L’Omelia di Monsignor Careggio in occasione del Solenne Pontificale del 13 gennaio

16 gennaio 2008 | 07:44
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L’Omelia di Monsignor Careggio in occasione del Solenne Pontificale del 13 gennaio

La Santa Messa è stata celebrata in memoria di Ranieri III di Monaco

FESTA DEL BATTESIMO DEL SIGNORE
Benedizione e solenne inaugurazione dell’Organo della cattedrale
Nell’abbassarsi di Dio e nell’innalzarsi dell’uomo verso di Lui
trovano armoniosa collocazione il canto e la musica sacra.

Ventimiglia, 13 gennaio 2008

    A chiusura del ciclo natalizio la nostra attenzione è oggi sulla festa del Battesimo di Gesù. La solennità coincide con la benedizione del nuovo organo della nostra Cattedrale, giorno da me tanto desiderato e che affranca questa stupenda chiesa dalla gogna di essere stata per troppo tempo l’unica cattedrale d’Italia priva dello strumento liturgico per eccellenza.
    Viviamo questo momento in fraterna armonia nella percezione, anche visiva, di formare, per la fede in un solo battesimo, il popolo di Dio adunato con i suoi pastori, vescovi e sacerdoti. Saluto quindi con affetto fraterno Mons. Bernard Barsi, Arcivescovo di Monaco, qui intervenuto per pregare insieme con noi in suffragio del compianto Ranieri III, principe di Monaco, deceduto il 6 aprile del 2005. Saluto Mons. Michele Pennisi vescovo di Piazza Armerina, presente con una rappresentanza di diocesani a conclusione del gemellaggio tra il Comune di Ventimiglia e quello della sua città; saluto Mons. Giacomo Barabino, il nostro carissimo vescovo emerito che resse questa diocesi  dal 1989 al 2004. Saluto pure l’amato Mons. Vittorio Lupi che, tra pochi giorni, sarà ordinato vescovo e ci lascerà per occupare la sede di Savona; un saluto anche agli altri con celebranti, il Can. César Penzo, cappellano del Principe; don Renato Valori, zio degli organari Giorgio e Cristian Carrara; don Umberto Toffani, neo Vicario generale della Diocesi.
    Prima di sviluppare alcuni pensieri sulla festa odierna, mi preme ricordare la figura del Principe Ranieri III di Monaco che, sensibile alle nostre necessità, ha voluto farsi carico di contribuire con una congrua offerta alla messa in posa del nostro organo. Se una targa sullo strumento ricorda ai posteri il suo gesto munifico, la Messa odierna vuole ricordarlo presso il Signore perché, nel giorno della risurrezione, possa egli aver parte all’eredità eterna riservata agli eletti. La nostra preghiera si estende, quale segno di gratitudine, anche a tutti i benefattori. Come voi sapete, il debito non è ancora estinto.
    Quando San Paolo scrive: "Noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo", intende esprimere la sua fede nell'incarnazione del Figlio di Dio e rivelare la peculiare analogia del corpo di Cristo: l'analogia tra il corpo del Dio-uomo, un corpo fisico, che si è fatto soggetto della nostra redenzione, e il suo corpo mistico e sociale, che è la Chiesa nella quale Cristo vive e agisce.
    Dobbiamo, pertanto, domandarci: può un corpo essere diviso? Può la Chiesa, Corpo di Cristo, essere divisa? Sin dai primi Concili, i cristiani hanno professato la Chiesa "una, santa, cattolica e apostolica". Essi sanno, con Paolo, che uno solo è il corpo, uno solo è lo Spirito, una sola è la speranza alla quale sono stati chiamati: "Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ef 4,4-5).
    I motivi della nostra gioia, quindi, oggi s’intrecciano in un’armonia di sensazioni e di profonde ispirazioni interiori che ci fanno riscoprire la bellezza dell’essere Chiesa, tutti uniti in Cristo per mezzo del battesimo. In quanto tali, quindi, siamo qui adunati per innalzare a Dio il nostro canto di lode ed aprire il nostro cuore all’ascolto della sua Parola.
    L’acclamazione al Vangelo di oggi afferma: «Si aprirono i cieli e la voce del Padre disse: “Questi è il mio Figlio diletto: ascoltatelo”» (cfr Mc 9,7). Oggi il Signore ci parla in molti modi.
    Attraverso le parole della Scrittura ci invita alla conversione, quale risposta all’amore per noi del Padre che invia il suo Figlio a prendere su di se la nostra condizione umana. Sottoponendosi al battesimo di Giovanni, Gesù fa la sua scelta fondamentale e si dichiara solidale con gli uomini peccatori. Questa è la “giustizia” di Dio. Per noi “fare giustizia” equivale a punire; per Dio equivale ad avere misericordia. Questo avviene nel suo Figlio per mezzo del quale egli offre agli uomini la sua amicizia: questa è, dunque, la “giustizia di Dio”!
