Il Gruppo Pubblici Esercizi Confcommercio risponde alle considerazioni del consigliere Daniele

“Il problema è che si vorrebbe fare, ma il destino cinico e baro ci mette sempre lo zampino. E intanto il turismo latita. Il turismo povero non viene perché è povero e Sanremo è una città cara”
Letto il comunicato del consigliere Daniele, riteniamo di dover senza indugio intervenire a tutela di quel (poco) che rimane di turistico nella città di Sanremo.
Ci rendiamo conto che è un argomento spinoso sul quale il fiore della politica locale ha passato anni nel tentativo di coniugare differenti esigenze, non avendo tuttavia forse capito di cosa si sta parlando.
Sanremo è una città difficile da spiegare a chi non ci vive, prova ne è che la partecipazione del Comune alle varie fiere del turismo non sembra aver portato alcun giovamento al comparto che, anzi, peggiora sempre di più, forse perché ci spieghiamo pure male. Una città che ha trovato fondazione nella sua posizione geografica e nel suo clima, elementi che non hanno mai potuto essere fortunatamente “spesi” da nessuno, altrimenti temiamo oggi non saremmo qui a discuterne.
Cosa vuole la città? Crediamo voglia una sana ricchezza, sana perché deriva dal lavoro dei cittadini, dalla loro voglia di investire e di fare impresa; di creare nuove opportunità per far crescere il turismo, per attirare nuova gente, per dare nuovi motivi di interesse per fare un salto a Sanremo e magari anche di ritornarci. E di questo francamente crediamo che si occupino solo i privati con la quasi totale latitanza del settore pubblico che, ove interviene, rischia ormai di essere addirittura letale.
Letale, perché l’amministrazione, e parliamo in senso lato senza alcun riferimento personale, chè la storia della città la conosciamo benissimo tutti quanti ed ognuno di noi è libero di ricorrere alla propria memoria, sembra paradossalmente remare contro tutto e tutti.
Parliamo di Casino’, di sport, di congressi, di spiagge? Anni di accorati dibattiti senza che nessuna iniziativa strutturale sia stata portata a termine. Certo, si tratta solo di aspettare qualche decennio, tanto speriamo di essere già andati in pensione così da non doverci più preoccupare. E i nostri figli? Per carità, lavorano fuori Sanremo.
Il problema è che si vorrebbe fare, ma il destino cinico e baro ci mette sempre lo zampino. E intanto il turismo latita. Il turismo povero non viene perché è povero e Sanremo è una città cara. Il turismo ricco mette il piede in città una volta, lo multiamo subito, gli portiamo via lestamente la macchina con il carro attrezzi, ed ovviamente non ritorna più; anche perché il turista ricco ha il “vizio” di viaggiare, e viaggiando si incontrano le vere realtà turistiche mondiali al confronto delle quali la nostra città mestamente si inchina.
Parliamo delle strade come groviera, della illuminazione cimiteriale (meno male che ci sono le vetrine dei negozi), della pulizia dei marciapiedi (meno male che ci pensano i commercianti a pulire ogni giorno)? Dell’arredo urbano e di come viene mantenuto e tutelato?
Anche qui la città aspetta da sempre ed in ogni campo il salvifico intervento dell’architetto, dell’urbanista. E mentre aspetta, il mondo cambia intorno a noi.
Cosa devono allora fare i gestori dei locali del centro? Si aprono le scommesse: chiudere le attività, licenziare i dipendenti ed aprire altrove? Magari nella lontana ed esotica Costa Azzurra, che pochi di noi hanno avuto la fortuna di frequentare. Pare che città come Mentone, Antibes, Juan Les Pins siano di sera illuminate a giorno, che non abbiano tolto i residenti dal centro collocandoli nell’entroterra; pare che ci sia un locale a fianco all’altro, che ognuno di essi abbia musica, concerti live e, dicono, anche turisti. E ce lo dicono addirittura anche le cronache locali dei giornali che magnificano le qualità di questi mitici siti turistici, a fianco della nostra cronaca locale fatta di scippi, di risse e di spaccio. Oppure andiamo ad Est, magari ad Alassio, perché anche lì pare che il turismo cresca da solo e che i suoi frutti siano dolci e maturi.
Cosa devono fare i gestori dei locali del centro? Cercano di sfruttare l’evento del Festival prima che scompaia anche quello definitivamente od emigri in altra città più ospitale (il cerchio che si chiude…); cercano di sfruttarlo perché il Festival porta giustamente una quantità di (fastidiosa) gente che frequenta alberghi, negozi, ristoranti e locali notturni, che spende denaro che rimane nelle tasche degli imprenditori che hanno investito, dei loro dipendenti, dell’Erario, del Comune…. E trattandosi di Festival della Canzone non appaia provocatorio se i locali notturni magari si animano, se desiderano dare un’immagine viva e frizzante per qualche giorno, prima di ritornare al solito mortorio. E si scusano i locali notturni del centro per il fatto di essere nel cuore della città, cuore che deve pulsare per far vivere il corpo. I locali notturni sono oggi i nuovi punti di aggregazione, e là dove c’è una moltitudine di persone c’è rumore. Le persone, lavoratori, studenti, giovani ed anziani, parlano, ridono, piangono, urlano. Cosa vogliamo fare, imporre un limite di decibel anche al vociare delle persone? Si avvicina la bella stagione e con essa l’arrivo della “temutissima” estate. Le serate si allungano ed invitano a passare più ore all’aria aperta. Che dite, li facciamo chiudere alle 22.30 questi locali notturni? Non si può fumare, non si può bere quando se ne ha voglia, vogliamo ora impedire per legge anche di parlare oltre un certo orario? Luce, suoni, persone animano una zona della città, e là dove non c’è nulla c’è sì la tranquillità, ma è la tranquillità della persone che non osano uscire di casa perché è buio, perché non c’è anima viva in giro se non gli spacciatori che operano indisturbati, ed ancora di più lo faranno quando le forze dell’ordine saranno tutte dirottate nella repressione del ben più pericoloso problema sociale quale è la voglia di divertirsi. Pretendere di fare manifestazioni, ma in silenzio, ci pare impossibile. Fare un concerto in piazza Colombo, sperando che nessuno se ne accorga, non è pensabile.
Noi siamo operatori turistici e cerchiamo di dare il meglio di noi stessi per offrire un servizio che soddisfi i clienti e li convinca a tornare, ma per fare questo occorre che, a monte, il Comune finalmente faccia turismo.
Ci muoviamo?