimigliese, principalmente nella Val Nervia ed ultimamente anche nelle colline a ridosso di Diano Marina.
Nel Genovesato seppure raccomandato come vitigno è molto raro e nello Spezzino è addirittura semi sconosciuto.
“E’ il sole che si fa uva” come affermano i suoi estimatori ed un’uva che ama i terreni collinari inondati dal sole e soprattuto i terreni ricchi in argilla che fungono da spugne assorbendo l’acqua per poi rilasciarne una parte nei caldi e siccitosi mesi estivi. Quando viene impiantato fuori dalla sua zona elettiva ha la caratteristica di perdere le pighe, cioè le piccole macchioline color ruggine. E’ un vino da consumare giovane, ad un anno dalla vendemmia , anche se ultimamente ho assaggiato delle splendide bottiglie di Pigato di qualche anno addietro, il che dimostra che in particolare simbiosi tra la terra e la mano esperta del vignaiolo questo vitigno può invecchiare molto bene.
Solitamente lo si vendemmia nella seconda decade di settembre. I suoi profumi caratteristici sono quelli della frutta matura e soprattuto la pesca, note leggere di miele e soprattuto sentori di erbe della macchia mediterranea come la salvia ed a volte il basilico ed il muschio. Ha una discreta alcolicità con note minerali, un sempre presente aroma salmastro e nel finale lo si può riconoscere dal gradevole sapore amarognolo che ci ricorda la mandorla amara oppure il nocciolo delle pesca. E’ un vino che lo si può abbinare magnificamente con la cucina ligure basata sulla pesca e sugli aromi: linguine o trofiette al pesto, i suoi sapori discreti si sposano bene con i funghi tipo ovuli crudi, orate o branzini alla ligure, le classiche verdure ripiene alla ligure, risotti ai funghi, scampi al vapore etc.