    Il Signore oggi ci parla pure attraverso la bellezza della sua casa: la Cattedrale. Qualsiasi cattedrale ha sempre un fascino misterioso. La nostra, attraverso le sue linee austere e armoniose ad un tempo, s’impone a chiunque vi entri. Che cosa costituisce la sua attrattiva? La vetustà, la sua storia voce di tempi già trascorsi? Oggi, noi, figli di una cultura degenere, sazia e disperata ad un tempo, abbiamo più che mai bisogno di sintonizzare le nostre anime al luogo dove siamo;  dobbiamo divenire a dialogo con queste antiche mura: ci parlano di fede antica e robusta quanto le pietre con cui è stata costruita. Qui la storia ha stampato una sua pagina stupenda e, per chi sa decifrarla, ha mille cose  antiche da raccontare, tante quante sono le generazioni che si sono succedute nei secoli e che, allora, sì, gremivano questo santo luogo. Qui, se le lasciamo parlare, sono proprio le voci dei secoli passati a darci, con il loro austero e sacro silenzio, un brivido di emozione. Salgono misteriose da oscure profondità per ricordarci la fugacità del tempo; per dirci che se non orientiamo la vita a Dio moriremo nel nostro brago, soffocati dal puzzo di quell’immensa stalla che è il mondo, per dirla con le parole grande Papini (cfr. Vita di Cristo).
    Ma rimaniamo col pensiero sul luogo dove siamo. La Cattedrale non è solo un monumento, un venerabile edificio storico. Col nuovo organo non dovrà in alcun modo diventare un semplice auditorium di musica per orecchi raffinati. Come la biblica “città posta sul monte”, la Cattedrale esprime con la sua evidenza il primato dello spirito sulla materia; essa appartiene soltanto a Cristo: per Lui è stata innalzata. Non lasciamo, quindi, spazio a espropri di nessun genere, quand’anche fossero ammantati da ragioni di tutela! Questo è e deve rimanere sempre il luogo della preghiera e della liturgia: il compimento in atto, nello spazio e nel tempo, dello scambio vitale tra Dio e l’uomo. In questo abbassarsi di Dio e l’innalzarsi dell’uomo a Lui, trovano armoniosa collocazione il canto e la musica sacra.
    È fin troppo evidente come la bellezza armonica e la musica non siano soltanto la nostra  più nobile espressione di lode a Dio, ma anche il suo sublime linguaggio per noi. È stata “la novità del suono” e “il grande lume” ad accendere in Dante il desiderio del Paradiso, dove si è accolti dall’armonia di tutti i cieli (Dante , Par. 1, 82).
    Questo spiega la sollecitudine della Chiesa a tenere in grande considerazione tanto la musica, quanto il canto sacro. In tal senso, sarebbe sufficiente rileggere lo storico Motu proprio di Pio X Tra le sollecitudini¸ nel quale il Pontefice, per correggere ed evitare gli abusi in materia di musica sacra, stabiliva rigorose norme che dovevano essere rispettate in tutte le chiese. Ricorrendo nel 2003 il centesimo anniversario di questo documento, Giovanni Paolo II ne ribadiva la bontà. Nel chirografo Mosso dal vivo desiderio egli dichiarava che la musica sacra è «parte integrante della solenne liturgia» quando risponde ad alcuni criteri fondamentali quali la santità, la bontà delle forme, l’universalità. Non qualsiasi canto o brano musicale può, dunque, essere eseguito, anche se fosse scritto con lodevoli intenzioni. La tipologia di fondo del canto, raccomandata dal Papa, è senza dubbio quella del canto gregoriano, da non limitare alla comunissima Messa De Angelis, di tarda composizione e di non particolare profilo musicale. Il Santo Padre, tuttavia, riconosce pure spazio e opportunità per il canto polifonico, il canto popolare e i nuovi linguaggi musicali, qualora si rivelassero idonei: tutti ovviamente devono essere adatti all’uso sacro.
    Nel gran disordine che regna in questo settore, permettetemi che oggi, giorno in cui abbiamo benedetto il “re” degli strumenti musicali, possa citare un breve passaggio del Chirografo pontificio. Dopo aver richiamato le disposizioni di San Pio X, che non ammettevano in chiesa l’uso del pianoforte, tamburi, grancasse, piatti, campanelli e simili, il Papa, rifacendosi al Concilio Vaticano II, scrive: «Nella chiesa latina si abbia in grande onore l’organo a canne, come strumento tradizionale, il cui suono è in grado di aggiungere mirabile splendore alle cerimonie della chiesa, di elevare potentemente gli animi a Dio e alle realtà supreme» (GIOVANNI PAOLO II, Mosso dal vivo desiderio, n. 14). Pur non condannando, quindi, le composizioni attuali che “utilizzano moduli musicali diversificati», il Papa li ammette a condizione che siano di aiuto alla preghiera, che gli strumenti siano adatti all’uso sacro, convengano alla dignità del tempio e siano in grado di sostenere il canto dei fedeli, favorendone l’edificazione (cfr. ivi).
    Carissimi fedeli, dopo aver dato, attraverso il nuovo organo, una voce armoniosa e solenne a questa Cattedrale, il mio augurio è che sia la comunità diocesana tutta intera a farsi voce, canto, armonia attraverso una vita cristiana esemplare, una partecipazione piena al mistero di Cristo e della Chiesa per poter essere di queste la più gloriosa epifania.